Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti / Attualità

Il sistema istituzionale che continua a non accogliere i migranti a Trieste

Trieste © Chiara Fabbro

Le falle dell’accoglienza ministeriale e l’interruzione dei trasferimenti continuano ad aggravare il dramma umanitario in corso da anni nel capoluogo giuliano. Con persone in strada, vittime di esclusione e ancora senza un dormitorio per i più giovani. L’aggiornamento delle realtà solidali nel report “Vite abbandonate”. A queste condizioni lo sgombero del silos di fine giugno sposta poco

La situazione delle persone in arrivo a Trieste dalla rotta balcanica nel 2023 è rimasta drammatica, nonostante gli appelli e le richieste di intervento alle istituzioni da parte della società civile cittadina. Ad agosto dello scorso anno c’erano 494 richiedenti asilo abbandonati in strada con tempi di attesa anche di 85 giorni per entrare nel sistema di accoglienza, mentre i servizi di bassa soglia del capoluogo giuliano sono rimasti inadeguati, anche se si è verificato un aumento degli arrivi del 22% rispetto all’anno precedente.

A mettere in luce questi dati è, ancora una volta, la Rete solidale, composta dalle associazioni e dalle realtà che ogni giorno scendono in strada a fornire assistenza ai migranti: Comunità di San Martino al Campo, Consorzio italiano di solidarietà – Ics, l’International rescue committee Italia (Irc), Diaconia Valdese, Donk humanitarian medicine e Linea d’ombra. Nella nuova edizione del loro rapporto “Vite abbandonate” hanno voluto fare chiarezza sui flussi migratori in arrivo a Trieste, diventata tristemente famosa proprio per l’inadeguatezza del sistema di accoglienza.

Rispetto al 2022 è da notare il ripristino dei controlli di frontiera e la sospensione di Schengen -avvenuta nell’ottobre 2023-, che tuttavia è più uno strumento di propaganda che un reale modo di diminuire gli ingressi; nessun respingimento, infatti, può essere attuato, per legge, verso chi richiede protezione internazionale al valico. Eppure, sono stati fatti dei tentativi di riprendere il programma di riammissioni -peraltro con seri profili di illegittimità- dall’Italia alla Slovenia, abbandonati nel 2023 perché il governo sloveno ne ha rifiutato la proposta nel 90% dei casi. Sono ricominciati, invece, secondo quanto riportato dalle persone in arrivo, i respingimenti illegali da parte della polizia croata, specialmente verso la Bosnia.

A Trieste, nel 2023, sono giunte 16.052 persone -contro le 13.127 del 2022- una media di 44 al giorno, con un picco durante l’estate, ma con un numero di ingressi alto durante tutto l’anno. La maggioranza dei migranti incontrati in piazza dalle associazioni (11mila) proveniva dall’Afghanistan, come conseguenza della grave crisi umanitaria che sta vivendo il Paese dopo la presa del potere da parte dei Talebani nel 2022. La seconda nazionalità era quella pakistana (anche se in calo rispetto all’anno precedente, 12% contro il 25%). Il terzo gruppo più numeroso è stato quello proveniente dalla Turchia (9%), a causa della fuga delle comunità curdo-turche e del devastante terremoto che ha colpito il Sud del Paese nel febbraio 2023.

Rispetto al 2022, sono aumentati gli arrivi di persone con profili vulnerabili: i minori stranieri non accompagnati, le donne sole e i nuclei familiari rappresentavano nel 2023 il 31% del totale. Le famiglie, in particolare, sono aumentate del 120% e i minori soli -il 19% degli arrivi- del 112%. Di questi ultimi, l’86% ha dichiarato di essere in transito verso altri Paesi; a causa di ciò, pur essendo ragazzi, non hanno diritto a un posto letto di emergenza e si ritrovano a dormire all’addiaccio.

Come suggeriscono le realtà solidali nel report, servirebbe un dormitorio ad alta rotazione dedicato solo ai più giovani. In più, 490 persone (il 16% dei minori stranieri non accompagnati) hanno dichiarato alle associazioni di essere minorenni, mentre si erano identificati come adulti alla polizia di frontiera: uno stratagemma per evitare di essere accolti nelle comunità a loro riservate e di essere quindi separati dal proprio gruppo. Un fenomeno che dovrebbe preoccupare le autorità più di quello -forse più utile a fini propagandistici- dei “finti minori”.

Sia tra i più vulnerabili sia tra gli uomini adulti, sono in calo coloro che vogliono costruirsi un futuro in Italia (19% contro il 32% dell’anno precedente); il 13% delle persone in arrivo, invece, si dicono indecise sulla strada da prendere per il proprio futuro. Se è vero che le presenze sono aumentate, quindi, non si può dire che la tragica situazione che vivono i migranti (per tutto l’anno ci sono stati dalle 100 alle quasi 500 persone abbandonate per strada) sia dovuta solo a questo: i dati sottolineano come il numero delle richieste d’asilo continui a rimanere relativamente basso.

Il sistema d’accoglienza rimane particolarmente lento, creando un effetto paradossale: alcuni migranti hanno formalizzato la richiesta di protezione internazionale e ricevuto il primo permesso di soggiorno mentre erano ancora in strada. In molti casi, visto che è necessario un domicilio per il permesso, questo è stato individuato dalla questura nella “casa comunale”, come nel caso dei senza fissa dimora.

A rimanere senza un posto in accoglienza, ci sono sempre di più anche i profili maggiormente vulnerabili, che prima erano immediatamente collocati nel sistema: a fine 2023, inizio 2024 nuclei familiari, anche molto numerosi, con bambini piccoli non sono stati tempestivamente accolti e hanno dovuto passare del tempo all’addiaccio, fino all’apertura del dormitorio a cura della Caritas nel corso dell’inverno.

A causa dei tempi di attesa e delle condizioni inumane di vita al silos, struttura fatiscente nei pressi della stazione in cui i migranti trovano riparo, il 25% delle persone che aveva fatto domanda di asilo a Trieste ha lasciato la città ed è diventata irreperibile. Nonostante questa situazione, i posti in una delle due strutture di prima accoglienza -l’ostello scout a Campo Sacro, poco distante dalla città- sono addirittura diminuiti, arrivando alla cifra irrisoria di 25.

Secondo i dati del ministero dell’Interno, i trasferimenti verso altre Regioni dal Friuli-Venezia Giulia sono stati 2.433, di cui 1.788 da Trieste; alcune persone sono state trasferite direttamente dalla strada, senza passare dai centri di prima accoglienza. Questi numeri, tuttavia, non danno conto dell’effettiva quantità di persone per strada, perché non considerano i tempi di attesa e il numero relativamente elevato dei richiedenti asilo vulnerabili in transito, che si sono resi irreperibili in tempi brevi.

In sostanza, quindi, le ragioni del dramma umanitario che si sta consumando a Trieste sono da ricercarsi più che altro nelle mancanze del sistema d’accoglienza e dei trasferimenti, insieme alla disorganizzazione e alle carenze dei servizi di bassa soglia. In questo quadro a fine giugno è stato attuato lo sgombero del silos, con lo spostamento dei richiedenti asilo verso altre strutture. Un’azione più dimostrativa che risolutiva: se Trieste non si doterà di un sistema efficiente di gestione degli arrivi, la situazione di tragico abbandono delle persone migranti non potrà che ricrearsi in tempi più o meno brevi.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati