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La Regione Lombardia non ha un programma per il trattamento della demenza

Nella Regione vive il maggior numero di anziani ma l’ente non ha mai adottato il Piano nazionale demenze del 2015. Gli interventi nell’ambito delle demenze neurodegenerative sono in larga parte delegati a Rsa o società civile. Il nodo del Fondo demenze approvato ad aprile

Nell’estate del 2019 Nadia scopre che suo padre è malato di Alzheimer. Pubblica un post sul gruppo Facebook del quartiere Loreto a Milano per trovare persone che condividano la sua situazione. Il primo a risponderle è Marco, giornalista e autore di un blog in cui racconta, in modo ironico, la convivenza con la demenza di sua madre. Seguono altre persone e si forma così un piccolo gruppo che decide di fondare l’associazione “Gli smemorati di via Padova” qualche mese dopo. Il nome viene dalla strada in cui ha sede l’orto, gestito da Legambiente, dove hanno informalmente svolto le prime attività. Con l’arrivo dell’inverno gli incontri si spostano in una saletta di un locale in via Martiri Oscuri.

“Siamo in un bar -spiega Marco- perché vogliamo riportare la persona con demenza al centro del quartiere. Dopo la diagnosi le famiglie di solito si isolano perché non vogliono far vedere come sta diventando la persona malata. Il nostro obiettivo è cancellare questo stigma”. Paura e smarrimento sono, secondo Nadia e Marco, le parole che descrivono meglio lo stato delle persone che fanno i conti con questa malattia neurodegenerativa, la cui forma più diffusa (fra le oltre cento riconosciute) è l’Alzheimer. Il segnale d’esordio di questa condizione è la perdita della memoria a breve termine, a cui segue l’incapacità di capire le parole o la funzione degli oggetti, fino a smettere di riconoscere i volti delle persone, incluso il proprio.

In Regione Lombardia non esiste un programma politico specifico per il trattamento della demenza. La Regione non ha mai adottato il Piano nazionale demenze (Pnd) con cui nel 2015 il ministero della Salute ha definito le misure prioritarie per il miglioramento degli interventi in quest’ambito. Il Piano identifica nei Centri per i disturbi cognitivi e le demenze (Cdcd) gli enti specializzati nella diagnosi e nel trattamento della malattia, mentre riserva al medico di base una funzione di raccordo. L’esperienza di Marco in tal senso è negativa: “Una volta il medico mi ha detto che se mia madre fosse diventata aggressiva avrei dovuto chiamare i vigili e farla ammanettare, per farle capire. Ma mia madre non può capire. Ho provato a rivolgermi alla neurologa, ma ha respinto le mie richieste di informazioni dicendo che non è un centralino”. Nessuna forma di demenza ha ancora una cura, tuttavia il processo degenerativo può essere rallentato da alcuni farmaci, dalla stimolazione motoria o creativa della persona in un’ottica di “gestione integrata” della malattia alla base dello stesso Pnd.

Il Comune di Milano nel 2013 ha creato la Rete Alzheimer al fine di coordinare e finanziare alcune iniziative di supporto: la linea telefonica per l’anziano e l’Alzheimer, i centri di psicologia e una serie di interventi psico-sociali. Nel Municipio due, quello in cui vivono Nadia e Marco, lo sportello psicologico è attivo una volta alla settimana presso la Residenza sanitaria assistenziale (Rsa) Pindaro. Nella stessa struttura la Onlus Piccolo principe organizza due volte al mese incontri di musicoterapia, arte, danza, pet therapy o psicomotricità. Nella Rsa è presente anche un Centro diurno integrato (Cdi), un servizio che permette alla persona con demenza di ricevere assistenza socio-sanitaria senza essere ricoverata, anche quando la malattia è in fase avanzata. Nella città di Milano i Cdi convenzionati sono 18: l’80% si trova in una Rsa e solo uno è a gestione pubblica diretta. Per fare domanda bisogna rivolgersi al proprio Municipio e la lista d’attesa può essere lunga anche due anni, mentre in regime privato la tariffa giornaliera è di circa 40 euro. In alternativa le famiglie possono usufruire dal 2018 del servizio di “Rsa aperta” che mette a disposizione prestazioni personalizzate di assistenza domiciliare. La domanda in questo caso può essere presentata direttamente a una delle 15 Rsa, concentrate nella zona ovest di Milano, convenzionate dalla Regione Lombardia.

Il ruolo preponderante delle Rsa nella cura delle persone con demenza è ancora più evidente fuori dal capoluogo lombardo. Secondo i dati delle Aziende socio-sanitarie territoriali (Asst) l’incidenza più alta della malattia si registra nella Bassa mantovana. Qui, nella zona a vocazione agricola del Destra Secchia, tutte le attività socio-sanitarie dipendono dalla fondazione Scarpari Forattini, proprietaria di una Rsa a Schivenoglia (MN). Fino al 2013 questa struttura animava la rete Alzheimer locale organizzando attività di informazione e di supporto alle famiglie. Quando la rete si è sciolta queste ultime hanno dato vita all’associazione “Non ti scordar di me” per continuare a offrire non solo un punto di ascolto, ma anche alcuni servizi sanitari grazie alla convenzione con la Rsa. Nel Destra Secchia, del resto, non c’è più personale medico specializzato nel trattamento della demenza da quando il neurologo dell’ospedale locale è andato in pensione nel 2018. Il suo sostituto garantisce al massimo una presenza al mese e dall’inizio della pandemia non ha più ripreso le visite. Il Centro per i disturbi cognitivi e le demenze di Mantova non riesce ad assorbire la domanda proveniente dalla zona, così la maggior parte delle persone si reca a Mirandola, in Emilia Romagna, o a Legnano, nel Veneto, entrambe lontane qualche decina di chilometri. Le due Regioni rappresentano un’eccellenza nell’ambito del trattamento della demenza perché sono le uniche in Italia ad aver adottato un Piano diagnostico terapeutico assistenziale: un documento di sanità pubblica che stabilisce, con opportuni investimenti pubblici, chi fa cosa lungo l’intero decorso della malattia.

In Lombardia, invece, le misure esistenti si rivolgono indifferentemente a tutta la popolazione di età superiore ai 65 anni. Nella Regione vive il maggior numero di anziani (17%) in Italia e l’insorgenza della demenza è di conseguenza più probabile, visto che l’invecchiamento è il principale fattore di rischio. Per questo motivo la Regione riceverà la quota più cospicua del Fondo demenze (il primo stanziamento economico a sostegno di alcuni obiettivi del Pnd pubblicato in Gazzetta ufficiale lo scorso aprile dopo quasi due anni di negoziati e pressioni da parte del Terzo settore): oltre 1,6 milioni di euro tra il 2022 e il 2024. Contattato da Altreconomia Alessandro Amorosi, attuale referente regionale nell’ambito delle demenze, ha riferito che sarà la Direzione generale Welfare a gestire queste nuove risorse ma non è stato in grado di riferire quali siano i piani della Regione per l’utilizzo di questi fondi. “Le istituzioni locali mi hanno detto di avere fiducia, perché il Fondo demenze sta per arrivare -conclude Lamberto Borghi, presidente dell’associazione Non ti scordar di me-. Ma io non voglio soldi per organizzare convegni. Voglio un progetto, voglio che le persone con demenza e le loro famiglie smettano di andare a tentoni e si sentano finalmente prese in carico”.

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