Diritti
La svolta di Repubblica su Manganelli
Ancora su Genova G8, le recenti sentenze di Bolzaneto e Diaz e la credibilità perduta della polizia di stato. In un commento del 28 novembre Giuseppe D’Avanzo mette a punto su Repubblica la sua interpretazione, mostrando un certo cambiamento di…
Ancora su Genova G8, le recenti sentenze di Bolzaneto e Diaz e la credibilità perduta della polizia di stato. In un commento del 28 novembre Giuseppe D’Avanzo mette a punto su Repubblica la sua interpretazione, mostrando un certo cambiamento di rotta. L’apertura all’offerta di Manganelli – il capo della polizia disse che dopo la sentenza Diaz occorreva dare una spiegazione al paese nelle sedi istituzionali e costituzionali (non meglio precisate) – si è ridimensionata e ora c’è un pieno accoglimento delle tesi del Comitato Verità e Giustizia per Genova, che chiede a Manganelli una serie di azioni.
IL COMMENTO
Il nuovo “diritto diseguale” (di Giuseppe D’Avanzo)
L’asimmetria è manifesta. Se partecipo a una manifestazione di piazza e pochi o molti violenti scatenano una guerriglia urbana, anch’io, che pacificamente ho aderito all’iniziativa, sono responsabile per la polizia di quella guerriglia. Se, al contrario, ho addosso una divisa di poliziotto, il criterio che stringe in un solo nodo, con le stesse responsabilità, e i pacifici e i violenti non vale più. Anche se sono in servizio in una caserma dove si torturano gli arrestati, anche se sono nella stessa stanza a pochi metri da quel castigo ingiusto, non mi può essere attribuita la responsabilità dei trattamenti inumani inflitti da altri.
No, occorre che ogni gesto degradante (naturalmente provato) abbia un suo responsabile diretto (naturalmente identificato in modo inequivocabile). Una fortunata coincidenza ci mette sotto gli occhi, nelle stesse ore, gli esiti del nuovo “diritto diseguale”. A Roma il procuratore generale della Cassazione definisce “deviata” una cultura poliziesca che, identificando una persona che partecipa a una manifestazione, le attribuisce “tutti i reati commessi durante la manifestazione” (è accaduto l’11 marzo 2006 a Milano, in Corso Buenos Aires, durante una manifestazione antifascista). A Genova diventano pubbliche le motivazioni per le torture della caserma di polizia di Bolzaneto durante i giorni del G8, tra il 20 e 22 luglio 2001. E si legge che – non c’è dubbio – le violenze, le umiliazioni consumate in quella caserma e “pienamente provate avrebbero potuto ricomprendersi nella nozione di “tortura” delle convenzioni internazionali”.
Ma in Italia quel reato non c’è e allora bisogna accontentarsi di descrivere quelle prepotenze come “condotte inumane e degradanti”. Sono comportamenti “che hanno tradito il giuramento di fedeltà alle leggi della Repubblica italiana e alla Carta Costituzionale, inferto un vulnus gravissimo, oltre a coloro che ne sono stati vittime, anche alla dignità delle forze della polizia di Stato e della polizia penitenziaria e alla fiducia della quale detti Corpi devono godere nella comunità dei cittadini”. Epperò, dall’accertamento delle condotte vessatorie “non discende automaticamente che, di quelle condotte, debbano necessariamente rispondere tutti gli imputati”.
Ne risponderanno individualmente soltanto i responsabili diretti. “Purtroppo la maggior parte di coloro che si sono resi direttamente responsabili delle vessazioni risultate provate in dibattimento è rimasta ignota. Scrivono i giudici: il limite di questo processo è rappresentato dal fatto che quei nomi, quelle facce, gli aguzzini non sono saltati fuori “per difficoltà oggettive, non ultima delle quali la scarsa collaborazione delle Forze di Polizia, originata, forse, da un malinteso “spirito di corpo””.
(28 novembre 2008)