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L’acqua è ancora una merce: se finisce in vendita anche quella del rubinetto
Non solo concessioni quasi gratis per chi imbottiglia l’acqua minerale, da pochi anni in Italia è sul mercato anche quella del rubinetto, in comodi brick in tetrapak trattati come semplici strumenti pubblicitari. Una surreale promessa di sostenibilità che dimentica il diritto umano a un bene comune essenziale alla qualità della vita
Nella corsa alla mercificazione dell’acqua bene comune l’Italia è all’avanguardia: oltre alle concessioni quasi gratis per chi imbottiglia acqua minerale, adesso finisce in vendita anche quella del rubinetto, in comodi brick in tetrapak trattati come se fossero semplici strumenti pubblicitari.
L’impresa che s’è inventata il business con i marchi Aqualy e Acquainbrick è Ly Company Italia Srl, società benefit con sede a Marradi (FI), sull’Appennino tosco-romagnolo. “L’acqua è il primo bisogno per costruire una società”, scrivono su ogni confezione per sostenere il proprio impegno a favore della Ong Pozos sin fronteras. Bisogno e non diritto, come è invece riconosciuto -dal 2010- dalle Nazioni Unite, che hanno definito il “diritto all’acqua potabile e ai servizi igienico sanitari” come “un diritto dell’uomo essenziale alla qualità della vita e all’esercizio di tutti i diritti dell’uomo”.
“Siamo una Pmi innovativa che produce acqua senza bolle in contenitori più sostenibili”, spiega il portale aziendale. Il primo brick è uscito dallo stabilimento nel settembre del 2021. In nessuna comunicazione, men che meno nei documenti inviati per presentare il servizio ai potenziali clienti, è specificato in modo evidente e palese che l’acqua imbottigliata nelle confezioni offerte è però quella servita dalla rete pubblica di Marradi. Che è acqua senza bolle, un altro dei claim aziendali, semplicemente perché acqua del rubinetto che non può essere addizionata di anidride carbonica: per capirlo occorre un po’ di esperienza. Chi si trova tra le mani un brick può ad esempio notare, anche se non è scritto con troppa evidenza, che quell’acqua risponde al decreto legislativo 31 del 2001, cioè alla legge di attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano, che è quella “potabile”. È successo anche a noi, acquistandola per 1,50 euro (tre euro al litro, quindi) alla pizzeria Da Neo di Cesena.
Ly Company Italia Srl ha mutuato nel nostro Paese il modello da una società spagnola: l’acqua è un veicolo per la comunicazione commerciale personalizzata offerta ai clienti, ignari che l’acqua “senza bolle” non arriva da una sorgente ma dall’acquedotto. “Per nascere avevamo bisogno della materia prima, che in Italia non trovavamo: nel 2019 gli unici produttori erano Smeraldina e Fiuggi, ma solo nel formato 330 ml. Le case produttrici non hanno manifestato interesse all’idea del prodotto personalizzabile. Allora siamo arrivati a Malaga, in Spagna, dove abbiamo incontrato Only Water che produceva acqua in cartone, ed era il maggior produttore europeo”, ricorda Alice Garau Aroffu, tra i fondatori della start-up. Only Water è il marchio di Ly Company, casa madre e socia della Ly Company Italia Srl.
Tra i clienti di Acquainbrick ci sono società di calcio di Serie A, come il Sassuolo, ma anche enti locali, come il Comune di Sarzana: l’amministrazione ha stanziato dei fondi per finanziare la “stampa” dei brick di acqua del rubinetto con immagini di alcuni monumenti cittadini, uno strumento di promozione territoriale. Anche alla nuova manifestazione dedicata al vino naturale che si è tenuta a Milano a metà febbraio, Vi.na.ri., tutta l’acqua distribuita dalla catena Trapizzino -a cui era affidata la ristorazione- era brandizzata da Ly Company Italia Srl.
La comunicazione gioca tutto sulla necessità di ridurre il consumo di plastica: “Less Plastic, More Life”, o ancora “non è sostenibile chi ricicla di più, bensì è sostenibile chi impatta di meno”. Anche se la vera alternativa alla plastica delle bottigliette di minerale è l’acqua del rubinetto diretta, non nel cartone. Perché il tetrapak non è facilmente riciclabile e anzi in Italia esistono pochi stabilimenti in grado di farlo. Secondo il Tetra Pak Sustainability Report 2022, il 75% dei cartoni finiscono in discarica o bruciati in un inceneritore. Appena un quarto viene effettivamente riciclato. Per quanto riguarda il Pet delle bottiglie, invece, in Italia si arriva al 65%. Lo sa anche Aqualy, che nello stringere la partnership con il Sassuolo Calcio indica tra i valori aggiunti anche “l’effettivo riciclo degli imballaggi dopo il consumo, un progetto unico in serie A”. “I cartoni per bevande usati -spiega un comunicato stampa- saranno infatti raccolti in appositi contenitori ubicati all’interno e all’esterno dello stadio durante gli eventi sportivi” e poi, tramite Comieco, cioè il consorzio per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in carta e cartone, “saranno selezionati e inviati agli impianti della multinazionale cartaria del Gruppo Lucart”, ovvero l’azienda titolare di uno dei due impianti in Italia in grado di recuperare il materiale.
Perché, invece di rincorrere surreali promesse di sostenibilità, sarebbe opportuno introdurre anche in Italia un sistema che incentivi il recupero degli imballaggi, come chiede la campagna “A buon rendere”. Ecco perché il brick di acqua del rubinetto non rappresenta una vera alternativa, anche se il cartone usato è “realizzato per oltre il 76% da materia prima vegetale, completamente riciclabile”, non è affatto detto che venga riciclato.
L’ultimo aspetto su cui focalizzare l’attenzione riguarda l’acqua. La bolletta per Acquainbrick è leggera, nel senso che mille litri d’acqua costano appena 3,22 euro, circa 0,32 centesimi al litro. È vero che l’acqua è sottoposta a un trattamento, che comprende anche un sistema di microfiltrazione, lampade Uv, un sistema di sterilizzazione della carta e una camera di riempimento asettica, ed è vero che i brick vengono sottoposti a un’analisi in un laboratorio di analisi esterno. Ma è vero anche che acqua del rubinetto viene offerta ai clienti al prezzo di 0,40 euro per mezzo litro, cioè 0,80 euro al litro. Questo significa che un metro cubo, pagato appena 3,22 euro, ne vale almeno 800.
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