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Esteri / Reportage

In Kazakhstan i meleti più antichi al mondo rischiano di scomparire

Gauhar Mukan nei meleti dell’Orto botanico di Almaty dove lavora come biologa specializzata nella varietà Malus sieversii © Tobias Kruse
Tratto da Altreconomia 279 — Marzo 2025

Alberi di mele accompagnano solo l’ultima parte in salita sulla funicolare che porta alla collina Kok Tobe e che guarda alla città di Almaty dall’alto. Sono solo pochi ettari ormai, ma nei ricordi di Azhar Jandossova, da bambina prima e da studentessa universitaria poi, i meleti erano tutto ciò che circondava la sua città natale e lei una delle tante persone che raccoglievano quotidianamente le mele dagli alberi.

Oggi Azhar è un’attivista ambientale, o un’attivista delle mele come in molte amano definirsi nella seconda città kazaka, impegnata per salvaguardare parte del patrimonio naturale ma anche storico e culturale delle mele nel Paese. Lo dice il nome stesso della città, Alma-Ata, “padre delle mele”, e oggi lo testimoniano numerose mele che, come un qualsiasi altro brand turistico, riempiono la città: il Kazakhstan è il luogo nativo della più antica varietà di questo frutto, il Malus sieversii.

Peccato che a pochi chilometri dal centro, dalle larghe strade sovietiche dove queste mele decorano in formato gigante le fontane, non ci siano molte tracce del frutto. Al loro posto, cemento, costruzioni, ma anche resort sciistici di montagna.

Provare a impedirne la costruzione è stata una delle battaglie di Azhar. “Sono diventata un’attivista ambientale nel 2013 per difendere le nostre montagne dove volevano creare una stazione sciistica, con un resort”, racconta di fronte alle foto di meleti della città nel corso del Novecento al piccolo Museo delle Mele che lei stessa ha fondato in città. “Moltissime persone si sono unite, abbiamo portato avanti questa battaglia per otto anni. Ma la zona è sempre a rischio, quindi non abbiamo vinto per sempre”.

“Sono diventata un’attivista ambientale nel 2013 per difendere le nostre montagne dove volevano creare una stazione sciistica, con un resort” – Azhar Jandossova

Tra gli attivisti ambientali, molti sono i giovanissimi che si sono uniti negli ultimi anni. Hanno beneficiato infatti della rivoluzione del 2022 che, pur essendo sfociata amaramente in violenza e in alcune centinaia di morti a causa della repressione del governo, ha permesso successivamente una parziale apertura e libertà.

Il Kazakhstan resta un Paese autoritario, i giornalisti hanno timore a parlare, ma gli ambientalisti grazie a qualche campagna riescono comunque a farsi sentire. “Abbiamo scritto una lettera alle autorità pubbliche e abbiamo organizzato varie tavole rotonde, tenuto discussioni e audizioni pubbliche. Abbiamo sempre espresso il nostro disaccordo verso i piani di sviluppo e ci siamo opposti ai piani di costruzione di questa stazione sciistica, nella località chiamata Jelly Green, molto importante per il bestiame kazako, non distante dalla città”.

La lotta di Vassilissa Kuanyshewa, invece, è ancor più vicino casa, nella periferia Nord di Almaty. E sono proprio le abitazioni, costruite a poche centinaia di metri dalla sua, a essere completamente fuori posto. “Questa era una distesa di meleti, distrutta per il profitto di pochi”, racconta Vassilissa passeggiando tra gli alberi che restano e raccogliendo di tanto in tanto dei frutti. “Nel 2024 ci sono tantissime mele, più degli altri anni”, dice sorridendo. Dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991, le piantagioni, precedentemente gestite da aziende agricole statali e collettive, sono state privatizzate. Molti dei nuovi proprietari trascurarono gli alberi e vendettero rapidamente i giardini. Sono diventate così oggetto di speculazione.

Una casa costruita dalla società immobiliare “The Dream” nella periferia Nord di Almaty e abbattuta dopo la sentenza del tribunale grazie al lavoro dell’attivista Vassilissa Kuanyshewa © Tobias Kruse

Almaty è cresciuta rapidamente negli ultimi due decenni, la sua superficie è raddoppiata. Sempre più case vengono costruite sui pendii, anche se molte sono abusive. La società immobiliare The Dream ha realizzato illegalmente dei residence facendo sradicare centinaia di alberi. Ma grazie a Spasemgory (Proteggi le montagne) il gruppo ambientalista che Vassilissa ha fondato, una di queste case è stata abbattuta. “Il terreno sui pendii è buono per gli alberi, non per le case. Poiché le radici non trattengono più l’acqua, si verificano delle frane”, afferma l’attivista che ha intentato una causa contro le costruzioni illegali.

