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Le condizioni di vita della popolazione civile in Ucraina sono sempre più difficili

© European Union, 2023 (Photographer: Oleksandr Rakushnyak)

Secondo le stime dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni gli sfollati interni sarebbero 6,3 milioni. E dopo l’uscita della Russia dagli accordi sul grano, a luglio, a Odessa missili e droni hanno distrutto abitazioni e luoghi di culto. Aumentano i bisogni, anche di natura psicologica, come racconta dal campo la Ong WeWorld

“Odessa è la mia città natale, sono tornata a vivere qui con mio figlio lo scorso maggio. All’inizio i bombardamenti non erano particolarmente pesanti e si verificavano ogni tre-quattro giorni. Erano lontani dal centro cittadino e dalle infrastrutture civili. Tutto è cambiato tre settimane fa quando i russi hanno iniziato a colpire gli edifici residenziali. Siamo sotto shock, abbiamo paura: stiamo vivendo un crollo psicologico insieme alla distruzione di tutto ciò che ci è caro”.

Oksana è una giovane donna ucraina la cui testimonianza è stata raccolta dagli operatori di WeWorld, Ong impegnata nel Paese dall’inizio del conflitto per prestare aiuto agli sfollati interni, con un’attenzione particolare a donne e bambini. La stessa Oksana ha lavorato per la Ong in Moldavia per prestare assistenza ai suoi connazionali in fuga.

Nel corso del mese di luglio la Russia ha intensificato i bombardamenti sulla città affacciata sul mar Nero, prendendo di mira anche il porto da cui partivano anche le navi cariche di cereali. Il passato è d’obbligo dal momento che il 17 luglio Mosca ha annunciato che non rinnoverà l’accordo sul grano, che da luglio 2022 aveva permesso all’Ucraina di continuare a esportarlo via mare in sicurezza.

“Dopo che la Russia ha lasciato l’accordo sul grano sono iniziati massicci bombardamenti sulle infrastrutture civili. Durante la notte del 23 luglio i russi hanno colpito 61 abitazioni civili e 146 appartamenti -racconta Oksana-. Io vivo al 17esimo piano. Ogni notte corro nel rifugio con mio figlio Herman, di cinque anni. Non riusciamo a dormire: il rumore è assordante e ogni cinque minuti sentiamo il rumore di un missile o di un drone che colpisce la città. Le madri dicono ai bambini che è un gioco. Io dico a mio figlio che i soldati ucraini sono come i supereroi della Marvel e che ci proteggono dagli attacchi”.

Missili e droni non hanno colpito solo il porto e le abitazioni civili ma anche alcuni importanti monumenti del centro di Odessa (dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità proprio con lo scopo di proteggerlo dalle bombe) tra cui la cattedrale della Trasfigurazione. “Tutti i vetri delle case circostanti sono andati in frantumi -racconta la donna-. I russi hanno distrutto anche la casa-museo di Lev Tolstoj, l’autore di ‘Guerra e pace’ era un luogo unico per il suo valore architettonico e culturale. Oggi non esiste più”.

A quasi un anno e mezzo dall’invasione russa dell’Ucraina, la popolazione civile è costretta a vivere in una situazione sempre più difficile: secondo le stime dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni gli sfollati interni sono circa 6,3 milioni. Uomini, donne e bambini che hanno dovuto lasciare le proprie case per cercare rifugio in altre aree del Paese che non sono state toccate dai combattimenti. “Ci sono coloro che non sono partiti perché gestiscono delle attività economiche e che, nonostante le difficoltà e i profitti minori, hanno scelto di restare -continua Oksana-. E poi c’è chi non è fuggito perché non ha soldi, non parla lingue straniere o deve prendersi cura di un familiare che non è nelle condizioni di viaggiare. Queste persone vivono in povertà e hanno bisogno di assistenza: l’inflazione e i costi dei beni di prima necessità stanno aumentando, dall’inizio dell’anno i prezzi sono raddoppiati e talvolta triplicati”.

I bombardamenti russi e i pesanti combattimenti lungo il fronte hanno causato gravi danni alle infrastrutture che rendono sempre più difficili le condizioni di vita per chi è rimasto in Ucraina, in particolare nelle regioni meridionali e orientali. “Ci sono migliaia di case distrutte e questo sarà un problema soprattutto nei mesi invernali: molte persone, in particolare i più anziani, non vogliono lasciare la propria abitazione. Per questo motivo abbiamo organizzato distribuzione di abiti invernali e coperte, ma anche la richiesta di supporto psico-sociale è molto elevata -spiega ad Altreconomia Guido Manneschi, program manager di WeWorld in Ucraina-. Sono stati colpiti anche diversi acquedotti e la distruzione della diga di Nova Kachovka, lungo il fiume Dnipro, ha reso ancora più difficile l’approvvigionamento idrico: a Mykolaïv l’acqua è salata e non si può bere”.

Un’altra grave emergenza che si somma alle molte causate dal conflitto è quella legata alla diffusione di mine anti-uomo. Sebbene non ci siano dati ufficiali in materia, stando alle stime del think tank Globsec, specializzato sui temi della sicurezza, su circa il 30% del territorio ucraino (una superficie pari 174mila chilometri quadrati) si sarebbero svolti intensi combattimenti e sarebbero quindi “contaminati” dalla presenza di migliaia di mine e di proiettili inesplosi.

“Mi è capitato spesso di sentire le esplosioni delle mine che venivano fatte brillare mentre eravamo impegnati nelle distribuzioni di generi di prima necessità nei villaggi liberati, soprattutto negli oblast di Kharkiv, Kherson, Mykolaïv -racconta Manneschi-. Questo è un problema enorme che avrà impatti gravissimi sulla popolazione anche quando saranno finiti i combattimenti. Cerchiamo di svolgere attività formazione e informazione, rivolta soprattutto ai bambini, per insegnare loro a riconoscere le mine ed evitare che le tocchino”.

Il conflitto ha fatto aumentare la vulnerabilità anche psicologica dei soggetti più fragili: le donne, spesso sole, sono costrette a farsi carico dei bisogni di tutta la famiglia, bambini e ragazzi non possono frequentare la scuola e hanno perso tutti gli spazi aggregativi. “Soffrono spesso le conseguenze dei traumi causati dalla guerra e dalla fuga, dai bombardamenti e dal fatto di essere stati sradicati dai luoghi in cui si è vissuto per anni -spiega Manneschi-. La nostra speranza è che si arrivi al più presto a mitigare questo conflitto che è veramente molto pesante. Intere parti dell’Ucraina sono state distrutte, ci vorranno molti anni e molti soldi per ricostruire il Paese e non mi riferisco solo alle infrastrutture: c’è un tessuto sociale che è stato lacerato a causa dello sradicamento e della fuga di milioni di persone”.

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