Ambiente / Attualità
La tutela del paesaggio e il consumo di suolo dopo l’epidemia. Che cosa ci aspetta
In una lettera aperta indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il Forum Salviamo il Paesaggio invita a una riflessione sulle misure da prendere per evitare che nel post-emergenza “capitali e interessi soggettivi più o meno legittimi” prevalgano sul bene comune
Un rilancio economico che rispecchi i bisogni autentici della collettività. Passata la fase dell’emergenza sanitaria, la sfida sarà attuare una ricostruzione capace di tenere insieme, oltre all’economia e all’occupazione, il benessere sociale e la tutela dell’ambiente. Da qui la necessità di articolare una visione critica capace di mettere in discussione gli attuali sistemi di sviluppo, riflettendo sull’adozione di un modello di crescita giusto. Sono alcuni degli spunti di analisi rivolti al presidente del Consiglio Giuseppe Conte dal Forum Salviamo il Paesaggio, la rete nazionale formata da oltre mille membri tra associazioni, comitati e singoli, promotrice di iniziative per tutelare il paesaggio italiano e di una proposta di legge contro il consumo di suolo, ora ferma al Senato. In una lettera aperta indirizzata a Palazzo Chigi, il Forum chiede di iniziare a pensare al dopo-emergenza, adottando da subito un piano strategico di azioni per evitare che, superata l’epidemia, “capitali e interessi soggettivi più o meno legittimi” prevalgano sul bene comune.
La necessità di superare “le rigidità strutturali che hanno impedito di dispiegare tutto il potenziale del Paese, ad esempio nel settore dell’edilizia e delle opere pubbliche”, cui Conte ha fatto riferimento negli interventi del 25 e del 26 marzo, scrive il Forum, deve tradursi nell’arresto del consumo di suolo e nella spinta “verso il riuso dei suoli urbanizzati” da parte del settore edile. In Italia, come sottolineato dall’Istituto superiore di protezione ambientale (Ispra), nell’ultimo ventennio il consumo di suolo non si è mai arrestato, nonostante abbia subito significativi rallentamenti nel periodo 2008-2013 a causa della crisi economica. Il suolo consumato è passato dal 2,7% degli anni 50 al 7,6% stimato per il 2017. In termini assoluti, il consumo di suolo si stima abbia intaccato ormai oltre 23.000 chilometri quadrati del nostro territorio: una superficie pari all’Emilia-Romagna.
Report Ispra del 2019 alla mano, la cementificazione è andata avanti senza sosta in aree già compromesse, dove il valore è stato dieci volte maggiore rispetto alle zone meno consumate. A Roma in un solo anno sono stati cancellati 57 ettari di aree verdi della città (su 75 ettari di consumo totale); a Milano il consumo di suolo ha spazzato via 11 ettari di aree verdi (su un totale di 11,5 ettari). Un fenomeno che, ha sottolinea l’Ispra, non segue la crescita demografica. Nel Paese ad ogni abitante corrispondono oltre 380 metri quadrati di superfici occupate da cemento, asfalto o altri materiali artificiali: il valore cresce di quasi 2 metri quadrati ogni anno, mentre la popolazione diminuisce.
Le conseguenze sull’ambiente sono notevoli: dalla perdita di servizi ecosistemici (come l’approvvigionamento di acqua, cibo, materiali o la capacità di resistere a eventi estremi e a variazioni climatiche) all’aumento delle temperature. Secondo Ispra, infatti, il consumo di suolo in città ha un forte legame anche con l’aumento delle temperature in quanto dalla maggiore presenza di superfici artificiali a scapito del verde urbano deriva anche un aumento dell’intensità del fenomeno delle isole di calore.
“Il contrasto al consumo di suolo deve essere considerato una priorità e diventare una delle massime urgenze dell’agenda parlamentare”, afferma il Forum, ricordando come la legge contro il consumo di suolo sia ancora ferma al Senato perché l’iter legislativo, come denunciato, ha subito “ritardi e rallentamenti gravi”. Da qui, alcune proposte di azione indirizzate al presidente del Consiglio. Linee programmatiche da potere attuare che vanno dalla messa in sicurezza e riqualificazione degli edifici degli anni Cinquanta e Sessanta alla bonifica di aree inquinate. Dall’avvio di un piano per il recupero delle migliaia di borghi e centri storici in via di abbandono o già deserti alla riconversione di aree industriali in nuovi quartieri urbanisticamente autonomi da destinare in modo prioritario alle classi sociali più deboli attraverso l’adozione di un grande “piano casa”. Dalla messa in sicurezza di strade, ponti e gallerie all’attuazione di un grande piano di cablaggio dei territori pedemontani e montani e al sostegno all’agricoltura ecocompatibile. Dalla sostituzione delle rete idriche “colabrodo” alla messa in sicurezza delle aree a rischio ideogeologico.
“Crediamo che la grande sfida della pandemia imponga il coraggio di mettere in discussione il nostro modello di sviluppo per attivare, sin d’ora, strumenti di rilancio economico basato sulle opere pubbliche realmente necessarie al nostro Paese”, si legge nella lettera. “Un new deal che rispecchi i veri bisogni della collettività. Dopo questa crisi epocale, non potremo più continuare a seguire dinamiche economiche voraci, spietate, distruttive, ma piuttosto abbracciare una visione etica, l’unica che -suggeriscono grandi economisti come il Premio Nobel Amartya Sen- potrebbe davvero garantirci un futuro dignitoso e pacifico”.
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