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Diritti / Opinioni

La scuola a ostacoli per i bambini e i ragazzi con disabilità

© Scott Webb, unsplash

La legge sull’integrazione scolastica del 1977 ha messo fine alle classi speciali e ha sancito il diritto per alunni e studenti con disabilità di seguire percorsi di formazione e istruzione in condizioni di parità con tutti gli altri. Ma le barriere architettoniche e la carenza di docenti specializzati rischiano di vanificare questo diritto

La Convenzione delle Nazioni Unite per i diritti delle persone con disabilità è un trattato internazionale finalizzato a combattere le discriminazioni e le violazioni dei diritti umani. Con la ratifica da parte del Parlamento italiano il 24 febbraio 2009 la Convenzione è diventata legge dello Stato. Il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità vuole far conoscere a un pubblico più ampio possibile principi cardine della Convenzione la cui finalità è quella di “promuovere, proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità”. Ecco il quinto di sei appuntamenti della rubrica sul sito di Altreconomia, curata a vario titolo da legali ed esperti in materia di diritto antidiscriminatorio. Il Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi è sostenuto da Fondazione Cariplo.


Il diritto all’istruzione rappresenta il tema su cui noi legali del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità siamo chiamati a intervenire più spesso: nel corso del 2022, ad esempio, circa il 15% dei casi che abbiamo trattato hanno riguardato la scuola. Siamo intervenuti per garantire l’assistenza igienica a un alunno che la necessitava e contro la decisione di un istituto di ridurre l’orario scolastico a un solo studente con disabilità. Per assicurare che venisse assicurato il monte ore di assistenza indicato nel Piano educativo individualizzato (Pei) e per garantire a tutti i bambini e bambine, ragazzi e ragazze con disabilità la partecipazione alle attività scolastiche ed extrascolastiche su base di uguaglianza con gli altri. Perché il diritto all’istruzione non si limita a lezioni frontali, interrogazioni e verifiche.

In questo senso può essere utile richiamare una vicenda di qualche anno fa. Nel corso dell’anno scolastico 2019-2020 un istituto della provincia di Varese aveva organizzato per i propri studenti un ciclo di sei lezioni di nuoto da effettuare presso la piscina comunale, ma aveva comunicato ai genitori di un ragazzo con disabilità di non avere personale adeguato ad assisterlo negli spogliatoi prima e dopo il corso. Per ovviare al problema, dunque, era stato proposto alla madre di accompagnare il figlio per aiutarlo a cambiarsi.

La donna ha rifiutato questa proposta e si è rivolta al nostro Centro Antidiscriminazione per chiedere quali fossero i suoi diritti: sulla base delle indicazioni ottenute si è rivolta a un legale di fiducia, che ha inviato una lettera alla prefettura, al Comune, alla scuola e all’ufficio scolastico territoriale competente denunciando la violazione subita dal figlio e ricordando che in nessun caso le competenze di educatori, insegnanti di sostegno o personale Ata possono essere delegare ai genitori. Grazie a questa azione (e al supporto di un’associazione di volontari) il ragazzo ha potuto partecipare alle lezioni di nuoto con tutta la sua classe.

All’articolo 24, la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità afferma il diritto all’istruzione “senza discriminazioni e su base di pari opportunità”. Per raggiungere questo obiettivo, gli Stati parti “garantiscono un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli e un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita, finalizzati al pieno sviluppo del potenziale umano, del senso di dignità e dell’autostima e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali e della diversità umana”.

Per concretizzare questo diritto, gli Stati devono assicurare che le persone con disabilità non siano escluse dal sistema di istruzione generale, che vi possano accedere su base di uguaglianza con gli altri e che venga fornito “un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno”. Al fine di agevolare la loro effettiva istruzione deve essere previsto il sostegno necessario e devono essere fornite “efficaci misure di sostegno personalizzato in ambienti che ottimizzino il progresso scolastico e la socializzazione, conformemente all’obiettivo della piena integrazione”.

