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Diritti / Approfondimento

La sofferenza nei Cpr raccontata dai registri degli eventi critici

Un “ospite” su un materasso all’interno della sezione maschile del Cpr di Ponte Galeria a Roma. A inizio novembre la Coalizione italiana libertà e diritti civili ha pubblicato il rapporto “Chiusi in gabbia: viaggio nell’inferno del Cpr di Ponte Galeria” che documenta le condizioni degradanti della struttura. Con un appello al sindaco Gualtieri per la sua chiusura ©Ansa- Massimo Percossi

Nel documento il personale dei Centri di permanenza per il rimpatrio prende nota degli atti di protesta e dei tentativi di suicidio. Da Potenza a Milano sono tantissimi. L’unico modo per i trattenuti di far sentire la loro voce

Tratto da Altreconomia 276 — Dicembre 2024

Per chi si ritrova rinchiuso in un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr), l’utilizzo del proprio corpo resta troppo spesso l’unica possibilità per fare ascoltare l’agonia che permea una quotidianità vuota e ripetitiva, in cui si rimane invischiati per la sola mancanza di un permesso di soggiorno. Giorni pieni di rabbia generata dal non capire i motivi di quella detenzione o dalla paura di un rimpatrio nel Paese d’origine ma soprattutto dal sentire il peso di un’ingiustizia vissuta sulla propria pelle.

C’è un documento che, più di tutti, racconta tutto questo. È il “registro degli eventi critici” in cui vengono annotati e descritti tentativi di suicidio, proteste, atti di autolesionismo o tentativi di rivolta che si ripetono a un ritmo impressionante: uno ogni due giorni al Cpr di via Corelli a Milano nel periodo tra febbraio e maggio 2024. E non sono solo i dati numerici a fare impressione.

Per alcuni Cpr, infatti, oltre al numero di eventi ci è stata inviata anche la copia del registro degli eventi critici. Ad esempio quello di Palazzo San Gervasio, struttura in provincia di Potenza in cui ad agosto è morto a 22 anni Belmaan Oussama, ci permette di ricostruire nel dettaglio quanto successo nell’ultimo anno o perlomeno quanto è stato annotato direttamente dal personale dell’ente gestore privato. Le persone rinchiuse vengono descritte con un codice identificativo e in diversi casi si nota la ripetizione di formule standard.

Il 12 settembre 2023 “l’ID 4079 alle 19:15 incendia un materasso all’interno del modulo e richiede con insistenza un anello che a suo dire indossandolo starebbe bene sia fisicamente sia mentalmente. Gli viene spiegato che per questioni di sicurezza non glielo si può dare in quanto certi oggetti non sono possibili da detenere all’interno dei moduli abitativi”. Il fuoco viene spento dagli operatori. Quattro giorni dopo “l’ID 4091” che è “l’ospite problematico sin dal momento della presa in carico da codesto ente gestore una volta giunto nel modulo incendia gli effetti letterecci e, cospargendosi di feci tutto il corpo, protesta per essere stato condotto ingiustamente presso il Cpr.

Sono 9 i Cpr attivi sul territorio italiano a metà novembre 2024

Qualche momento dopo lo stesso si cuce le labbra con un piccolo frammento di ferro, rifiutando inizialmente ogni tipo di assistenza sanitaria”. Il 20 ottobre 2023 alle 16 in cinque moduli i trattenuti protestano per terapia “a loro dire inadeguata”, gli stessi infatti “vorrebbero un eccessivo aumento [dei farmaci] non consentito dal medico della struttura”. Idem il 26 ottobre quando l’ID 3989, non avendo ottenuto un aumento della terapia da lui richiesta, inveisce contro la finestra rompendola. Il 30 ottobre l’ID 3989 protesta per il lungo periodo di permanenza. Si era già rivoltato per lo stesso motivo il 12 settembre, rompendo una porta “a seguito di molteplici calci”. Il 2 novembre all’ora di pranzo “gli ospiti del modulo in oggetto bloccano la serratura con del materiale plastico in segno di protesta per motivi non chiari, sicuramente legati alla lunga permanenza nella struttura”. Il 6 novembre si segnala una “protesta per [il] cibo”.

Rivolte e atti di autolesionismo si ripetono a un ritmo impressionante: uno ogni due giorni al Cpr di via Corelli a Milano nel periodo tra febbraio e maggio 2024

Oltre al cibo, anche le lamentele per il freddo sono numerose. Il 21 novembre 2023 i trattenuti appiccano un incendio “per il mancato funzionamento dell’acqua calda”. Due giorni dopo si registra nuovamente il malfunzionamento del riscaldamento, l’assenza delle finestre e della porta centrale del modulo. L’ente gestore scrive che vengono “date delle coperte”. Il 15 gennaio alle 16.40 un “evento critico” viene descritto in questo modo: “L’ID 4247 in forma di protesta causata -a suo dire- per un ritardo eccessivo della tempistica del proprio rimpatrio appiccava un piccolo incendio”. Il 16 gennaio l’ID 4257 in maniera “molto aggressiva e irruenta” lamentava “delle promesse fattegli dall’avvocato in virtù della sua liberazione del Cpr non mantenute”; l’intervento della psicologa non è stato risolutivo e così “l’ospite si arrampicava sulla porta interna al modulo attaccando una corda alla stessa e minacciando di impiccarsi”.

