Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Ambiente / Attualità

Il Vinitaly celebra la sostenibilità del Prosecco ma il Veneto ha un problema con i pesticidi

© Alberto Caliman, unsplash

Il Consorzio di tutela della DOC Prosecco saluta l’aumento delle vendite del 25,4% nel 2021 portando le bottiglie vendute a quota 627,5 milioni. Intanto il Relatore Onu su diritti umani, sostanze e rifiuti tossici si dice preoccupato per l’aumento significativo del volume di pesticidi “utilizzati nelle zone di coltivazione del vino Prosecco”

“Italianità e sostenibilità” sono i temi a cui è stata dedicata la giornata inaugurale del 10 aprile nel “Prosecco DOC Pavilion” all’interno degli spazi di Verona Fiere in occasione dell’edizione 2022 del Vinitaly. Durante i quattro giorni della rassegna dedicata al vino saranno presenti alcuni tra i principali produttori di Prosecco che presenteranno i risultati di un anno da record per quanto riguarda la produzione: a febbraio 2022 il Consorzio di tutela della DOC Prosecco ha infatti comunicato un aumento delle vendite del 25,4% rispetto all’anno precedente portando il totale di bottiglie vendute a 627,5 milioni. Numeri impressionanti se si pensa che dieci anni fa, nel 2010-2011, la produzione era di “appena” 141 milioni di bottiglie. Parallelamente alla produzione, anche la superficie agricola occupata dalle vigne di glera (l’uva da cui si produce il Prosecco) è cresciuta in maniera altrettanto esponenziale: dagli 8.700 ettari del 2010-20211 si è arrivati agli attuali 24.500 sparsi su nove province (Belluno, Padova, Treviso, Venezia, Vicenza, Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine) a cavallo tra Veneto e Friuli-Venezia Giulia.

Parallelamente il Consorzio ha annunciato un impegno “sempre più deciso sulle frequenze della sostenibilità”, come annuncia un comunicato diffuso a fine dicembre 2021. Un testo in cui non si fa riferimento a una conversione al metodo biologico ma si annuncia come obiettivo l’ottenimento dello standard “Equalitas” per certificare il territorio come “Denominazione sostenibile”, le aziende e il prodotto rispettivamente come “Organizzazione” e “Prodotto sostenibile”. Si tratta di uno standard appositamente dedicato alla produzione vinicola e che, si legge nel Regolamento applicativo, “adotta un approccio alla sostenibilità comprensivo di tre pilastri: sociale, ambientale ed economico”. Il primo riguarda la capacità di garantire condizioni di benessere sociale (ad esempio rispetto dei diritti collettivi e individuali, tutela dei diritti dei consumatori, il coinvolgimento e lo sviluppo delle comunità locali), il pilastro ambientale invece è “inteso come la capacità di mantenere la qualità e la riproducibilità delle risorse naturali”. Mentre la sostenibilità economica riguarda “la capacità di genere reddito e lavoro”.

Per ciascuno dei pilastri “sono previste buone pratiche, requisiti oggettivi e indicatori verificabili”. Ad esempio, per quanto riguarda l’impatto ambientale, l’impronta idrica e carbonica o la tutela della biodiversità. Per raggiungere i risultati previsti, tuttavia, lo standard “Equalitas” non impone l’adozione di metodologie specifiche ma “riconosce la validità di una serie di norme volontarie oggi disponibili e consente all’impresa l’utilizzo degli strumenti più idonei come biologico, produzione integrata”.

“Dopo le denunce e le critiche ricevute negli anni scorsi, in particolare per l’uso massiccio di pesticidi, il Consorzio di tutela della DOC Prosecco e il Consorzio Prosecco DOCG si sono dati da fare in vari modi per migliorare la sostenibilità delle aziende -spiega ad Altreconomia Stefano Ponte, ricercatore alla Copenaghen Business School e autore del paperBursting the bubble?‘ che analizza i costi nascosti e i conflitti dietro il ‘miracolo’ del Prosecco-. Stanno lavorando soprattutto per migliorare la sostenibilità nella gestione della cantina, ad esempio con l’installazione di pannelli fotovoltaici. Ma per quanto riguarda l’intervento nei campi siamo ancora agli inizi”.

Un passo avanti in questo senso è la decisione di eliminare dal “Vademecum vinicolo 2019” del Consorzio DOC l’impiego dell’erbicida glifosato e di altri due fungicidi (folpet e mancozeb). Mentre il Consorzio DOCG -scrive Ponte nel suo studio- ha dato una tiepida spinta alla conversione al biologico, che nel 2020 interessava appena il 2,5% delle vigne e soprattutto punta su un approccio focalizzato su “soluzioni innovative” quali lo sviluppo di varietà resistenti ai parassiti o spray di precisione per evitare la dispersione dei prodotti agro-chimici nell’aria. “In generale è interessante osservare come questa spinta verso una maggiore sostenibilità da parte dei Consorzi non sia arrivata dai consumatori: la richiesta di Prosecco biologico è veramente molto ridotta e viene soprattutto dai Paesi scandinavi. Dalle interviste che ho condotto con i produttori è emerso che cambiamento è stata una risposta alle richieste del territorio e dei comitati locali. Che a lungo hanno subito le esternalità negative del ‘miracolo’ del Prosecco -spiega Ponte-. In generale, le certificazioni di sostenibilità dei prodotti possono avere un impatto positivo, a patto però che non vengano utilizzate solo a fini ‘commerciali’, per ‘vendere’ la sostenibilità della propria azienda: in caso contrario rischiano di creare barriere a cambiamenti più radicali”.

Chi invece ha lavorato per provare a portare un cambiamento sul territorio, e in particolare nel Comune di Conegliano Veneto (TV) dove si imbottiglia il prosecco DOCG, sono i rappresentanti del “Comitato Conegliano senza pesticidi”, che nel 2018 ha lanciato una proposta di referendum per chiedere al Comune di vietare “l’uso di tutte le sostanze tossiche e l’uso di prodotti sintetici e di diserbanti chimici dannosi per la salute e per l’ambiente e comunque di tutti i fitofarmaci chimici di sintesi” su tutto il territorio comunale. “Abbiamo proposto al Comune di avviare una discussione sul tema e di inserire nel regolamento comunale il divieto a usare i pesticidi su tutto il territorio, come ha fatto ad esempio Malles, in Alto Adige”, spiega Gianluigi Salvador, uno dei promotori dell’iniziativa, che ha raccolto più di 2.500 firme.

Il 4 settembre 2019 il Collegio dei garanti del Comune di Conegliano Veneto ha deliberato all’unanimità l’ammissibilità della richiesta referendaria e il sindaco ha indetto il voto per il 15 novembre 2020, ma la battaglia referendaria ha avuto un esito amaro. A ottobre 2021 Confagricoltura, Confederazione italiana agricoltori e Coldiretti di Treviso, Consorzio DOC e DOCG hanno presentato una citazione a comparire in Tribunale per il Comune di Conegliano Veneto, il Collegio dei garanti, il comitato referendario e quattro ministeri. La richiesta al giudice da parte dei cinque ricorrenti è quella di accertare l’illegittimità del referendum e la conseguente disapplicazione della determinazione assunta dal Collegio dei Garanti e del decreto con cui il sindaco ha indetto la consultazione popolare.

A febbraio 2022 il comitato e il Comune di Conegliano hanno però deciso di fare un passo indietro: il sindaco ha ritirato l’atto di indizione del referendum. In cambio, i ricorrenti hanno deciso di non procedere in giudizio. “Abbiamo fatto questa scelta perché il rischio era quello di trascinare la vicenda per anni, con cause e ricorsi: non era questo lo spirito del referendum -spiega ad Altreconomia Mario Nicastro, presidente del comitato referendario-. Verrà però costituito un tavolo, che avrà una funzione consultiva, di cui faranno parte il comitato promotore del referendum, il Comune, i Consorzi e le associazioni degli agricoltori. Ci si incontrerà periodicamente per affrontare di volta in volta i vari problemi legati alla coltivazione della vite nel distretto e cercare di risolverli”.

A interessarsi dell’uso dei pesticidi e dei loro impatti su salute nelle province del Veneto è stato anche Marcos Orellana, professore di Diritto ambientale alla Law school della George Washington University nonché Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle implicazioni per i diritti umani dalla gestione e dallo smaltimento di rifiuti pericolosi. Che al termine della visita condotta in Italia -dal 30 novembre al 13 dicembre 2021- non ha usato mezzi termini per descrivere la situazione che ha osservato tra i filari di vite che ricoprono le colline venete: “Sono preoccupato per l’aumento significativo del volume di pesticidi utilizzati in Veneto, in particolare nelle zone di coltivazione del vino Prosecco –ha spiegato Orellana-. La zona è uno dei maggiori consumatori di pesticidi per ettaro del Paese, con un equivalente di un metro cubo di pesticidi per abitante all’anno”.

“Il relatore Orellana ha affrontato proprio le problematiche che ecologisti e residenti nei terrori di produzione del prosecco ribadiscono da anni -riprende Salvador-. Come risulta dal Rapporto Ispra sui pesticidi nelle acque, il Veneto è di gran lunga il primo consumatore per ettaro di superficie agricola utile di questi prodotti. In particolare, la provincia di Treviso ha registrato in questi ultimi dieci ani una crescita continua dell’utilizzo di pesticidi, dovuta soprattutto all’aumento costante di superfici viticole, sia nell’area DOC sia nell’area DOCG”. Per la provincia di Treviso (assieme a quella di Verona) l’Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (Arpav) registra i più elevati livelli di consumo di prodotti fiosanitari nella regione, con un trend in crescita: dai tre milioni di chilogrammi-litro del 2011, infatti, si è arrivati a oltre 4,3 milioni di chilogrammi-litro nel 2020.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati