Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti / Intervista

La riforma giudiziaria in Israele e l’effetto boomerang dell’occupazione della Palestina

© Jonny Gios - Unsplash

Tra chi protesta contro la proposta del Governo Netanyahu -che rafforza un esecutivo già egemone- c’è anche Breaking the silence, organizzazione composta da veterani dell’esercito israeliano che hanno deciso di esporsi e denunciare l’occupazione della Palestina. “Sapevamo che sarebbe successo”, spiega il portavoce Ori Givati

Da gennaio, in Israele si susseguono proteste di massa contro la riforma del sistema giudiziario proposta dal governo di estrema destra guidato da Benjamin Netanyahu. La riforma prevede un drastico ridimensionamento delle competenze e del potere della Corte Suprema, che limiterebbe in particolare la facoltà della Corte di revisionare e contrastare le decisioni governative, ed è già stata parzialmente approvata dal Parlamento lo scorso 24 luglio. Mentre il Paese è scosso da manifestazioni di portata storica, Israele intensifica l’occupazione militare della Palestina, aumentando gli insediamenti illegali in Cisgiordania e le violenze contro i palestinesi. Per un numero crescente di ricercatori e attivisti israeliani i due fatti sarebbero collegati, e la ragione principale per cui il governo vorrebbe attuare la riforma del sistema giudiziario sarebbe proprio quella di inasprire l’occupazione militare dei territori palestinesi. Ne abbiamo parlato con Ori Givati, portavoce di Breaking the silence, organizzazione composta da veterani dell’esercito israeliano che, dopo aver prestato servizio nei territori occupati, hanno deciso di esporsi e denunciare l’occupazione della Palestina.

Givati, che cosa sta succedendo in Israele?
OG Da quando è stato eletto a novembre, il nuovo governo ha cercato di introdurre una serie di misure legislative che fondamentalmente distruggerebbero l’indipendenza della Corte Suprema. Gran parte del Paese e della società israeliana è contraria a questa riforma giudiziaria, inclusa Breaking the silence, perché questo insieme di politiche porta dritti verso una leadership autoritaria che eliminerebbe ogni contrappeso al potere del governo. Governo che è già molto potente e che a parte la magistratura non ha quasi nessun controllo e limitazione. Centinaia di migliaia di persone protestano da più di sei mesi ormai, e in molti stanno addirittura considerando l’idea di lasciare il Paese. Nel frattempo, l’esecutivo sta portando avanti con forza l’espansione nel territorio palestinese, approvando migliaia di nuovi insediamenti e svolgendo molte operazioni violente nei territori occupati. 

Qual è il collegamento tra la riforma istituzionale e l’occupazione della Palestina?
OG
Gli stessi politici che sostengono la “riforma” sono quelli che promuovono queste politiche di espansione e violenza, e che ambiscono all’annessione totale dei territori occupati senza pari diritti per i palestinesi: questo è un primo elemento per capire che la riforma giudiziaria è direttamente collegata all’occupazione. Per portare avanti il tipo di politiche che vuole attuare nei territori occupati, il governo ha bisogno di far passare il testo e prendere il controllo della Corte Suprema. Questo perché quello che il governo vuole fare adesso è annettere il territorio palestinese e renderlo ufficialmente parte di Israele senza rendere i palestinesi cittadini con pieni diritti, e capisce che la Corte Suprema rappresenterebbe un ostacolo nel perseguire questo obiettivo. 

A luglio, il ministro della giustizia Yariv Levin ha tenuto un discorso al Parlamento in difesa della riforma: gli argomenti e gli esempi portati dal ministro erano tutti legati all’occupazione e alla repressione di attivisti israeliani contrari all’occupazione, evidenziando come al centro della riforma ci sia la volontà di rafforzare il controllo di Israele sui territori palestinesi e di reprimere il dissenso. È la teoria che l’intellettuale francese Aimé Césaire, parlando di imperialismo e colonialismo, definiva “effetto boomerang”: le politiche repressive che le potenze coloniali attuano nei territori colonizzati finiscono per essere implementate anche in casa. Quale sarebbe dunque l’effetto della riforma giudiziaria per i cittadini di Israele?
OG Un altro obiettivo della riforma è mettere a tacere le critiche all’interno di Israele e l’opposizione al governo, e perseguire le organizzazioni per i diritti umani palestinesi e israeliane. Questo fenomeno ha già colpito i cittadini israeliani, ma ora lo stiamo vedendo sempre di più: nella violenza della polizia durante le proteste, nel tentativo di mettere a tacere organizzazioni israeliane per la difesa dei diritti umani, nelle tecnologie di sorveglianza utilizzate nei territori occupati ma anche, con metodi meno invasivi, in Israele. Stiamo già assistendo alla soppressione dei diritti dei cittadini israeliani, e dopotutto non possiamo aspettarci che un certo tipo di oppressione e di controllo rimanga solo da un lato della linea verde. È lo sviluppo naturale, la riforma giudiziaria non arriva dal nulla, sono più di 56 anni che occupiamo con la violenza i palestinesi. Questo è esattamente ciò che accade quando si occupano milioni di persone per decenni: c’è un’erosione dei valori democratici più basilari, dell’uguaglianza, dei diritti umani, dei diritti civili. Noi di Breaking the silence, e tutti coloro che hanno visto ciò che sta accadendo nei territori occupati da decenni, sapevamo che sarebbe successo. Adesso stiamo assistendo a un enorme peggioramento e vediamo che i coloni che un tempo erano considerati i più violenti ed estremi, con cui nessuno voleva essere associato, ora sono in posizioni di potere, come Ben Gvir, ministro della Sicurezza nazionale, responsabile della polizia, e Bezalel Smotrich, il ministro delle Finanze. 

In passato le operazioni militari in Palestina venivano usate come strategia per unire il Paese e distrarre gli israeliani dalla politica interna. Il governo sta ancora cercando di utilizzare questa strategia?
OG
Credo che in questo momento sia vero l’opposto: il governo sta usando la riforma del sistema giudiziario come strumento per distogliere l’attenzione da ciò che sta accadendo nei Territori occupati. Ogni giorno degli ultimi mesi in cui c’è stata una manifestazione contro la riforma, abbiamo anche fatto qualcosa di terribile nei territori occupati. Israele sa che tutti, la comunità internazionale e la società israeliana, sono troppo concentrati sulla revisione giudiziaria per guardare all’occupazione. Sono d’accordo che in passato la tempistica di alcune operazioni nei territori occupati è discutibile e collegabile ad avvenimenti legati alla politica interna, ma in realtà ora è il contrario. È la politica interna che viene usata per nascondere l’occupazione. 

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati