Diritti / Opinioni
La partita della vergogna
Rajoy e Monti, con gesto cinico e vile, saranno a Kiev per la finale degli Europei, incuranti delle denunce riguardanti il regime autoritario ucraino. L’imprigionamento dell’ex premier Julia Timoshenko e la strage dei cani randagi avevano fatto ipotizzare prima il boicottaggio del torneo poi almeno al diserzione dei leader politici dal match finale. Ma la politica-marketing ha avuto la meglio
Dunque Mariano Rajoy e Mario Monti saranno domenica 1 luglio allo stadio di Kiev per assistere a Spagna-Italia, finale dei campionati europei di calcio. Entrambi sperano di lucrare qualcosa, in termini di consenso in patria, dall’eventuale vittoria della propria nazionale. La politica come marketing tiene ancora banco, altro che sobrietà. Con tanti saluti ai diritti umani, alle libertà civili, all’Europa come presidio dei valori democratici.
I due premier saranno in tribuna, indifferenti alle denunce riguardanti il regime ucraino e l’uso che ha fatto degli Europei di calcio per consolidarsi in patria e legittimarsi all’estero. A niente sono servite le denunce delle organizzazioni di tutela dei diritti umani e dei gruppi animalisti, che da mesi ricordano due casi eclatanti, diversi fra loro ma frutto della stessa logica autoritaria e opportunista: l’imprigionamento dell’ex premier Julia Timoshenko, con accuse assai dubbie di malagestione economica, e il massacro dei cani randagi di Kiev e delle altre città scelte per le partite, "ripulite" con un autentico sterminio (si parla di ventimila cani uccisi) in modo da presentarsi abbellite e scintillanti agli occhi delle squadre e dei cronisti venuti dal resto d’Europa.
Victor Yanukovich, l’uomo forte di Kiev, ha giocato la carta del calcio rischiando qualcosa. La vetrina europea poteva rivelarsi un boomerang, se le cancellerie occidentali avessero ascoltato le proteste dei gruppi umanitari e animalisti o avessero prestato seria attenzione allo sciopero della fame attuato in carcere da Timoshenko, oltretutto colpita da un serio male a un’anca e trasferita, non già in una clinica tedesca come richiesto dalla famiglia, ma in un braccio di ospedale-carcere appositamente aperto.
Per qualche tempo, nei mesi scorsi, si è parlato di un possibile boicottaggio degli Europei da parte di qualche équipe (ipotesi in realtà mai presa in considerazione da nessuno): per Yanukovich sarebbe stata una catastrofe. Si è poi ripiegato su una forma di pressione (e di presa di distanza) ben più modesta, ossia la diserzione dalla partita finale da parte dei leader politici europei. Per Yanukovich sarebbe stato comunque uno smacco, tant’è che si è mosso per tempo invitando qualche leader amico, giusto per non trovarsi solo allo stadio: in testa il bielorusso Lukashenko, a capo del regime forse più autoritario d’Europa.
Ma Rajoy e Monti hanno scelto di esserci, con gesto cinico e vile, probabilmente sospinti dall’indifferenza mostrata dai media e dall’opinione pubblica europea per le denunce riguardanti il regime ucraino. La prigione di Timoshenko dista pochi chilometri da uno degli stati utilizzati pe rle partite, ma la cosa non ha turbato nessuno, un po’ come avvenne nel 1978 con i Mondiali nell’Argentina dei desaparecidos. Anche le strade di Kiev insolitamente senza cani randagi non hanno suscitato disagi nei "liberi" giornalisti europei.
Sono stati gli Europei della rassegnazione e dell’indifferenza e va dato atto che solo gli animalisti li hanno denunciati con fermezza e perserveranza, definendoli gli "Europei della vergogna": anche durante la finale ci saranno presidi animalisti di protesta in varie città.
Possiamo ben dire che domenica primo luglio si gioca una partita della vergogna.