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La solidarietà della ex Gkn. Mentre l’ora “X” sul futuro della fabbrica si avvicina

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Nelle tragiche ore dell’alluvione toscana in centinaia hanno trovato nello stabilimento di Campi Bisenzio un punto di riferimento e di supporto. Per i lavoratori è un momento estremamente delicato, tra la campagna di finanziamento popolare della nuova cooperativa Gff e un “Insorgiamo Tour” su scala europea. Il punto della situazione

Domenica 5 novembre si è cominciato a capire che cosa intendono gli operai della ex Gkn quando parlano, per i loro progetti, di “fabbrica pubblica socialmente integrata”. Già alle otto del mattino, davanti allo stabilimento di Campi Bisenzio (Firenze), si sono ritrovate almeno 500 persone, munite di stivaloni, ramazze, pale, secchi, pronte a partire per una giornata di lavoro nelle strade, nelle case, nelle scuole, negli edifici pubblici e privati della piana fiorentina, sommersa la sera del 3 novembre da un’onda mortale di acqua e fango. E poi, nel corso della giornata, la fabbrica è diventata un punto di raccolta di materiali portati lì da decine e decine di persone: auto e furgoncini privati carichi di cibo confezionato d’ogni tipo, innumerevoli casse d’acqua in bottiglia, materiali vari, a cominciare da stivali, secchi e pale, che in poco tempo si erano trasformate in un bene primario e poco reperibile. 

La ex Gkn, dunque, è un punto di riferimento collettivo per gli abitanti della piana fiorentina, che sono andati in gran numero proprio lì nel momento del bisogno e della solidarietà, sicuri di trovare nelle “Brigate della solidarietà”, nate già nella primavera scorsa, al tempo dell’alluvione in Emilia-Romagna, un soggetto capace di organizzare gli aiuti e gli interventi, d’intesa con i Comuni e la Protezione civile. Dunque, una fabbrica “pubblica”, cioè rivolta all’esterno e non chiusa in sé stessa, e “socialmente integrata”, ossia parte della comunità locale e della sua vita, anche -come in questo caso- nella tragedia. E poi, sempre domenica, ma nel pomeriggio, presenti anche alcuni dei partecipanti alle “Brigate” partite al mattino per spalare fango, si è tenuta un’assemblea aperta che ha fatto il punto sul complicato momento della fabbrica e delle sue residue maestranze. Un’assemblea di lotta, ma per nulla compiaciuta.

La novità più recente è il licenziamento annunciato dal liquidatore: dal primo gennaio 2024, quindi il giorno dopo la fine della cassa integrazione, tutti gli operai ancora dipendenti (circa 180) saranno licenziati. Una notizia attesa, ma non per questo meno destabilizzante, visto che cade nel pieno della campagna di finanziamento popolare della cooperativa Gff, costituita per realizzare la reindustrializzazione del sito, con nuove produzioni ecologiche: cargo-bike e pannelli solari di nuova generazione.

Il Collettivo di fabbrica ha definito il prossimo Capodanno “l’ora X”: il momento della verità, o almeno uno snodo cruciale per il progetto di “recupero”, o meglio di “rigenerazione” della fabbrica dismessa. Secondo gli operai, l’intento dei titolari del sito industriale sembra chiaro: mettere tutto sul mercato immobiliare, come paiono provare, tra l’altro, alcune variazioni nell’assetto proprietario. E comunque, con gli operai licenziati, lo stesso presidio in fabbrica diventa problematico. Oggi è legittimato dalla Società di mutuo soccorso “Insorgiamo” e dalle norme dello Statuto dei lavoratori a tutela delle attività sindacali e di dopolavoro, ma dal primo gennaio 2024 che cosa accadrà? La proprietà preme per mettere le mani sullo stabilimento, e proprio nei giorni scorsi, nel pieno dell’emergenza alluvione, ha chiesto lo sgombero del presidio e la cessazione delle attività di manutenzione, proprio a causa degli allagamenti e di una non meglio precisata “dispersione elettrica”. In realtà lo stabilimento non si è allagato e l’energia elettrica è mancata solo per 24 ore, ma la mossa del liquidatore non può essere equivocata. 

Dario Salvetti, portavoce del Collettivo di fabbrica, ha detto in assemblea che gli operai stanno facendo il conto alla rovescia, “minuto per minuto”, del tempo mancante all’ora X, e non ha dispensato ottimismo; ha detto anzi che la sconfitta finale resta l’esito più probabile, “visti i rapporti di forza così sfavorevoli”, ma ha aggiunto che anche di fronte a questa eventualità, esiste un margine di scelta. Alla fine, si potrà anche perdere, ha spiegato, ma intanto è possibile avviare le nuove produzioni ecologiche e creare una “fabbrica pubblica socialmente integrata” capace di “immaginazione”, una fabbrica cioè che prende sul serio la transizione ecologica, “produce pannelli solari per le comunità energetiche, democratizza l’accesso all’energia, e con le cargo-bike aiuta le città a soffocare un po’ di meno, anche se non esistono isole felici in un sistema come quello attuale”.

Nemmeno la ex Gkn è un’isola felice, nonostante tanti attivisti la vivano così. Salvetti è stato chiaro: non invitateci più a parlare nelle vostre città, ma chiedetevi quanto è importante per voi portare fino in fondo questo progetto e organizzate l’adesione come soci finanziatori di Gff. La sconfitta è dunque possibile e forse probabile, sembra dire il Collettivo di fabbrica, ma non deve spaventare, perché può essere spostata in avanti e riempita di successi e avanzamenti, ma solo se nuove energie verranno dall’esterno. È una riproposizione del motto dal quale tutto iniziò, nell’estate del 2021: “E voi come state?”, chiesero gli operai, allargando e politicizzando la loro vertenza come mai era avvenuto in Italia negli ultimi anni, se non decenni.

Ora il Collettivo si prepara a un “Insorgiamo Tour” su scala europea, invita allo sciopero del 17 novembre, a un nuovo ritrovo a Campi Bisenzio all’inizio di dicembre e a una notte di San Silvestro che si annuncia comunque speciale, qualunque cosa succeda nel frattempo (anche un possibile rinvio dei licenziamenti, dopo i ricorsi in via di preparazione). Salvetti, al termine di un’assemblea molto viva e molto attenta al mondo esterno (la piana fiorentina sott’acqua ma anche Gaza sotto le bombe), ha chiuso in crescendo citando il Gramsci di “Odio il Capodanno”: “Proveremo a essere travolgenti per non essere travolti -ha detto- proveremo a dire che non abbiamo più Capodanni”. Gramsci scriveva così nel 1916: “Odio questi Capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito”. 

Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri “Noi della Diaz” e “Parole sporche”

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