Dieci giorni dopo, la stessa persona, “senza alcuna motivazione nota, iniziava a compiere gesti furiosi” dando fuoco a materassi, incendio spento successivamente dal personale. Il 6 febbraio tocca all’“ID 4439” che è stato “già segnalato per continua agitazione a causa del suo temperamento” (sic) e incendia alcuni effetti letterecci “sostenendo di avere fame”. Qualche giorno di tregua, poi il 19 marzo alle 7.50 “ID 4368” provoca un altro incendio. “Lamenta da giorni la sua permanenza presso il centro in oggetto”.

Il 2 maggio 2024, circa alle quattro e venti di pomeriggio, “gli ospiti del modulo, non avendo ottenuto un aumento della terapia farmacologica, incendiano due materassi, due coperte, oltre a vari indumenti”. Segue una settimana di proteste con un incendio al giorno. Alle 13 del 4 marzo 2024 tocca all’ID 4270: “L’ospite al momento del rientro dall’udienza, dopo aver ricevuto una proroga di ulteriori 30 giorni, per protesta distrugge completamente la porta di ingresso”. Due giorni dopo, sempre lui, “appicca il fuoco a effetti letterecci quali materassi, coperte e lenzuola sostenendo di essere trattenuto illegittimamente in quanto il giudice aveva sospeso la sua permanenza al Cpr”.

Degli altri Cpr otteniamo solo il dato degli eventi critici, senza avere copia dei registri. A Bari Palese sono 103 in un anno solare: uno ogni 3,5 giorni. A Macomer, in Sardegna, uno ogni otto giorni mentre a Brindisi il dato registrato dall’ente gestore scende addirittura a uno ogni 26 giorni. Le strutture di Gradisca d’Isonzo e Trapani hanno negato l’accesso a queste informazioni. Mentre sul Cpr di Roma, dove il 4 febbraio 2024 si è suicidato il 22enne di origine guineana Ousmane Sylla, la prefettura dichiara 30 episodi in un anno, esclusi gli “atti vandalici”.

Sono 103 gli eventi critici che si sono registrati in un anno solare nel Cpr di Bari Palese

Questi dati e le descrizioni degli eventi, fatti di codici numerici e formule prestampate, sono una sorta di autobiografia del sistema Cpr. A descrivere l’invivibilità e la sofferenza in questi luoghi non è la voce dei trattenuti, bollata come inaffidabile, ma un documento ufficiale redatto da chi quel centro lo gestisce. Che presto potrebbe diventare utile materiale probatorio. Nel “Ddl Sicurezza”, in esame al Senato quando Altreconomia va in stampa, si prevedono aspre pene per chi promuove, organizza o dirige proteste all’interno di queste strutture. Ma anche per coloro che resisteranno “passivamente” senza dare seguito agli ordini impartiti dalle autorità. Il messaggio è chiaro: abbassare la testa e subire in silenzio.


UN VIAGGIO ALL’INTERNO DEL “GORGO CPR”

Un’inchiesta rigorosa sui Centri di permanenza per il rimpatrio italiani attraverso dati, documenti e testimonianze inedite che smontano decenni di propaganda politica fatta sulla pelle di migliaia di persone. Da Milano a Roma, passando per Torino, Gradisca d’Isonzo, Palazzo San Gervasio, Brindisi, Bari, Trapani, Caltanissetta e Macomer: la “galera degli stranieri” calpesta i diritti e sperpera denaro pubblico ricordandoci, ogni giorno, che in Italia esistono vite che valgono meno. Sono quelle dei sans-papier, coloro che non hanno un regolare permesso di soggiorno, e possono ritrovarsi all’improvviso chiusi in gabbie di pochi metri quadrati. Senza svolgere alcuna attività, i “trattenuti” trascorrono nel limbo fino a 18 mesi, attendendo la remota possibilità di un rimpatrio nel Paese d’origine che avviene solo per la metà delle persone che fanno ingresso nei Cpr.

La loro sofferenza, silenziata dall’uso massiccio di psicofarmaci, è affidata a privati multinazionali, società e cooperative- a cui lo Stato delega la gestione di questi luoghi attraverso appalti milionari. Il confinamento dell’esistenza umana avviene così tra carte false, dignità negata e salute calpestata. Un “modello” esportato dal Governo Meloni in Albania: a Gjadër, infatti, è stato costruito un Cpr da 144 posti. Apre il libro la toccante prefazione di Mariama Sylla sorella di Ousmane e di Thierno Amadou Balde, fratello di Moussa, due degli oltre trenta morti all’interno di questi nonluoghi. Vite perdute che aspettano ancora giustizia.

“Gorgo Cpr. Tra vite perdute, psicofarmaci e appalti milionari”, Lorenzo Figoni e Luca Rondi, 176 pagine, novembre 2024, 16 euro

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