Ambiente / Approfondimento
La salute di chi abita nei pressi dei più grandi aeroporti europei
Un’analisi della Federazione europea dei trasporti e dell’ambiente mostra come i carburanti utilizzati dagli aerei emettano non solo gas serra ma anche sostanze dannose per la salute. Con conseguenze da non sottovalutare per chi vive vicino agli aeroporti. Esistono contromisure, dallo stop all’espansione degli aeroporti all’uso di mezzi alternativi, fino ai carburanti sostenibili. Ma il settore è rimasto indietro
Una ricerca pubblicata a luglio 2024 dalla Federazione europea dei trasporti e dell’ambiente (Transport and Environment, T&E) mette in relazione l’inquinamento da traffico aereo e la salute degli abitanti che vivono nei pressi degli aeroporti.
Secondo lo studio in tutta Europa vi sarebbero un totale di 280mila casi di ipertensione, 330mila casi di diabete e 18mila casi di demenza tra le 51,5 milioni di persone che vivono intorno ai 32 aeroporti più trafficati del continente e che possono essere collegati alle emissioni di particolato dovute proprio al traffico aereo.
In particolare in Italia sono 1,6 milioni le persone che risiedono nei pressi dei due maggiori scali italiani, Malpensa e Fiumicino, cui possono esser associati oltre settemila casi di ipertensione e altrettanti di diabete e più di 200 casi di demenza.
“Vivere vicino a un aeroporto può farti ammalare? La risposta, in modo preoccupante, è ‘sì’ -ha dichiarato Francesco Romizi dei Medici per l’ambiente di Isde Italia-. Gli aerei, tra i vari inquinanti che emettono, rilasciano anche minuscole particelle che sono associate a malattie polmonari e cardiovascolari. Questa crisi sanitaria, che tocca milioni di cittadini in Italia e in Europa, è stata ignorata dai politici, che privilegiano la crescita del settore aereo e dei viaggi d’affari senza valutare le esternalità negative e le ricadute che ha sulla salute delle persone che vivono intorno agli aeroporti, spesso le più povere, e sui servizi sanitari nazionali. Alla luce di queste novità, chiediamo al governo italiano maggiore responsabilità nell’affrontare questo problema”.
Il traffico aereo, oltre a essere uno dei principali responsabili del cambiamento climatico contribuendo a circa il 7% delle emissioni di gas serra (di origine umana) a livello globale, produce anche altre sostanze dannose per la salute. Gli aerei infatti rilasciano, oltre all’anidride carbonica, anche ossidi di azoto (NOx) e particolato, che nonostante il loro limitato effetto serra possono avere gravi conseguenze sulla salute.
Al centro della ricerca vi sono le cosiddette particelle ultrafini (Ufp) con un diametro inferiore ai 100 nanometri (miliardesimi di metro), mille volte più piccole di un capello umano. “Manca una regolamentazione sulla concentrazione di Ufp -denuncia T&E-. Le particelle ultrafini sono particolarmente preoccupanti poiché penetrano profondamente nel corpo umano e sono state trovate nel sangue, nel cervello e nella placenta. E nonostante già da 15 anni l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) avverta della crescente preoccupazione per questo inquinante, non esistono regolamentazioni sulle soglie di concentrazione di Ufp nell’aria”. Questi inquinanti vengono emessi soprattutto durante le fasi di decollo e di atterraggio, esponendo le persone che abitano vicino agli aeroporti a elevate concentrazioni di queste particelle maggiori e che potrebbero essere pericolose per la salute.
“Per colmare la mancanza di informazioni sulle Ufp, questo rapporto fornisce una prima stima dell’impatto sulla salute delle emissioni di queste sostanze dovute al trasporto aereo in Europa -dichiara T&E-. Il rapporto utilizza i livelli di concentrazione di questo particolato intorno all’aeroporto di Amsterdam Schiphol e gli effetti sulla salute associati in quell’area rilevati dall’Istituto nazionale per la salute pubblica e l’ambiente dei Paesi Bassi (Rivm), e li estrapola applicandoli alla popolazione che vive entro 20 chilometri dai 32 aeroporti più trafficati d’Europa (classificati in base all’attività di volo nel 2019)”.
Il Rivm ha analizzato la presenza di Ufp intorno allo scalo olandese, il più grande aeroporto del Paese che ha prodotto nel corso del 2019 dieci milioni di tonnellate di CO2 ed emesso una quantità di ossidi di azoto e di particolato pari a quella di 880mila automobili, e stabilito una correlazione tra le elevate concentrazioni rilevate e il traffico aereo. Lo studio ha poi riscontrato forti associazioni tra l’esposizione a lungo termine agli Ufp e i casi di diabete, nonché l’uso di farmaci per l’ipertensione e la demenza.
È stata inoltre rilevata una possibile associazione tra parti prematuri e di peso inferiore per l’età gestazionale, con la mortalità dovuta all’Alzheimer e una probabile relazione con le anomalie congenite. Mentre l’esposizione a breve termine alle Ufp potrebbe peggiorare i problemi respiratori esistenti e aumentare l’uso di farmaci per l’asma.
T&E ha poi utilizzato i risultati di questo studio per costruire una stima delle persone a rischio intorno ai 32 maggiori aeroporti europei. In totale sono 52 milioni le persone che, vivendo in un raggio di 20 chilometri da uno di questi scali, sono esposte in modo significativo a questi inquinanti. Particolarmente critica è la situazione dei 3,9 milioni di persone che risiedono entro i cinque chilometri, dove la concentrazione di Ufp è molto maggiore.
Tuttavia esisterebbero soluzioni pratiche ed economiche per ridurre drasticamente questa forma di inquinamento. La quantità di Ufp prodotti è strettamente legata alla composizione dei carburanti. È possibile quindi abbattere la concentrazione delle componenti più dannose (come zolfo e composti aromatici) grazie all’idrotrattamento, un processo già impiegato da decenni per i ridurre il tenore di zolfo nei carburanti di auto e navi. E che verrebbe a costare meno di cinque centesi di euro per litro di carburante.
Ma gli standard per carburanti dell’aviazione non sono mai stati migliorati, nonostante siano strumenti fondamentali per ridurre significativamente l’inquinamento atmosferico nelle vicinanze degli aeroporti. Altre soluzioni proposte da T&E, che vengono anche incontro alla necessità di decarbonizzare il settore, comprendono il limitare l’espansione degli aeroporti europei, favorire mezzi di trasporto alternativi all’aereo (come il treno), ridurre gli spostamenti aerei non necessari in particolare per quanto riguarda i viaggi di lavoro e l’utilizzo di carburanti sostenibili. Questi ultimi, realizzati a partire da idrogeno verde e quindi a emissioni nette nulle, al momento sono utilizzati solo dallo 0,2% del settore.
“Non capita spesso che un problema allarmante che colpisce milioni di persone possa essere mitigato e anche a un costo ragionevole. I fumi nocivi causati dagli aerei possono essere drasticamente ridotti migliorando la qualità del carburante. I settori del trasporto stradale e marittimo hanno dimostrato che è possibile, effettuando questo passaggio già anni fa. Il mondo dell’aviazione invece è rimasto indietro e deve colmare rapidamente questo divario -ha dichiarato Carlo Tritto, policy officer per Transport & Environment Italia-. L’aviazione si vanta di tecnologie all’avanguardia e aerei cosiddetti ‘efficienti’, eppure continua a utilizzare carburanti che hanno un impatto devastante sulla salute di milioni di europei”.
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