Possiamo chiamarla democrazia dell’intimidazione. È fatta di divieti formali e inibizioni sociali, di decreti e autocensure, di leggi e provvedimenti amministrativi, di interventi politici e articoli di giornale che creano un clima di ostilità attorno a certi gruppi sociali, certi temi, certe forme di espressione.
Stiamo assistendo in Italia e in tutta Europa a un pauroso arretramento del dibattito pubblico, che è sempre più circoscritto, stereotipato, poco libero. Si vietano manifestazioni -è successo in Italia e altri Paesi- “prevedendo” disordini; si definisce Greta Thunberg, icona globale della lotta per la giustizia climatica, “incline alla violenza”, in quanto attivista per la causa palestinese, e quindi indesiderata (è successo a Dortmund); si approvano leggi che prendono di mira a colpi di codice penale, senza nemmeno nascondere le intenzioni, determinati gruppi di attivisti: i giovani ecologisti che praticano forme di azione diretta; chi si batte contro le grandi opere giud
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