Economia / Attualità
Il dannoso sconto fiscale a tabacco riscaldato e sigarette elettroniche
Solo nel 2021 in Italia le aziende dei prodotti “senza fumo” hanno ricevuto un’agevolazione sulle accise pari a 1,2 miliardi di euro, denuncia Tobacco endgame. Un valore destinato ad aumentare mentre la loro popolarità è in crescita, specie tra i giovani. E non esistono evidenze su un loro minore danno per la salute
Le sigarette elettroniche e a tabacco riscaldato in Italia godono di un regime fiscale privilegiato rispetto ai prodotti da fumo “tradizionali”. Solo nel 2021 questa disparità di trattamento ha portato a una perdita per le casse dello Stato di 1,2 miliardi di euro che è destinata ad aumentare vista la crescente popolarità di questi prodotti, soprattutto tra i giovani, e che se correttamente riscossa potrebbe essere utilizzata per iniziative di salute pubblica. È la denuncia di Tobacco endgame, “Alleanza per un’Italia senza tabacco” che vuol far pressione su governo, Parlamento e istituzioni per spingerli ad agire contro l’epidemia di fumo di tabacco. Tra le diverse associazioni che hanno aderito al manifesto di Tobacco endgame vi sono l’Associazione italiana di epidemiologia, l’Associazione italiana di oncologia medica. Legambiente e l’Associazione medici per l’ambiente (Isde).
“Riteniamo ingiustificato il regime fiscale di favore accordato a questi prodotti e chiediamo una rimodulazione delle accise che eguagli i nuovi prodotti alla sigaretta tradizionale. La perdita di gettito calcolata negli ultimi due anni rappresenta una risorsa irrinunciabile per il nostro Paese in un momento di difficoltà come questo, a causa della crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo -si legge nella presa di posizione pubblicata a metà gennaio-. Crediamo che il recupero di tali importi sia doveroso per ragioni di equità impositiva nei confronti di tutti gli attori del mercato e di equità sanitaria, sulla base anche delle raccomandazioni della Commissione europea indicate nel piano europeo contro il cancro”. Oltretutto questi prodotti riuscirebbero a evadere il divieto di pubblicità e di utilizzo nei luoghi al chiuso e sul posto di lavoro. Lo fanno promuovendo il solo dispositivo elettronico, in modo particolare sui social, e sfruttando la classificazione di “prodotto non da fumo” che gli permette di sottrarsi a leggi incentrate sulla sigaretta tradizionale.
Le sigarette elettroniche e quelle a tabacco riscaldato, nonostante abbiano dei funzionamenti diversi, si basano sullo stesso principio: non bruciano il tabacco e allo stesso tempo producono un aerosol a base di nicotina. È proprio su questa caratteristica che fanno leva le aziende produttrici per presentarle come un prodotto più salutare rispetto al tabacco tradizionale. Entrando nel dettaglio sul loro funzionamento, le sigarette elettroniche riscaldano un liquido a base di nicotina e altri aromi. Secondo la relazione il fumo prodotto in questo modo contiene sostanze dannose per la salute, tuttavia, a causa della grande varietà di “aromi” e di dispositivi in vendita, la loro concentrazione e tipologia può variare sensibilmente. I prodotti a tabacco riscaldato invece permettono di scaldare uno stick di tabacco a una temperatura di circa 350 °C (evitandone quindi la combustione che avviene a circa 900 °C). Anche in questo caso i produttori sostengono che, in assenza di combustione, il loro fumo sia meno dannoso per la salute e possa aiutare i fumatori a smettere. “Oggi però questo ‘minor danno’ rispetto al fumo è ancora da dimostrare. Né fino ad ora sembra stiano contribuendo in modo chiaro ad un mondo senza fumo: per dire la verità sembra invece stiano abituando al fumo (seppur in forma diversa) e alla dipendenza da nicotina intere nuove generazioni, annullando anni di sforzi di lotta”, ribatte però Tobacco endgame.
