Interni
Il gioco non dev’essere un azzardo
Da Empoli (Fi) parte l’iniziativa degli enti locali per una gestione “responsabile” delle moderne sale giochi, perché le slot machine hanno un doppio costo: sviluppano dipendenze e sono controllate dalla criminalità
Conti in rosso, separazioni familiari, licenziamenti, usura, criminalità organizzata. Sono queste alcune delle conseguenze di una nuova forma di dipendenza: quella da gioco.
A gettare un faro su questa patologia che sta assumendo le dimensioni di massa è stata, da ultimo, la Commissione parlamentare antimafia, che nel novembre 2010 ha approvato una relazione specifica. Risultano indagini dell’autorità giudiziaria in materia di “gioco” lecito e illecito direttamente riferibili alla criminalità organizzata con arresti e sequestri in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia, Abruzzo, Toscana, Liguria e Lombardia ha scritto la Commissione. Il gioco, in particolare le cosiddette slot machine, ormai presenti in tutti i bar e i locali pubblici italiani dopo la loro legalizzazione con la legge finanziaria del 2003, sono un affare importante per le mafie italiane, uno strumento fondamentale per riciclare nell’economia legale il denaro sporco.
I dati ufficiali illustrano chiaramente il valore del business: il solo gioco legalizzato coinvolge circa 30 milioni di persone, di cui 7 milioni con frequenza settimanale, e sviluppa un fatturato di circa 60 miliardi di euro. In buona sostanza ogni giocatore spende 1.860 euro l’anno per il gioco, praticamente il valore di uno stipendio di un funzionario e di quasi due stipendi da operaio. Ancora: dai circa 500 siti web fuorilegge individuati e “inibiti” dalle autorità nei primi mesi del 2006, a fine aprile 2010 si è arrivati a 2.232, con un numero di tentativi di accesso passati dai circa 90 milioni del 2006 ai 400 milioni del 2008, cifra che oggi si stima quasi raddoppiata.
“La diffusione estesa sul territorio delle più fantasiose forme di ‘tassazione indiretta’ (derivanti dal cosiddetto ‘gratta e vinci’, dal lotto e sue varianti, dalle slot machine, dalle sale bingo, dal gioco via internet, dal videopoker) -ha scritto la Commissione antimafia- in verità alimentano la ‘malattia del gioco’, invece di curarla”. Un’accusa chiara e pesante di fronte alla quale un comune italiano, quello di Empoli (Fi), ha sentito il bisogno di attivarsi. L’assessore Filippo Torrigiani ha elaborato uno specifico regolamento, poi votato all’unanimità dal consiglio comunale, relativo all’apertura e alla gestione delle sale giochi che è diventato un modello per molti enti locali italiani. “La nostra non è assolutamente una crociata contro nessuno -afferma Torrigiani-. Siamo a favore della libera impresa e dei soggetti che lavorano in modo serio. Vogliamo far conoscere ai cittadini i danni che il gioco può generare”.
“Nelle prossime settimane -conclude Torrigiani- con Avviso Pubblico daremo vita alla nascita di una rete nazionale di enti locali del gioco responsabile”.