Ambiente / Attualità
In Italia sette miliardi di lattine e bottiglie sprecate ogni anno. Come recuperarle
L’Associazione Comuni Virtuosi diffonde i dati del report “What a waste”: in Europa 41 miliardi di contenitori ogni anno sfuggono al riciclo per finire dispersi nell’ambiente o in discarica. Una soluzione c’è: grazie ai sistemi di deposito e al vuoto a rendere si potrebbe ridurre lo spreco dell’80%
Ogni anno in 24 Paesi dell’Unione europea, oltre 41 miliardi di contenitori di bevande (bottiglie di plastica, vetro e lattine) sfuggono ai sistemi di raccolta e riciclo per finire sprecati in inceneritori e discariche o, peggio ancora, finiscono con l’inquinare gli ambienti naturali, finendo anche nei corsi d’acqua e nei mari. È la preoccupante fotografia che emerge dal report “What a waste”, curato dalla piattaforma europea no profit Reloop, cui aderisce anche l’Associazione Comuni Virtuosi, che ha potuto accedere ad alcuni dati inediti per l’Italia.
Nel nostro Paese i contenitori di bevande che vengono dispersi ogni anno sono oltre sette miliardi. Un numero esorbitante che, se rapportato al numero di abitanti del nostro Paese, corrisponde a 119 contenitori “dispersi” a testa all’anno. Di questi, 98 sono bottiglie di PET, 12 sono bottiglie di vetro e 9 sono lattine. Peggio dell’Italia, nella classifica europea ci sono la Francia (con 120 contenitori sprecati a testa per ogni cittadino), la Polonia (132), la Spagna (167), il Portogallo (169), la Grecia (184) e l’Ungheria (186). Per contro, al vertice della classifica dei Paesi più virtuosi si segnalano la Germania (con appena 10 contenitori “dispersi” in un anno da ciascun cittadino), Lituania (14), Finlandia (17), Croazia (18), Olanda (24).
La buona notizia è che una parte consistente dei contenitori che sfuggono alla filiera “virtuosa” della raccolta potrebbero essere intercettati e riciclati correttamente se tutti i Paesi dell’Unione adottassero dei sistemi di deposito cauzionale (Deposit return system – DRS) che permettono di intercettare oltre il 90% dei contenitori immessi al consumo. Le stime a livello europeo calcolano che sui 41 miliardi di contenitori sprecati ogni anno, circa 31 miliardi potrebbero essere recuperati.
Secondo le stime dell’Associazione Comuni Virtuosi, se anche l’Italia adottasse un sistema di deposito cauzionale i sette miliardi di contenitori che sfuggono al riciclo si ridurrebbero a 1,7 miliardi, con una quota media pro-capite di 29 contenitori all’anno. La riduzione più consistente riguarderebbe le bottiglie in PET, che da quasi 5 miliardi di unità si ridurrebbero a 974 milioni. Ovvero da quasi 100 bottiglie sprecate pro-capite ad appena 16.
L’introduzione dei sistemi DRS, inoltre, permetterebbe all’Italia di raggiungere gli obiettivi di raccolta delle bottiglie di plastica del 90% al 2029 fissati dalla Direttiva SUP (Single use plastics) che, inoltre, impone divieti o limitazioni alla vendita di alcuni articoli monouso in plastica e stabilisce che a partire dal 2025 le bottiglie in PET dovranno contenere un minimo del 25% di materiale riciclato. Percentuale che poi salirà al 30% nel 2030.
“I sistemi di deposito cauzionale si stanno velocemente diffondendo in Europa. Altri 12 Paesi hanno già stabilito l’introduzione del sistema entro i prossimi quattro anni in relazione agli obiettivi imposti dalla Direttiva DUP -spiega Silvia Ricci, responsabile Rifiuti ed economia circolare dell’Associazione Comuni Virtuosi-. Ma in Italia ancora se ne parla poco. Ogni anno perso nel percorso di adozione di un sistema cauzionale significa caricare sull’ambiente miliardi e miliardi di contenitori che causano danni ambientali e costi evitabili alla fiscalità dei Comuni sostenuta dai contribuenti. Non abbiamo dati sull’Italia, ma la Spagna spende ogni anno 529 milioni di euro per la rimozione dei contenitori dispersi nell’ambiente”.
Il sistema del deposito cauzionale prevede che sul prezzo finale al consumatore di ogni bottiglia (di plastica o di vetro) e di ogni lattina venga applicata una minima ricarica sul prezzo che viene poi restituita nel momento in cui il consumatore poi conferisce i vuoti in un apposito contenitore. La Lituania, che ha avviato questo sistema nel 2016, ha imposto una cauzione di 10 centesimi di euro a bottiglia che viene restituita agli utenti sotto forma di buono scontabile sulla spesa nel momento in cui restituiscono lattine e bottiglie nelle postazioni automatizzate posizionate per lo più nei supermercati. “Si tratta di una soluzione win win per tutti gli attori della filiera -continua Ricci-. Il caso della Lituania, inoltre, dimostra che è possibile ottenere risultati importanti in poco tempo: già nel giro di un anno la percentuale di intercettazione delle bottiglie in PET è passata da una media del 34% al 91%. Questa soluzione, però, non può basarsi sulla buona volontà dei singoli e su qualche macchina per la raccolta messa qua e là: serve un circuito strutturato che renda facile per i consumatori restituire i contenitori usati”.
Le performance di raccolta potrebbero migliorare ulteriormente (in Italia come in Europa) se aumentasse la percentuale del vuoto a rendere: bottiglie di vetro o, in alcuni casi, anche di plastica adatte all’uso multiplo che dopo la raccolta vengono lavate, sanificate, riempite e nuovamente rimesse sul mercato. Per l’Italia nel 2019 tale quota si attestava sul 10,8%. Secondo le stime dei Comuni Virtuosi, se in aggiunta a un sistema di deposito il nostro Paese incrementasse la quota di bevande vendute in contenitori ricaricabili (con vuoto a rendere) dall’attuale 10,8% al 25% la quantità di imballaggi per bevande che sfuggono al riciclo si ridurrebbe dell’80%, scendendo al di sotto del miliardo e mezzo di unità. Il caso della Germania, dove oltre al sistema del deposito cauzionale è molto diffuso il ricorso al vuoto a rendere, è esemplare: lo spreco di contenitori è limitato ad appena 10 all’anno per ogni tedesco.
“Da alcuni anni anche i media mainstream stanno dedicando molta attenzione al problema della plastica: la soluzione, tuttavia, non consiste nel sostituire la plastica con altri materiali, come invece sta avvenendo -conclude Ricci-. La sfida consiste nel far sì che i consumatori re-immettano nel sistema i contenitori usati per rendere sostenibile questo sistema dal punto di vista ambientale ed economico”.
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