Cultura e scienza / Opinioni
La sinistra ha rinunciato a credere in un mondo più giusto
Ha scelto di non schierarsi dalla parte dei “sommersi” e oggi quel vuoto è stato occupato dalla destra xenofoba e razzista. La rubrica di Tomaso Montanari
Perché, dunque? Perché la sinistra è sconfitta, afona, estinta? Perché oggi viviamo in un incubo che fino a poco tempo fa non sembrava nemmeno immaginabile: quello di una egemonia culturale di destra? Perché il senso comune è oggi spostato così a destra: cioè perché siamo diventati così disumani, feroci, infelici?
Esistono due spiegazioni: diverse, anzi opposte. Una è ripetuta come un mantra dai partiti che continuano ad abusare della parola “sinistra” e sostiene che la sinistra ha perso perché è stata troppo poco “moderna”. Incapace di uniformarsi al pensiero mainstream. Troppo poco sviluppista, troppo poco capitalista. Una sinistra troppo antisistema: che avrebbe detto troppi “no”.
L’altra spiegazione sostiene, al contrario, che la sinistra si sia convinta di avere torto e si sia genuflessa prima di fronte al trono del mercato e poi all’idolo della sicurezza dei “salvati”, abbandonando i sommersi. Una sinistra troppo di sistema, che ha detto troppi sì, che ha sposato una terza via che era una menzogna, una truffa, un gioco di prestigio maligno perché del tutto succube della prima via (il capitalismo senza freni) e immemore della seconda (quella socialista). Una sinistra che perde perché è diventata troppo simile alla destra.
Io credo che sia vera la seconda spiegazione. Il tempo in cui viviamo è quello della “bancarotta dell’umanità” (papa Francesco): una bancarotta fraudolenta, con vittime e colpevoli. E la sinistra, che avrebbe dovuto lottare dalla parte delle vittime, si trova invece -e a ragione- collocata tra i colpevoli. Non con gli oppressi, ma con gli oppressori. Col sistema. Fino al punto da rendere quasi impronunciabile la stessa parola: cos’è, oggi, la sinistra?
“I have a dream” è la frase che Martin Luther King Jr. ha pronunciato durante uno storico discorso il 28 agosto 1963 al Lincoln Memorial di Washington
Il sale ha perso il suo sapore, e dunque viene gettato via. La sinistra diventata “di destra” ha permesso al mondo (all’Europa e all’Italia, in particolare) di diventare ancora più ingiusto, più diseguale, più sbagliato. E il silenzio della sinistra ha lasciato a chi aveva il monopolio della forza anche il monopolio della verità (per parafrasare Bobbio). Non solo abbiamo consentito di sfigurare il mondo, ma abbiamo anche smesso di dire quale faccia dovrebbe avere. Abbiamo smesso di credere che un mondo più giusto di questo sia possibile. Abbiamo smesso di provare e diffondere la letizia -sì, l’allegria- di chi lotta dalla parte giusta. Di chi sogna: non per evadere dalla realtà, ma per cambiarla con più forza. Come faceva Martin Luther King.
Abbiamo detto che bisognava essere realisti e che a questo mondo ingiusto no, non c’era alternativa. Abbiamo ripetuto per anni “There is no alternative”, il motto inventato dalla signora Thatcher. Un bel giorno, però, l’alternativa è arrivata ed è stata la peggiore possibile. Quella della destra xenofoba e razzista, e della sua egemonia culturale, cresciuta nel deserto di alternative al pensiero unico del dio-mercato. E oggi la rabbia dei poveri (di soldi e di conoscenza) viene messa a reddito dagli imprenditori della paura rimasti i soli a parlare con loro. E bisogna avere il coraggio di dire che il fronte contro la barbarie non è la soluzione, non è il rimedio. Perché quel fronte è proposto da (altri) barbari. Perché purtroppo le idee e le politiche della destra estrema sono, in larga parte, in continuità ideologica e pratica con quelle della lunga stagione del centrosinistra di governo. Il rimedio è un altro: per battere la destra ci vuole una sinistra.
Tomaso Montanari è storico dell’arte e saggista. Dal 2021 è rettore presso l’Università per stranieri di Siena. Ha vinto il Premio Giorgio Bassani di Italia Nostra
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