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La via maestra, la pace e la Costituzione. Il 7 ottobre la manifestazione

© Francesca Magurno, unsplash

I movimenti pacifisti scendono in piazza il 7 ottobre prossimo a Roma per chiedere il cessate il fuoco in Ucraina e lanciano un appello alle istituzioni italiane ed europee affinché si impegnino attivamente per un negoziato che metta fine al conflitto. Parteciperà anche Olga Karach, giornalista e attivista nonviolenta bielorussa

Diritti, istruzione, salari, ambiente, democrazia, salute, pace e lavoro. Sono le parole chiave della manifestazione nazionale “La via maestra: insieme per la Costituzione” in programma a Roma sabato 7 ottobre e promossa da più di cento associazioni e reti associative. Il corteo sfilerà per le strade della Capitale per il lavoro e contro la precarietà, per l’aumento dei salari e delle pensioni, per la sanità e la scuola pubblica, per la difesa e l’attuazione della Costituzione contro l’autonomia differenziata. Con un’attenzione particolare al tema della pace e per chiedere il cessate il fuoco in Ucraina. Un appuntamento che si svolge negli stessi giorni in cui i movimenti per la pace di tutto il mondo hanno organizzato una settimana di mobilitazione per ribadire che l’unica strada possibile (anche in questo caso “la via maestra”) per porre fine alla guerra in Ucraina è il cessate il fuoco, non il riarmo e la guerra a oltranza.

“La manifestazione del 7 ottobre è il punto d’arrivo di un percorso che ha preso il via lo scorso 27 maggio con l’assemblea organizzata al centro Frentani di Roma, che ha visto la partecipazione e la convergenza del mondo associativo impegnato su piattaforme tematiche diverse ma con una comune cornice: la Costituzione. Il movimento per la pace e la coalizione Europe for peace hanno partecipato da subito e attivamente a questo progetto che poi ha preso il nome di ‘La via maestra’ e che identifica nella Costituzione il suo punto d’arrivo -spiega Sergio Bassoli di Europe for peace-. Chiediamo l’applicazione dell’articolo 11 della Costituzione e che l’Italia si metta in gioco con tutte le sue risorse per risolvere in modo pacifico i conflitti, a partire da quello in Ucraina”.

La mobilitazione globale in cui si inserisce la manifestazione di Roma del 7 ottobre ha avuto origine lo scorso giugno a Vienna, dove si è svolta la Conferenza internazionale per la pace coordinata dall’International peace bureau (Ipb), cui hanno partecipato delegazioni da 43 Paesi: “Dopo due giorni di confronto e dibattiti abbiamo deciso di dare continuità con una settimana di mobilitazioni, dal 30 settembre all’8 ottobre, per sostenere il cessate il fuoco in Ucraina e la soluzione negoziale del conflitto -continua Bassoli-. Non siamo riusciti a convergere su un un’unica giornata, come avevamo fatto nel 2003, a causa della frammentazione attuale del movimento internazionale”.

Attivisti e pacifisti scenderanno in piazza in molti Paesi: dalla Francia alla Svezia, dalla Germania passando per Inghilterra, Austria e Irlanda oltre a diversi piccoli gruppi impegnati in diverse città degli Stati Uniti, del Canada, in America Latina. “Ma anche Africa e Asia sono previste manifestazioni. Ogni giorno arrivano notizie di nuovi comitati ed iniziative che si stanno organizzando per far sentire in ogni angolo del mondo la voce di chi si oppone alla guerra in Ucraina ed a tutte le guerre”, sottolinea Bassoli.

Il conflitto iniziato nel febbraio 2022 con i bombardamenti russi su Kiev e l’invasione dell’esercito di Mosca delle regioni orientali del Paese continua a provocare morti e feriti (tra i militari e soprattutto tra la popolazione civile). Ma le conseguenze della guerra non si limitano alla dimensione regionale: a livello globale i costi del conflitto sottraggono risorse ai beni pubblici e a una transizione energetica sempre più impellente e necessaria. A rendere ancora più drammatica la situazione è la minaccia di un’escalation militare più volte evocata oltre all’utilizzo di armi proibite, come le bombe a grappolo che continueranno a provocare morti e feriti per anni anche dopo la fine dei combattimenti.

“Questa guerra va fermata subito, anche per impedire lo scoppio di una Terza guerra mondiale a pezzi e una nuova divisione del mondo in blocchi. Dopo oltre 18 mesi di combattimenti continuiamo a chiedere il cessate fuoco. Sono stati messi in atto diversi tentativi di negoziato per trovare una soluzione pacifica al conflitto, a partire da quello promosso dal Vaticano tramite la figura del presidente della Conferenza episcopale italiana, monsignor Matteo Zuppi, cui si aggiungono quelli presentati dalla Cina e da altri Paesi del Sud del mondo -continua Bassoli-. Ma non abbiamo proposte di negoziato da parte dell’Unione europea. Il messaggio che vogliamo trasmettere è che serve un forte impegno europeo per il negoziato ma né il governo italiano, né le istituzioni europee si stanno impegnando attivamente in questa direzione. Ed è assurdo che questo non avvenga perché è proprio l’Europa a essere vittima delle conseguenze del conflitto: dall’aumento dell’inflazione alla questione energetica”.

Alla manifestazione del 7 ottobre parteciperà anche Olga Karach, giornalista e attivista nonviolenta bielorussa, fondatrice del movimento Our House, il Centro Internazionale per le iniziative civili che ora opera a Vilnius, in Lituania, dove la donna si è rifugiata nel 2020 dopo le elezioni farsa che hanno riconfermato alla guida del Paese Alexander Lukashenko. Karach, ricorda Bassoli, è diventata una delle protagoniste del rifiuto alla guerra e alla coscrizione obbligatoria: “Con la sua presenza vogliamo rimarcare ancora una volta l’attenzione sul numero sempre maggiore di persone, in particolare uomini, che si rifiutano di combattere, che non vogliono andare a morire in guerra. Ma che, a seguito dell’entrata in vigore della legge marziale, sono costrette a scegliere tra la galera e il mettere a rischio la propria vita”.

“Noi restiamo convinti che nel diritto internazionale, lavorando su un sistema di sicurezza reciproca, condivisa per tutti gli Stati e rispettando il diritto allo sviluppo e all’identità di tutte le popolazioni sia possibile risolvere, con la partecipazione di tutti i paesi del mondo, questo come altri conflitti -scrive Rete italiana pace e disarmo nel comunicato di adesione alla manifestazione del 7 ottobre-. Mettere a tacere le armi, dunque, è la sola condizione per consentire, senza ulteriori inutili stragi, le iniziative diplomatiche, le trattative negoziali necessarie ad affrontare alla radice le cause del conflitto e porre le basi per un futuro comune”.

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