“Il terreno sui pendii è buono per gli alberi, non per le case. Poiché le radici non trattengono più l’acqua, si verificano delle frane” – Vassilissa Kuanyshewa

All’inizio del 2024, una di queste case è crollata e un’intera famiglia ha perso la vita. Questa tragedia è arrivata in seguito a tre anni di proteste di Spasemgory, con visite al sindaco di Almaty, lettera al presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev e catene umane attorno ai meleti. “Io stessa ho ricevuto delle minacce”, dice Vassilissa, ma non si è fermata. “Spero che le rovine di questa casa abbattuta grazie alla sentenza possano scoraggiare le imprese edili”. E sogna di vedere di nuovo meleti al posto di quelle macerie.

Il melo originario del Kazakhstan (Malus sieversii) cresce ai piedi della catena montuosa del Tien Shan da oltre 30 milioni di anni. È considerato il progenitore di tutte le varietà di meli coltivati, ha una durata di vita fino a 200 anni e nel Paese cresce, oltre che nel Tien Shan (Zaili e Dzungarian Alatau, Karatau), anche nelle montagne del Tarbagatai, formando impenetrabili foreste selvatiche. Può raggiungere un’altezza di 30 metri e la forma della sua chioma e il suo apparato sono in grado di resistere alle forti gelate e al caldo estremo, quindi di sopportare la siccità. È questo polimorfismo e la sua sostenibilità che ne determinano il valore come risorsa genetica globale a cui scienziati, agronomi e botanici da diverse parti del Pianeta stanno ponendo la loro attenzione di fronte alle sfide del cambiamento climatico e del riscaldamento globale che minacciano sempre più varietà di meli.

Un albero della varietà Malus sieversii nel Parco nazionale di Zhongar Alatau © Tobias Kruse

Ne è ben consapevole Gauhar Mukan, biologa che lavora nel laboratorio di genetica dell’Orto botanico ed è specializzata nella specie Malus sieversii. “La mela è uno dei frutti più comuni sulla Terra oggi e ci sono meleti in ogni continente”, afferma camminando tra quelli recintati e protetti da serrature dell’Orto botanico, in centro ad Almaty. Pur essendo molti i talenti dell’antica varietà ancora poco conosciuti, il prezioso esempio di biodiversità del melo selvatico è indubbio in quanto possiede geni rari di resistenza a molte malattie e parassiti a cui sono sensibili le varietà di mele domestiche e a causa dei quali si usano quantità sempre maggiori di pesticidi, per esempio in Alto Adige, uno dei luoghi di maggiore produzione ed esportazione di mele in Europa.

Nemmeno delle sue origini in Kazakhstan si hanno dubbi, continua Gauhar. “Gli scienziati ritengono che il melo dal Kazakhstan sia arrivato in Iraq e in Turchia e poi in Europa lungo la Grande Via della Seta”, l’antico sistema di rotte commerciali carovaniere che dalla Cina portavano al Medio Oriente e all’Europa. Ma a piantarne qua nell’Orto botanico nel 1970 è stato il botanico Aimak Dzhangaliev, autore della famosa opera “Il melo selvatico del Kazakhstan”, frutto delle ricerche e già espressione del sentore di allarme per le mele kazake, dato che sotto Stalin le foreste di meli selvatici venivano disboscate per la frutticoltura.

Azhar Jandossova, attivista delle mele e fondatrice del Museo delle Mele di Almaty, nel centro della città, dove è stata ritratta © Tobias Kruse

Il sito dell’Orto Botanico fa ufficialmente parte dei parchi nazionali kazaki. “Esistono circa cinquanta forme selvatiche di Malus sieversii -sostiene ancora Gauhar Mukan-. Anche in Kirghizistan e in Tagikistan ci sono meli selvatici, ma non ci sono foreste come in Kazakhstan”. Eppure l’80% degli alberi è stato qui abbattuto a partire dagli anni Novanta. Per questo il Malus sieversii è stato inserito nella “Lista Rossa delle specie minacciate dal 2007, con lo status di Alto rischio di estinzione in natura nell’immediato futuro”, conclude la biologa. L’estinzione avviene anche nel mercato della produzione di cibo, dato che nei supermercati di Almaty le mele in vendita provengono dalla confinante Cina, piuttosto che dalle proprie montagne.

Di questa risorsa inestimabile vuole appropriarsi l’industria del turismo per farne un brand che sfrutti le immagini, i negozi e le sculture a tema mela della città. “Se attraverso questo ricorso smodato al brand, il frutto e le sue foreste verranno valorizzati con iniziative di ecoturismo, allora ben venga”, sostiene Azhar, riferendosi per esempio alle montagne del parco di Dzungarian Alatau, dove si trova l’albero di mele più antico al mondo, di 300 anni. “Ma se queste forme di ecoturismo diventano di massa temiamo di dover assistere, come sta capitando in diverse parti del mondo, soltanto alle conseguenze negative del turismo, dunque danni per le nostre mele e meleti”. E allora, che resti in mano agli scienziati e ai suoi attivisti, per provare solo a studiarle e a proteggerle.

 

 

 

Questo articolo è stato sviluppato con il supporto di Journalismfund Europe

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