Eppure, come detto, questi prodotti in Italia godono di un sistema di accise agevolato. Se il normale prelievo fiscale per le sigarette è pari al 77% del prezzo del pacchetto, nel caso del tabacco riscaldato questo è del 39%. In tal caso le aziende incassano fino al 50% del prezzo pagato dal rivenditore contro il 10% nel caso “tradizionale”. Su un totale di quasi nove milioni di chilogrammi di tabacco riscaldato venduti nel 2021 la riduzione dell’accisa avrebbe portato a un mancato guadagno di quasi un miliardo di euro mentre per le e-cigarette è stato di 200 milioni di euro sui 208mila litri di liquido venduto. Stima destinata ad aumentare in parallelo alla popolarità dei tabacchi senza fumo, per il 2022 le perdite son destinate ad aumentare di 184 milioni di euro. “Lo sconto fiscale dello Stato, oltre che essere immotivato, sostiene economicamente le industrie del tabacco nella distribuzione di questi prodotti, facendo crescere un mercato non meno pericoloso di quello delle sigarette tramite soldi pubblici che potrebbero esser impiegati per sostenere la salute”. Un mercato che è sempre più appannaggio delle maggiori aziende, come Philip Morris international e British american tobacco, che stanno acquistando prodotti e brevetti in questi settori
Nonostante i proclami delle aziende al momento non esistono solide evidenze scientifiche per cui sarebbero meno dannose dei prodotti che sostituiscono. Anche se le ricerche, finanziate in molti casi dalle stesse aziende, sostengono che il fumo alternativo contenga meno sostanze tossiche non esistono evidenze, tantomeno dati epidemiologici a lungo termine vista anche la recente immissione sul mercato dei dispositivi, che possano giustificare un minore danno alla salute. Il Comitato scientifico della Commissione europea (Efsa) ha riportato un effetto irritativo delle vie respiratorie e rischi per la salute cardiovascolare oltre a un pericolo per l’esposizione passiva. Allo stesso modo l’Istituto superiore di Sanità, analizzando la sigaretta a tabacco riscaldato, non ha trovato prove di un effettivo abbassamento dei rischi per la salute. L’Organizzazione mondiale della sanità e le principali istituti e organizzazioni mediche sono concordi nello sconsigliare i prodotti alternativi sia a chi non ha mai fumato sia al consumatore abituale.
Un altro motivo di preoccupazione riguarda la diffusione del prodotto tra i giovani. “Sebbene le aziende che li producono e li vendono indicano che questi nuovi prodotti siano destinati ai fumatori adulti, il design tecnologico, l’enorme varietà di gusti (soprattutto per quanto concerne le sigarette elettroniche) e le strategie di marketing, che arruolano influencer per promuoverli sui social (come Instagram e Tik Tok) e sponsorizzare eventi alla moda e musicali nelle varie città italiane, sembrano puntare invece soprattutto ai più giovani, tra cui anche quelli che non hanno mai fumato”, si legge ancora nella relazione di Tobacco endgame. Secondo un sondaggio tenuto dall’European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs (Espad) su 16mila studenti tra i 15 e i 19 anni, nel 2018 il 6,9% dei ragazzi faceva uso della sigaretta elettronica e il 4,5% ne faceva un uso duale. Mentre il 2% ha dichiarato di abbinare prodotti a tabacco riscaldato con altri contenenti nicotina. La pretesa delle aziende secondo cui i loro dispositivi aiuterebbero i fumatori a smettere sembra dunque infondata; infatti, la maggior parte delle istituzioni internazionali non ne consiglia affatto l’utilizzo per questo scopo.
Per queste ragioni Tobacco propone una regolamentazione più restrittiva a partire da un’accisa pari a quella dei prodotti “concorrenti” e un più severo divieto di pubblicità e utilizzo nei luoghi pubblici. I vantaggi fiscali ottenuti potrebbero essere investiti per la lotta al fumo ma anche per ricerche indipendenti che esamino in profondità gli effetti a lungo termine dei tabacchi alternativi, che in questo momento sono principalmente finanziati dalle aziende. “Tuttavia, una cosa è chiara: entrambi questi dispositivi non generano ‘vapore’. Le emissioni contengono sostanze tossiche e pericolose per la salute; pertanto, se da una parte bisogna disincentivare l’iniziazione a tali prodotti tra i giovani, dall’altra bisogna evitare l’esposizione passiva alle loro emissioni delle persone che non ne fanno uso”, concludono i membri dell’Alleanza.
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