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Altre Economie / Reportage

Le mani unite delle sarte di La Perla ricamano un modello alternativo

Alcune delle lavoratrici de La Perla che hanno costituito l’associazione Uniche unite. Tra loro al centro David Cambioli, presidente di altraQualità, Stefania Pisani, segretaria generale della Filctem Cgil Bologna e Mariangela Occhiali, della Uiltec Uil Emilia-Romagna © Martina Ferlisi

L’acquisto del fondo Tenor dello storico brand di lingerie di Bologna ha portato a uno stop della produzione. “UnicheUnite” riunisce 25 lavoratrici in cassa integrazione: cuciono bamboline e lottano per frenare la finanza speculativa

Tratto da Altreconomia 275 — Novembre 2024

È uno spazio piccolo, ma c’è tutto quello che serve: quattro macchine da cucire, fili, forbici e persino una pressa. Ci sono i pasticcini, le tisane, il chiacchiericcio di sottofondo di donne indaffarate, e i pizzi. Azzurri, verdi, viola, arancioni. Non pizzi qualunque, ma quelli che impreziosivano lingerie di alta gamma. Il fornitore è lo stesso stocchista che ha comprato gli scarti de La Perla, brand storico di corsetteria, nato nel 1954 a Bologna, nella cucina di una sarta.

Chiamata “forbici d’oro” per il talento con cui tagliava tessuti e sete leggerissime, Ada Masotti iniziò con poco ma riuscì a trasformare il “mestiere di creare bellezza” in un’azienda florida e conosciuta in tutto il mondo che quest’anno avrebbe dovuto festeggiare settant’anni. Anche le mani sono le stesse. Mani esperte, anzi iper-specializzate delle lavoratrici de La Perla che dal primo febbraio 2024 (fino al 31 gennaio 2025) sono in cassa integrazione. Da questi pizzi ritagliano sagome di bamboline che si t

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