Ma veniamo all’Italia. Nonostante la legge 517/1977 sull’integrazione scolastica abbia messo fine alle classi speciali e abbia sancito il diritto per i bambini e i ragazzi con disabilità di frequentare “la scuola per tutti”, le difficoltà ancora oggi non mancano. Spesso la scuola italiana non è infatti in grado di offrire quei servizi di cui bambini e ragazzi con disabilità hanno bisogno per poter frequentare le lezioni su base di uguaglianza con gli altri.

Ci troviamo, infatti, in una società in cui le barriere architettoniche, i regolamenti scolastici, la mancata organizzazione e la carente disponibilità di fondi, rappresentano scusanti (illegittime) per poter rifiutare a un bambino o a un ragazzo con disabilità una piena partecipazione alla vita scolastica, alle gite di classe o ai campi estivi. Sulla base di queste scusanti spesso viene assegnato un numero di ore di assistenza all’autonomia e alla comunicazione inferiore rispetto a quello previsto dal Pei indispensabile per garantire l’inclusione. Occorre ricordare che nessun problema di carattere gestionale, economico o politico può giustificare la mancata attivazione dei servizi necessari o il non riconoscimento di diritti fondamentali, come l’accesso allo studio. Come ribadito anche dalla Corte costituzionale “è la garanzia dei diritti incomprimibili a incidere sul bilancio e non l’equilibrio di questo a condizionare la doverosa erogazione”.

Ci sono poi una serie di difficoltà legate agli insegnanti di sostegno che, in molti casi, vengono assegnati ad anno scolastico già iniziato e con supplenze temporanee a causa della carenza di figure specializzate: basti pensare che nel 2022 oltre 70mila cattedre per il sostegno erano occupate da supplenti senza specializzazione. Capita anche che venga assegnato un insegnante di sostegno a più bambini o ragazzi con disabilità o un solo educatore di plesso, proprio perché in numero inferiore rispetto alle richieste ed esigenze effettive inoltrate dalle scuole. Abbiamo poi a che fare con studenti stranieri con disabilità, che sono spesso soggetti a molteplici forme di discriminazione proprio in virtù della loro doppia condizione di svantaggio, legata al background migratorio e alla loro disabilità.

Non mancano nemmeno le segnalazioni di insegnanti o educatori che portano gli alunni con disabilità fuori dalle classi: si tratta di comportamenti discriminatori, vietati dalla legge e che possono essere sanzionati ai sensi della legge 67/2006, che vieta ogni forma di discriminazione basata sulla disabilità.

Che cosa fare, dunque? Il punto di partenza è sempre il Pei, che rappresenta lo strumento essenziale a garanzia dell’effettività del diritto all’istruzione e all’inclusione scolastica degli alunni e delle alunne con disabilità. Qui vengono infatti indicate le risorse necessarie (dall’insegnante di sostegno all’assistente alla comunicazione e all’autonomia) di cui necessita l’alunno con disabilità e che devono essere assegnate sulla base delle caratteristiche e delle effettive esigenze dell’alunno e non sulla base delle ore “a disposizione”.

Una volta che nel Pei è stato indicato il numero di ore di sostegno e/o di assistenza educativa necessaria, le amministrazioni competenti non hanno alcuna discrezionalità e, pertanto, devono garantire le risorse così come stabilite nel documento. Il Piano educativo inoltre deve essere redatto di anno in anno sulla base delle effettive esigenze e dei bisogni dell’alunno e dell’alunna con disabilità, dal momento che il diritto all’istruzione e all’inclusione scolastica “non si presta ad essere cristallizzato in una formula unica ed immutabile, che sarebbe inevitabilmente destinata a divenire, nel tempo, non più rispondente allo stato evolutivo del minore” come ha sancito il Tribunale amministrativo regionale di Bolzano in una sentenza del 2023.

Giulia Bassi è una legale del Cento Antidiscriminazione Franco Bomprezzi di LEDHA-Lega per i diritti delle persone con disabilità. Offre assistenza legale con l’obiettivo di contrastare e ridurre le forme di discriminazione che, ancora oggi, rendono difficile la vita di tante persone e delle loro famiglie

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