Economia / Opinioni
L’agricoltura non funziona a compartimenti stagni

Scambio delle sementi e gestione dinamica delle diversità intersecano discipline differenti. Il rigido approccio del ministero competente non aiuta. La rubrica di Riccardo Bocci
Il 5 dicembre 2024 il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) ha finalmente pubblicato il decreto attuativo per permettere la commercializzazione di sementi di “Materiale eterogeneo biologico” (Meb). Si tratta di una nuova categoria di sementi non uniformi e non protette da proprietà intellettuale, istituita dal Regolamento sull’agricoltura biologica del 2018. È un importante passo avanti per la diversificazione dei sistemi sementieri, atteso da circa due anni, visto che il Regolamento sul bio è entrato in vigore nel gennaio 2022. Sarà così possibile notificare e commercializzare il Meb in maniera semplificata rispetto a quanto accade con le varietà convenzionali, che devono essere “Distinte, uniformi e stabili” (i famosi criteri Dus) per poterne vendere le sementi.
Ma perché questo ritardo nel rendere operativa una norma contenuta in un regolamento? Si trattava di un atto quasi dovuto che doveva solo individuare il soggetto a cui inviare i campioni e tradurre in italiano il facsimile di notifica.
L’iter di questo decreto ci racconta delle difficoltà delle strutture organizzative istituzionali a gestire temi complessi e trasversali, come per l’appunto il Meb. Infatti le sementi sono di competenza di un ufficio del Masaf, mentre il biologico è seguito da un altro ufficio, afferente a dipartimenti e, quindi, dirigenti diversi. Ovviamente chi si è sempre occupato di sementi convenzionali non ha visto di buon occhio le deroghe create dal regolamento bio e considera la possibilità di commercializzare sementi “non Dus” come un vulnus che mina le basi di tutto il sistema. D’altro canto, chi si occupa di biologico nel ministero è più pronto ad accettare questi nuovi concetti, stando a contatto con quegli attori che si sono battuti per ottenere queste deroghe per avere maggiore diversità nelle varietà usate nel biologico. Questi due uffici non si frequentano, purtroppo, e non esiste nessuno strumento che favorisca la loro integrazione.
Abbiamo un problema istituzionale. Non è più possibile gestire in maniera così specializzata e compartimentata temi che per loro natura sono transdisciplinari e attraversano più settori. È necessario, inoltre, costruire un nuovo sistema di trasparenza di questi processi decisionali che non può più basarsi sui classici strumenti di negoziazione sindacale. Ci sono nuovi attori da coinvolgere, in un’ottica partecipativa e inclusiva che renda le istituzioni e i loro procedimenti più vicini ai cittadini.
Sono necessari due anni anni per rendere operativa la norma che permette la vendita di sementi di “Materiale eterogeneo biologico”
Ad esempio, in questi mesi si sta negoziando il nuovo regolamento sulla commercializzazione del materiale di propagazione vegetale. Un tema centrale per l’agricoltura europea perché le sementi che usiamo definiscono i futuri sistemi agricoli e alimentari. Dopo la proposta della Commissione europea di luglio 2023 e il voto del Parlamento ad aprile 2024, ora la discussione è in seno al Consiglio, cioè ai vari ministeri dell’Agricoltura degli Stati membri. Ovviamente, l’ufficio che segue il dossier è quello delle sementi, ma il testo del Regolamento ha tra i suoi nuovi obiettivi la conservazione della biodiversità agricola e nuove regole per lo sviluppo di varietà biologiche. Si parla di gestione dinamica della diversità e di permettere a questo scopo lo scambio delle sementi tra agricoltori. Temi che non sono strettamente legati all’ufficio sementi, ma, piuttosto, di competenza di quello del biologico e di quei funzionari che si occupano di biodiversità. Quindi tre uffici diversi che, però, non comunicano tra loro. Ragione per cui non sappiamo come verrà fatta la sintesi della posizione italiana in seno al Consiglio e quale punto di vista sarà espresso.
Il rigido e ingessato apparato istituzionale ereditato dal secolo scorso non è più funzionale per rispondere alle sfide che abbiamo davanti.
Riccardo Bocci è agronomo. Dal 2014 è direttore tecnico della Rete Semi Rurali, rete di associazioni attive nella gestione dinamica della biodiversità agricola
© riproduzione riservata