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L’affidamento dei servizi di vitto e sopravvitto nelle carceri sotto la lente dell’Antitrust

© Grant Durr - Unsplash

Per l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ci sarebbe stato un accordo tra alcune imprese che si occupano del servizio di vitto e sopravvitto all’interno degli istituti penitenziari volto a condizionare le gare di appalto e a garantire guadagni maggiori. L’associazione Antigone non è affatto sorpresa. Di che cosa si tratta

Ci sarebbe stato un accordo tra alcune delle imprese che si occupano del servizio di vitto e sopravvitto all’interno delle carceri italiane volto a condizionare le gare di appalto e a garantire guadagni maggiori a chi se le aggiudicava. È quanto ipotizzato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) e che sta alla base dell’avvio di un’istruttoria deliberato a fine novembre 2022 per la supposta alterazione del mercato e violazione dell’articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Le società sotto la lente sono cinque, tutte specializzate nella fornitura di alimenti e nella preparazione di pasti: Domenico Ventura Srl, SAEP Spa, Ra. Pietro Guarnieri – Figli – Srl, Pastore Srl e Impresa D’Agostino Srl.

Vitto e sopravvitto rappresentano elementi cruciali nel funzionamento degli istituti penitenziari in Italia. Il primo garantisce ai detenuti i tre pasti principali (colazione, pranzo e cena). Il sopravvitto riguarda invece la vendita di generi alimentari e di conforto. “Include tutti quei prodotti non forniti dall’amministrazione penitenziaria ma acquistati dalle persone detenute con propri soldi”, spiega ad Altreconomia Michele Miravalle, coordinatore nazionale dell’Osservatorio adulti sulle condizioni di detenzione di Antigone, associazione che dalla fine degli anni Ottanta si occupa di carceri e di diritti e garanzie all’interno del sistema penale.

Proprio il sopravvitto rappresenta uno dei punti critici nel funzionamento delle carceri, continua Miravalle, che infatti non si dice sorpreso del procedimento dell’Agcm. “Si tratta di uno dei meccanismi meno liberali, a livello di commercio, che esistono nel nostro Paese. Il detenuto infatti non è libero di acquistare i prodotti che vuole: può comperare solo quelli forniti da una determinata ditta, all’interno di una lista specifica”. Alcuni vengono esclusi per ragioni di sicurezza, altri per scelta del fornitore, senza che esistano ragioni particolari. A questo si aggiunge un problema di prezzi: nelle strutture, i costi degli alimenti sono ben più alti di quelli che si possono trovare all’esterno. “Questo produce ancora più discriminazione: di fatto l’accesso al sopravvitto viene precluso ai detenuti più poveri e si dà vita a meccanismi informali -denuncia ancora Miravalle-. Da un lato ci sono gesti di solidarietà, dall’altro questo nasconde dinamiche di potere che sono invece assolutamente deleterie”.

In questo settore già di per sé esposto a criticità, quindi, ci sarebbe stata una condotta problematica da parte delle imprese citate: gli accertamenti dell’Agcm avrebbero rivelato infatti come queste dinamiche collusive sarebbero presenti almeno dal 2020 nelle Regioni del Sud e nelle Isole, senza però escludere un interessamento di altre aree. L’Autorità evidenzia come gli enti coinvolti si sarebbero coordinati tra loro, per fare sì che in una specifica zona entrambi i servizi di vitto e sopravvitto venissero affidati a un’unica impresa tra quelle sotto la lente, decisa di volta in volta.

Gli atteggiamenti anomali sono stati riscontrati studiando i dettagli delle procedure di appalto, per l’affidamento del vitto, e di concessione per il sopravvitto. Nelle gare gli operatori seguivano diversi metodi per poterne orientare il risultato: spesso le offerte presentate erano estremamente eterogenee, per fare sì che una delle imprese fosse decisamente favorita per l’assegnazione; in altre situazioni, alcuni degli enti evitavano di partecipare alla gara. L’astensione avveniva soprattutto per le concessioni del sopravvitto, in quanto è questo a garantire i margini maggiori. “I prezzi sono infatti più alti di quelli di mercato -spiega Miravalle- e tutto il surplus va alle aziende”. Le condotte contrarie alla legge sarebbero state poi favorite da alcuni elementi, indica l’Agcm. In queste procedure di affidamento la parte economica dell’offerta risulta molto più determinante di quella tecnica. Inoltre, il fatto che le gare si tengano contestualmente rende più facile una sorta di scambio di favori tra gli operatori.

Il risultato principale di queste condotte irregolari consisterebbe nell’abbassamento dell’offerta per i detenuti, senza che peraltro il punto di partenza sia affatto ottimale: l’Agcm riporta come l’importo a base d’asta oscilli tra 5,70 e 5,90 euro, somma che deve quindi bastare per i tre pasti giornalieri di una singola persona. Il fatto che la gara si svolga al ribasso, unito alla supposta collusione tra i soggetti che vi partecipano, può portare a una notevole diminuzione rispetto a questa base e quindi a un taglio significativo nell’offerta di vitto. Di conseguenza i detenuti devono effettuare più spese extra, facendo ricorso al sopravvitto: con un aumento delle disuguaglianze interne al carcere ma anche dei profitti delle imprese che vi lavorano per fornire i pasti.

“Gli elementi agli atti -si legge nel provvedimento dell’Antitrust- consentono di ipotizzare una concertazione nelle Regioni Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia. Allo stato, però, non si esclude una più ampia latitudine temporale e geografica delle possibili condotte concertative, tale da eventualmente ricomprendere tutte le gare bandite da qualunque stazione appaltante nei settori del vitto e del sopravvitto, anche più risalenti nel tempo. In tal senso, il presente procedimento è volto a verificare ed eventualmente acclarare ipotesi di collusione anche in siffatto, più esteso, ambito operativo-temporale”. Il procedimento dovrà concludersi entro il 31 marzo 2024.

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