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Diritti / Reportage

In Honduras le comunità contadine si autogestiscono per affrontare la pandemia

Ad El Encinal, nel dipartimento di La Paz, 300 famiglie si sono organizzate per prevenire la diffusione del Covid-19 con blocchi stradali e distribuzione di alimenti a chi è in difficoltà. Il sistema sanitario nazionale è uno dei più deboli dell’America Centrale: garantisce solo 14 tra medici e infermieri ogni 10mila abitanti

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“Quando in Honduras è iniziata la crisi del Covid-19, le comunità si sono incontrate e abbiamo deciso che saremmo stati noi stessi a controllarne gli ingressi e le uscite”, spiega Sebastián Reyes, segretario generale del Consiglio regionale del Central national de trabajadores del campo (CNTC) del dipartimento di La Paz, nell’Honduras Sud-occidentale, e abitante della comunità di El Encinal. Lì circa 300 famiglie hanno scelto di assumere la guida della prevenzione nella lotta contro il nuovo Coronavirus, che al primo giugno aveva già causato 217 morti e 6.327 contagi nel Paese. E sembra che fino ad oggi le misure siano state efficaci: “Finora non ci sono casi nella comunità. E speriamo che continui così perché l’unico centro sanitario della zona non sarebbe ritenuto responsabile se qualcuno dovesse ammalarsi”, aggiunge Sebastián, denunciando la precarietà del sistema sanitario honduregno. Secondo i dati del Commissario nazionale per i diritti umani (Conadeh), l’Honduras ha circa 14 tra medici e infermieri ogni 10mila abitanti: è uno dei sistemi sanitari con il minor numero di personale in America Centrale.

Le famiglie di El Encinal e delle aree limitrofe hanno stabilito un punto di controllo su una strada che conduce a più di 20 comunità. Sia di giorno sia durante la notte c’è sempre un gruppo di almeno cinque persone che registra su un quaderno chi entra e chi esce dalla zona. I responsabili sono di solito uomini perché, afferma María Felicita López, coordinatrice del movimento indigeno Lenca Indipendente di La Paz (Milpah), “Noi donne non abbiamo tempo per stare ai posti di controllo perché siamo sovraccariche di lavoro”. Wendy Cruz, rappresentante dell’Articulación de las Mujeres de la Vía Campesina, aggiunge che con l’arrivo di Covid-19 le donne continuano ad assumere “il ruolo di coloro che forniscono cibo e servizi di cura alle loro famiglie, in molte occasioni mettendo a repentaglio la propria salute”.

Quanto al funzionamento dei posti di controllo e delle strategie per fermare la diffusione del virus, Sebastián Reyes spiega: “Lasciamo entrare le persone che vivono in queste comunità per permettere loro di lavorare nelle fattorie e in altri posti della zona. E per rifornire i piccoli negozi di alimenti e prodotti per l’igiene, abbiamo istituito un punto unico all’inizio della strada dove i fornitori possono vendere ai negozianti”. Da El Encinal sostengono che questa decisione è stata dettata dalla quasi assenza dell’aiuto da parte dei militari e della polizia già da prima che scoppiasse la pandemia. Ora, invece, gli abitanti non vogliono che entrino nelle comunità. “Per ora la polizia si sta avvicinando solo per confermare che le persone che devono andare al lavoro sono autorizzate a entrare e uscire. Ci prendiamo cura di noi stessi da soli perché se togliamo il posto di controllo chi lo farà?”, riassume il leader contadino.

Optare per l’autogestione territoriale non è stata una decisione difficile per El Encinal. Per decenni la comunità ha affrontato problemi legati alla mancanza di acqua, agli incendi e al disboscamento delle foreste. “Siamo sempre stati uniti nelle avversità. E il Covid-19 non poteva essere un’eccezione”, spiega Reyes. Dal Cntc sostengono che proprio la precedente organizzazione abbia permesso il corretto funzionamento delle misure di prevenzione: “Le persone appartengono a basi contadine, sono organizzate e consapevoli”. Inoltre le basi contadine si sono organizzate anche per far arrivare provviste alle famiglie più bisognose. Sebbene riconoscano che non sia stato facile: “Non abbiamo trovato un modo per ottenere cibo da distribuire. Il comune ne ha fornito un po’, ma non a sufficienza”.

La comunità di Sebastián Reyes non è l’unica in Honduras in cui l’autogestione territoriale sta funzionando. Sempre secondo il Conadeh, a causa dell’incapacità della polizia di coprire i bisogni l’intero Paese, si stanno creando i cosiddetti consigli di emergenza municipale (Cem) che dovrebbero costituire un presunto coordinamento tra le autorità di polizia e i residenti. Ma nonostante l’esistenza dei “consigli di emergenza” in varie parti del Paese, ci sono comunità dimenticate in cui nessuna istituzione garantisce il controllo delle entrate e delle uscite o le appropriate misure di sicurezza per fermare il diffondersi della pandemia nelle case. Così sono gli stessi residenti a prendersi cura di loro stessi e lo fanno con la previsione di “continuare fino alla fine”, conclude Reyes.

Articolo a cura di PBI – Honduras Project

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