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Diritti / Opinioni

Il diritto alla salute non gode di buona salute

Somministrazione del vaccino anti-polio nella regione dell'Oromia in Etiopia © Unicef Mulugeta Ayene

L’Oms compie 75 anni. Sebbene siano stati fatti importanti passi avanti, la globalizzazione neoliberale ha ampliato le disuguaglianze sanitarie. La rubrica di Nicoletta Dentico

Tratto da Altreconomia 259 — Maggio 2023

Settantacinque anni fa diventava operativa l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), la prima agenzia tecnica delle Nazioni Unite: quello alla salute fu il primo diritto a farsi internazionale e vincolante. I politici sopravvissuti alla catastrofe di due Guerre mondiali, alla ferocia di due genocidi (quello armeno e la Shoah) e alla scelleratezza di due bombe nucleari sganciate in tre giorni sulle città di uno stesso Paese, vollero incarnare l’aspirazione di una visione decisamente utopica: cooperare era meglio che farsi la guerra, realizzare il più alto livello di salute possibile per tutti era la strategia vincente per fare del mondo un luogo più sicuro.

La Costituzione dell’Oms, il cui preambolo si staglia come una delle più alte elaborazioni concettuali di politica internazionale, unisce salute e pace come condizioni per la sostenibilità e la dignità di ogni essere umano sul Pianeta.

Che cosa resta di quella visione? I risultati non mancano. Dal 1948 a oggi l’aspettativa di vita a livello globale è aumentata da 46 a 73 anni e i progressi più significativi sono avvenuti nel Sud globale. Il vaiolo è stato eradicato, manca poco a sconfiggere anche la poliomielite. In 42 Paesi è scomparsa la malaria e in 47 almeno una malattia tropicale. Prima del Covid-19, anche tubercolosi e Hiv erano sotto controllo. Negli ultimi venti anni la mortalità materna al parto è crollata di un terzo e quella dei bambini del 50%. Anche la piaga del fumo è diminuita grazie alla Convenzione sul controllo del tabacco la cui adozione, nel 2005, segna una pagina storica dell’Oms.

Ma la globalizzazione neoliberale ha profondamente ampliato e stratificato le disuguaglianze. Se è vero che dal 2000 è aumentato l’accesso ai servizi sanitari essenziali è altrettanto evidente che sono cresciuti molto di più i bisogni della popolazione mondiale, sotto gli effetti dell’intossicazione (dovuta al modello di sviluppo economico) del suolo, dell’aria, dell’acqua e dello stesso modo di vivere delle persone.

Il 50% della popolazione mondiale non ha accesso a uno o più servizi sanitari di base secondo le stime dell’Oms. Dal 2000, inoltre, è salito a due miliardi il numero di persone costrette a pagare di tasca propria, con immensi sacrifici finanziari, i servizi sanitari essenziali: un terzo in più in vent’anni.

Abbiamo già raccontato la crisi legata alla resistenza agli antibiotici, esito pandemico della violenza dell’industrializzazione dell’agricoltura e dell’allevamento animale. La crisi climatica mette a dura prova l’abitabilità del Pianeta nel futuro mentre la finanziarizzazione della vita rende inabitabile il presente. L’esistenza di miliardi di persone, stritolate da ritmi di produzione sempre più accelerati e deregolamentati, e a costi crescenti, altera la salute mentale di individui, famiglie e generazioni strette nella morsa di un lavoro (quando c’è) che non basta per vivere dignitosamente. Spesso, fonte di malattia e morte.

Cresce inoltre la popolazione che si trova in uno stato di eccezione quasi permanente, discriminata e marginalizzata come se non fosse umana, ma una porzione a perdere nel tritacarne dell’illusoria crescita economica. Infine, la massa di popoli in movimento, alla ricerca di una via di salvezza o di una vita comunque degna, si scontra con la ferocia di politiche securitarie che non lasciano scampo, alterando definitivamente lo stato di salute fisico e mentale di chi le subisce, ma anche quello della politica collettiva di chi le somministra.

Il diritto alla salute non gode affatto di buona salute. E lo stesso vale per l’Oms, sfregiata nel suo mandato costituzionale dalla pervasiva presenza di interessi privati, impegnati oggi ad architettare la sorveglianza globale che serve a gestire le nuove potenziali pandemie, ma non a prevenirle. Sia mai.

Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici senza frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development

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