Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Esteri / Reportage

Il Guatemala al voto, tra sfiducia nella politica e un prolungato dopoguerra senza giustizia

© Melissa Delzio via Flickr

Il 25 giugno si svolgeranno le elezioni presidenziali. I 22 candidati si contendono un Paese diviso che non è stato in grado di sanare le ferite causate dalle violenze commesse durante la guerra civile che si è conclusa nel 1996. Diversi aspiranti hanno inoltre stretti legami con le élite militari responsabili delle stragi degli anni Ottanta

Domenica 25 giugno 9,4 milioni di cittadini guatemaltechi sono chiamati alle urne per eleggere il successore del presidente della Repubblica, Alejandro Giammattei. La scelta è tra i 22 candidati che hanno superato il vaglio della commissione elettorale. Stando alle previsioni dei media locali, la grande favorita è Zury Mayté Ríos Sosa, figlia del dittatore Efraín Ríos Montt che nel 2013 è stato condannato a ottant’anni di carcere per il genocidio ai danni dei popoli indigeni tra il 1982 e il 1983 e per i crimini commessi durante la guerra civile che ha insanguinato il Paese fino al 1996. Zury Ríos non si è mai dissociata dai crimini commessi dal padre.

Per Esteban Biba, giornalista che per la quinta volta segue la campagna elettorale guatemalteca, “anche se se nei tribunali è stata chiesta giustizia per i crimini contro l’umanità commessi dai militari, ci troviamo ancora in un prolungato dopoguerra”. “Diversi ufficiali hanno ancora un reale potere all’interno del governo -spiega Biba-: pensiamo alla sentenza per genocidio contro il generale Efraín Ríos Montt, successivamente annullata dalla Corte costituzionale. A quasi 27 anni dagli accordi di pace del 1996 (che misero fine alla guerra civile scoppiata nel 1960, ndr) nei territori più colpiti dalle stragi si cercano ancora parenti e amici scomparsi. L0 scorso marzo ho assistito e dato notizia della sepoltura dei corpi di 61 persone assassinate negli anni Ottanta e restituite alle loro comunità solo di recente. Ci sono regioni in cui la popolazione chiede ancora di far luce su quei crimini, mentre in altre zone, in particolare in quelle urbane, si è persa la memoria di quello che è successo durante il conflitto. A Città del Guatemala, il principale centro urbano del Paese, molti studenti universitari ad esempio non conoscono le cause della guerra civile, anche perché questa non viene insegnata”.

Biba sottolinea poi come il rapporto dei guatemaltechi con il passato del Paese sia complesso: “Mentre le comunità indigene resistono e lottano per ricongiungersi con i parenti in esilio o combattono per identificare, attraverso il test del Dna, i parenti sepolti nelle fosse comuni, parte della popolazione si è innamorata della narrativa ufficiale del governo, che nega i crimini contro i civili o cancella del tutto la guerra”.

Prima che la commissione elettorale ne escludesse alcuni, i 22 candidati alla presidenza erano partiti in una trentina. Le scelte della commissione sono avvenute anche in maniera pretestuosa. Si pensi al caso del politico e imprenditore Carlos Pineda che veniva dato tra i favoriti. Scartate anche le candidature dell’indigena Thelma Cabrera, rappresentante del Movimento per la liberazione, e quella di Roberto Arzu, figlio dell’ex presidente Álvaro Arzú Irigoyen. Se nessuno supererà la soglia del 50% si andrà al ballottaggio il 20 agosto.

“Per la popolazione, oltre che per molti giornalisti e analisti, il governo di Alejandro Giammattei è stato il più corrotto dell’era democratica del Paese -come ricorda Haroldo Martinez-. Durante la pandemia da Covid-19 ha ricevuto 30 miliardi di quetzales (circa 3,5 miliardi di euro, ndr) in donazioni: ma non si sa nulla circa il loro utilizzo. Sono stati inoltre erogati svariati prestiti, che faranno crescere l’indebitamento pubblico, investiti in un programma ‘di sviluppo integrale del Guatemala’. Il Paese però resta agli ultimi posti al mondo per malnutrizione infantile, povertà estrema e analfabetismo”.

La lapide in memoria di un leader studentesco assassinato a Città del Guatemala durante il regime di Ríos Montt © Andrea Cegna

A dominare la tornata elettorale è quindi la sfiducia nei confronti della politica. “L’estrema destra, come la sinistra, parla di frode, la popolazione crede che l’esito sia già deciso a monte. Queste elezioni non saranno affatto un processo democratico. Per il momento non ci sono soluzioni per il Guatemala anche perché la politica, oggi più di quanto non sia mai stato, è uno schifo”, taglia corto il medico Marco Antonio Diaz Colomo.

A questo si aggiungono le conseguenze delle forti pressioni esercitate dagli Stati Uniti sui malleabili governi guatemaltechi (e messicani) con l’obiettivo di trasformare i due Paesi in un’estensione della propria frontiera meridionale per contrastare i flussi migratori provenienti dagli Stati del Centro America e dell’America Latina. Washington punta infatti a rafforzare il ruolo di Guatemala e Messico di “contenitori” dove confinare i migranti e da cui eventualmente attingere solo quanti sono necessari al proprio fabbisogno di manodopera. “Ma le migrazioni continuano inarrestabili -ricorda l’avvocato Fernando Castro Molina, che si occupa da anni di questi temi-. Consultando le statistiche dell’Istituto guatemalteco per la migrazione balza agli occhi un dato: nel 2022 le persone rientrate dagli Stati Uniti per via aerea sono state 18.588. Un numero che aumenterà nei prossimi mesi”.

Un manifesto a Città del Guatemala per chiedere verità e giustizia per le vittime della guerra civile © Andrea Cegna

Esteban Biba ricorda come nel 2011 la popolazione guatemalteca “abbia eletto presidente il generale in pensione Otto Pérez Molina, che ebbe un ruolo importante durante guerra civile con il soprannome di ‘Tito Arias’. Nella leadership del partito che ha portato Jimmy Morales alla presidenza tra il 2016 e il 2020 figuravano ex militari. Infine, sebbene questo sia vietato dalla Costituzione, si è candidata persino la figlia dell’ex dittatore Efraín Ríos Montt che aveva preso il potere nel 1982 con un colpo di Stato. Quella di domenica potrebbe essere una delle elezioni con la minore legittimità dal ritorno alla democrazia a oggi, tanto che si prevede un astensionismo da record. I sondaggi collocano Zury Ríos in testa nelle intenzioni di voto, seguita da Sandra Torres, ex first lady e moglie di Álvaro Colom, presidente tra il 2008 e il 2012. Al terzo posto Edmond Mulet, già capo di gabinetto del Segretariato generale delle Nazioni Unite”.

Asier Vera anche lui giornalista ed esperto di migrazioni ritiene che non ci saranno grandi cambiamenti dopo il voto: “La sensazione è che tutto rimarrà uguale dal momento che non ci sono candidati che rappresentano una reale opposizione all’attuale governo e che abbiano avanzato proposte alternative. Il Tribunale supremo elettorale e la Corte costituzionale hanno negato la registrazione di persone che avrebbero potuto rappresentare un’alternativa al sistema. Mi riferisco soprattutto a Thelma Cabrera, la cui candidatura è stata respinta, così come è successo Roberto Arzú e Carlos Pineda. Questi ultimi hanno lanciato un appello disperato perché trionfi il voto nullo. Ma tutto lascia presagire che la vittoria si giocherà al secondo turno tra la figlia del defunto dittatore, Zury Ríos, e l’ex first lady Torres”.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati