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Il fallimento delle autorità della Nigeria per liberare le studentesse di Chibok

© Michael Fleshman - Flickr

Delle 276 ragazze rapite da Boko Haram nel Nord del Paese nell’aprile 2014 ancora 98 risultano in prigionia. Come loro, tanti altri bambini sono stati presi di mira dai sequestri del gruppo terroristico. “Ma il governo sembra non imparare dal dolore provocato alle vittime e alle famiglie”, denuncia Amnesty International

Calato il buio della notte tra il 14 e il 15 aprile 2014, alcuni militanti di Boko Haram, gruppo terroristico di matrice jihadista che da anni controlla i territori del Nord-Est della Nigeria, fecero irruzione nella scuola femminile della città di Chibok, nello Stato di Borno.

L’intento iniziale sarebbe stato quello di rubare un macchinario per la produzione di mattoni. Una volta caricato sul furgone, però, diedero fuoco all’edificio e rapirono le ragazze che vivevano e studiavano nel convitto. In 276 vennero portate nella foresta di Sambisa, dove si troverebbe anche il leader del gruppo, Abubakar Shekau. Secondo le ricostruzioni sarebbero state poi divise tra cristiane e musulmane, con l’obbligo per queste ultime di sposare alcuni dei miliziani e per le prime di convertirsi a forza, per poi far la stessa fine delle compagne.

La storia delle studentesse di Chibok fece il giro del mondo per via di un’enorme campagna mediatica sotto il segno di #BringBackOurGirls, tanto che molte figure di spicco denunciarono le autorità nigeriane di non star agendo abbastanza per liberare le ragazze. Alcune di loro riuscirono a scappare da sole, altre furono liberate nelle deboli trattative tra governo e Shekau.

Tuttavia, com’è tornata a denunciare Amnesty International, delle 276 studentesse portate via ancora 98 sono in stato di prigionia. La strategia dei rapimenti dei giovani è stata applicata più volte negli anni da Boko Haram, dimostrando il “totale fallimento delle autorità nigeriane nell’imparare dal dolore provocato dai fatti di Chibok e, in ultima analisi, nel proteggere i minori”. Tra dicembre 2020 e marzo 2021 ci sono stati infatti cinque casi di rapimento nel Nord del Paese, nelle città di Kankara, Kagara, Jangebe, Damishi Kaduna, Tegina e Yawuri, mentre 600 istituti scolastici sono stati chiusi perché a rischio di nuovi attacchi. Ciò sfortunatamente non è bastato: a partire da febbraio 2021 oltre 780 bambini e bambine sono stati rapiti in diverse aggressioni a scuole e istituti religiosi nelle zone controllate, di loro ancora 61 sono nelle mani dei militanti.

Nel report “We dried our tears” pubblicato dall’organizzazione a maggio 2020, si legge come il conflitto nello Stato di Borno abbia avuto un impatto devastante sui bambini. Vengono presi di mira dai militanti che li rapiscono per farne “mogli” o soldati, oppure a scopo di riscatto. Inoltre “dopo essere fuggiti da Boko Haram, devono affrontare ulteriori violazioni da parte delle autorità nigeriane -continua il report-. Nella migliore delle ipotesi, finiscono sfollati, lottando per la sopravvivenza e anche con la scuola elementare spesso inaccessibile. Nella peggiore delle ipotesi, sono detenuti arbitrariamente dai militari per anni, in condizioni di tortura o altri maltrattamenti; molti sono morti in carcere”.

“I genitori delle 98 studentesse di Chibok che sono ancora prigioniere di Boko Haram -così come altri bambini e bambine rapiti dal gruppo armato- stanno vivendo in uno stato di angoscia, sapendo che i loro figli e le loro figlie sono nelle mani di individui spietati che sottopongono i loro cari a brutalità agghiaccianti”, spiega Isa Sanusi, direttrice di Amnesty International Nigeria.

A fine marzo di quest’anno, Amnesty International è entrata in contatto con cinque studentesse di Chibok che erano riuscite a scappare da Sambisa, le quali hanno dichiarato di aver perso quasi ogni speranza che le altre 98 compagne vengano salvate. Anche i genitori delle ragazze ancora prigioniere hanno manifestato grande preoccupazione per le condizioni deplorevoli in cui sono costrette a vivere da ormai nove anni, anche perché le autorità nigeriane hanno ormai smesso di comunicare con le famiglie delle vittime. “Il nostro dolore è infinito perché con 14 delle ragazze rapite sono arrivati 24 figli -è una delle testimonianze riferite ad Amnesty-. Abbiamo con noi nipoti i cui padri ci sono ignoti. Il nostro fardello si è ora moltiplicato perché non abbiamo i soldi per venire incontro all’ulteriore responsabilità di dover nutrire, educare e curare le nostre figlie e i nipoti rientrati. Questo si aggiunge al rifiuto sociale e allo stigma che stiamo subendo. Siamo semplicemente senza speranza”.

Le vite umane coinvolte nel conflitto, che perdura dal 2013, mostrano il totale fallimento del governo nigeriano oltre che della comunità internazionale: circa 10mila persone sono morte in detenzione durante gli scontri, tra cui molti bambini, stima ancora Amnesty International. “È giunto il momento che le autorità nigeriane intraprendano azioni serie per contrastare individui e gruppi armati come Boko Haram -conclude Isa Sanusi-. La Nigeria ha l’obbligo di prendere provvedimenti a tutela di tutti i minori; la mancanza di responsabilità per questi crimini spietati ne sta alimentando l’impunità. Le studentesse di Chibok scomparse devono essere riportate a casa dalle loro famiglie e tutti coloro che hanno commesso e commettono gravi violazioni devono essere sottoposti alla giustizia”.

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