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Ambiente / Attualità

Le proteste contro il commissariamento del nuovo depuratore per il Garda

A giugno il Governo ha affidato gestione e poteri al prefetto di Brescia, senza concepire alternative a una nuova “grande opera” dai notevoli impatti o tener conto dell’infrastruttura esistente. “Un errore scavalcare i territori, si tratta del bacino idrico più importante d’Italia”, denuncia il Comitato acqua pubblica di Brescia

“Il Lago di Garda è il bacino idrico più importante d’Italia, è un luogo turistico, contiene al suo interno la stessa quantità d’acqua utilizzata in un anno dagli italiani. Ci saremmo aspettati che per la costruzione di un’infrastruttura che lo riguarda così da vicino si aprisse a un concorso di idee internazionale, senza l’imposizione di paletti. Invece la scelta sarà politica, non tecnica”. Mariano Mazzacani, presidente del Comitato acqua pubblica di Brescia, commenta così la vicenda relativa alla progettazione di un nuovo depuratore per il Garda lombardo. È amareggiato, e come lui lo sono tutte le realtà che stanno seguendo quanto sta accadendo e si stanno battendo perché si arrivi alla soluzione migliore, per l’ambiente così come per i cittadini: lo stesso comitato, il Tavolo basta veleni e le circa sessanta tra associazioni e comitati attivi su tutta la provincia.

A metà giugno di quest’anno, infatti, il Consiglio dei ministri ha deciso di commissariare l’opera, affidando la gestione del relativo progetto al prefetto di Brescia Attilio Visconti, che entro fine luglio avrà quindi il compito di scegliere il progetto migliore. La misura è stata duramente avversata dalle realtà locali, che hanno visto una volontà del governo di arrivare ad una soluzione rapida senza tenere conto del lavoro svolto sul territorio in questi anni. “La politica, i comitati e gli enti preposti si erano incontrati numerose volte, arrivando a risultati frutto di mediazione: il commissariamento invece scavalca tutto” protesta Mazzacani.

La volontà di un nuovo depuratore è nata 14 anni fa, quando sono state sollevate alcune pesanti criticità relative alla sublacuale, cioè la condotta che trasporta i reflui fognari dalla sponda lombarda a quella veneta del lago, in modo che poi questi arrivino al depuratore di Peschiera del Garda, in provincia di Verona, e vengano trattati. Sembrava che la struttura subacquea risalente agli anni Ottanta fosse colpita da una forte erosione e che fosse necessario agire in fretta, per evitare un danno ambientale. In seguito, l’allarme si è rivelato infondato e il vecchio impianto si è dimostrato adatto ad essere ancora utilizzato, ma il progetto di sostituirlo è rimasto e negli anni seguenti sono stati quindi presentati una serie di piani. Tutti questi sono accomunati dal fatto di non prevedere il passaggio alla sponda veronese: da subito è stata infatti esclusa la possibilità di continuare a indirizzare i reflui verso Peschiera del Garda, sulla base di un accordo stipulato dalle Regioni Veneto e Lombardia, ed è stata scartata quindi la possibilità di sostituire semplicemente le vecchie tubature. “Posare un’altra sublacuale accanto a quella esistente sarebbe stata l’ipotesi più semplice e veloce -spiega Mazzacani- e avrebbe comportato costi moderati, attorno ai 15 milioni di euro. Ma l’ipotesi non è mai stata davvero presa in considerazione, per ragioni politiche”. Si è optato invece per un nuovo sistema di depurazione, collocato nella provincia di Brescia: prima viene avanzata l’ipotesi di un unico depuratore a Visano, in seguito si propone Muscoline ed infine si pensa invece ad un impianto diviso tra Gavardo e Montichiari. L’idea di una struttura sdoppiata, che andrebbe a costare circa 220 milioni tra la costruzione del depuratore e i lavori sul collettore, sembra essere l’opzione favorita e le associazioni sono convinte che il commissario abbia già deciso di puntare su questa. 

Un presidio di protesta dei comitati cittadini – © Mariano Mazzacani

Nonostante la decisione di insistere sulla costruzione dell’infrastruttura, i comitati ambientalisti locali fanno notare come non manchino in realtà i problemi legati all’opera. La prima criticità riguarda la posizione dei nuovi depuratori: pur venendo utilizzati per smaltire i reflui prodotti dai Comuni che si affacciano sul Garda, questi verrebbero infatti costruiti lontano dalle sponde del lago. La decisione comporterebbe, tra l’altro, la necessità di superare le colline moreniche che sorgono a poca distanza dal bacino per arrivare all’impianto di Gavardo, allungando notevolmente la lunghezza delle condotte e costringendo a pompare i reflui in modo da superare un dislivello di 120 metri. “I costi sarebbero molto alti, sia dal punto di vista energetico sia da quello finanziario -osserva il presidente del Comitato-, inoltre si allungherebbero i tempi e si renderebbe più impegnativa la successiva manutenzione”. A questo si aggiunge il fatto che la costruzione comporterebbe un consumo di suolo, continua Mazzacani: “Per la struttura di Gavardo si parla di otto ettari di terra vergine, quando era possibile utilizzare aree già depresse e cementificate presenti nella zona, come ad esempio ex cave o siti industriali”.

La scelta di spostarsi dal lago è dettata dalla volontà di non scaricare all’interno del Garda le acque trattate, ma di immetterle invece nel fiume Chiese. Anche questa decisione è criticata con forza dalla rete di comitati, a causa della situazione di fragilità del corso d’acqua: questo è infatti ormai ridotto a un regime torrentizio a causa dei numerosi impianti idroelettrici e dell’utilizzo agricolo delle sue acque. L’equilibrio risulterebbe particolarmente fragile durante l’estate, quando la presenza di acqua nel fiume è al minimo mentre i reflui farebbero registrare la loro portata massima, a causa della presenza turistica. Mazzacani sottolinea come non esista una vera necessità di evitare lo scarico nel lago di Garda: “I depuratori sul lago esistono già sulla sponda trentina e su quella veneta, le norme lo consentono e la tecnologia attuale permette di immettere acqua di certo non più sporca di quella che già c’è. Addirittura nel lago di Costanza un intervento di questo tipo, con la realizzazione di piccoli depuratori, ha migliorato la qualità delle acque”.

Nonostante le perplessità, la vicenda del depuratore sembra segnata. Le realtà locali non si danno però per vinte: alcune manifestazioni di protesta e una raccolta firme mantengono alta l’attenzione dei cittadini. Inoltre verrà inviata una lettera al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani e al presidente del Consiglio Mario Draghi. L’obiettivo è di fermare quella che viene percepita come una soluzione sbagliata.

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