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La resistenza del “Presidio 9 Agosto” a Brescia. Il Comune vuole rimuoverlo per “decoro”

Una manifestazione di fronte al Presidio 9 Agosto nel cuore della città di Brescia

Da oltre 500 giorni cittadini e comitati presidiano in piazza Duomo la sede della prefettura, contestando pacificamente il progetto di un maxi depuratore ai danni del fiume Chiese. L’amministrazione comunale gli ha intimato di andarsene prendendo a pretesto gli eventi legati alla capitale della cultura 2023

Cinquecentoquarantasei giorni dopo l’inizio del “Presidio 9 Agosto” a Brescia l’amministrazione comunale ha intimato ai manifestanti di terminare la presenza costante sotto la prefettura, in piazza Duomo. “La rimozione del presidio, e il ripristino dei luoghi allo stato precedente l’inizio dell’occupazione, dovrà avvenire entro il 26 febbraio 2023”, recita la risposta del Comune alla comunicazione di proroga dell’occupazione del suolo pubblico.

Il presidio, nato nel 2021 come convergenza dei tanti comitati di cittadine e cittadini che contestavano, e contestano ancora oggi, l’idea di costruire i depuratori del Lago di Garda a Montichiari, si è trasformato non solo in un punto di pressione e di permanente scontro con il prefetto di Brescia, nonché commissario speciale del governo, ma anche in uno spazio di democrazia e dibattito. Grazie al “9 Agosto”, infatti, diversi parlamentari si sono impegnati nella richiesta di togliere al prefetto il ruolo di commissario.

Raffaella Giubellini, del comitato Basta Veleni, ricorda come siano “moltissime le persone che passano quotidianamente per un saluto, per informarsi su come procede la nostra lotta e per esortarci a resistere. Spesso arrivano donazioni per il sostentamento delle spese, o generi di conforto per allietare i presidianti durante i turni. Il ‘9 agosto’ è diventato un punto di riferimento della vita culturale della città, uno spazio aperto di confronto e crescita dove hanno trovato spazio tante voci anche dell’associazionismo locale come i Fridays For Future, Restiamo Umani, Pianeta Viola, Collettivo Octopus, Ultima Generazione. Con la nostra presenza la piazza ha ripreso vita ritrovando il suo antico ruolo di agorà. Sono convinta che quando questa straordinaria esperienza si concluderà, molte persone sentiranno la mancanza di quel gazebo ormai divenuto simbolo di resistenza al degrado, alla rassegnazione e all’appiattimento culturale”.

Nell’agosto del 2021 Emilio Del Bono, sindaco di Brescia, si scontrò con gli occupanti della piazza intimando, nel nome del decoro urbano, di abbandonare l’iniziativa. Nè nacque un dibattito pubblico dove il Comune sosteneva che la presenza costante di persone e striscioni in piazza ledeva l’immagine della città. L’ossessione del decoro è tornata, pur se in maniera indiretta, nella comunicazione di sgombero arrivata il 6 febbraio. L’essere “capitale della cultura 2023″, insieme a Bergamo, renderebbe per l’amministrazione sconveniente la presenza di uno spazio politico e di protesta in una delle principali piazze della città. Nella lettera si legge che la possibile realizzazione di ”iniziative culturali destinate alla promozione della città quale ‘Città d’arte e di cultura’ che comportano uno straordinario incremento dei flussi turistici nazionali e internazionali, rappresentando pertanto un appuntamento determinante per lo sviluppo del turismo, dell’immagine, del valore culturale e artistico della città e dell’economica cittadina” e che quindi “gli aspetti di promozione, qualità e salvaguardia degli ambienti urbani nella loro interezza e integrale configurazione storica e monumentale rappresentano un elemento fondamentale per la realizzazione degli obiettivi” renderebbero il presidio inopportuno.

“In relazione agli importanti eventi che caratterizzeranno il 2023 -continua la comunicazione del Comune- lo spazio attualmente occupato dal presidio potrebbe essere utilizzato per iniziative di valore culturale all’interno del palinsesto di Brescia capitale italiana della cultura”. È come se per il Comune il dibattito pubblico e le forme pacifiche di protesta inficiassero il progetto di turistificazione della città. L’attivismo civico si dovrebbe dunque svolgere in “altri luoghi che possono ospitare significativamente tale forma di ‘protesta e informazione’, dato atto che dopo più di un anno di occupazione del medesimo luogo sono valutabili sedi alternative praticabili”. Ma il presidio, come ricorda Sergio Aurora del Comitato Refendario Acqua Pubblica, “è collocato in un angolo della piazza di tre metri per otto, dove prima vi erano delle rastrelliere per il parcheggio di biciclette e, quindi, mai utilizzato per alcun evento. Da notare che la piazza vede da molto tempo la presenza di ampi plateatici a servizio dei bar e ristoranti presenti”. Aurora aggiunge che “appare poi alquanto grave la premessa del provvedimento, laddove afferma che ‘Il diritto costituzionale di manifestare e divulgare informazioni è stato ampiamente garantito con l’occupazione concessa per ben 406 giorni’, quasi che i diritti costituzionalmente garantiti dagli articoli 17 e 21 fossero a tempo o a scadenza”.

Per Alessandro Scattolo del comitato Ambiente Territorio “la minaccia di sgombero non scalfisce la nostra forza. Tutti ci riconoscono una determinazione straordinaria, una capacità inaudita di resistenza, che per quanto ne sappiamo ha fatto del presidio la manifestazione più lunga della storia nel nostro Paese in una pubblica piazza. Fin da subito il ‘9 Agosto’ si è trasformato in qualcosa di più che un semplice presidio: è diventato una agorà permanente, uno spazio di democrazia e di dibattito nel cuore della città, costruendo una comunità coesa e resistente. Questa è la ricchezza politica che già disponiamo grazie all’esperienza del presidio in piazza Duomo e i rapporti che abbiamo costruito tra attivisti e comitati sono uno degli importantissimi risultati che abbiamo saputo raggiungere”.

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