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L’italica teatralità del decreto flussi

Il 4 giugno 2024 con un videomessaggio la premier Giorgia Meloni ha puntato il dito contro la criminalità organizzata per il malfunzionamento dei flussi migratori regolari © Youtube, Presidenza del Consiglio dei ministri

La legge costringe chi vuole entrare in Italia per lavoro a illegalità, artifizi e finzioni, esponendolo a gravi forme di sfruttamento. Un problema strutturale. La rubrica di Gianfranco Schiavone

Tratto da Altreconomia 273 — Settembre 2024

In base alla normativa vigente il governo “predispone ogni tre anni, salva la necessità di un termine più breve, il documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato” (articolo 3 comma 1 del Testo unico sull’immigrazione). Sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, con decreto del presidente del Consiglio (attualmente il Dpcm 27 settembre 2023), vengono annualmente definite “le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo” (comma 4).

L’attuale Dpcm valido per il triennio 2023/2025 stabilisce dunque le quote di ingresso divise per lavoro subordinato e stagionale, il numero di ingressi suddivisi tra i diversi Paesi d’origine, le quote riservate per settori produttivi, nonché la finestra temporale per la presentazione delle domande (il “click day”).

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