Diritti
Il coraggio del dialogo e del confronto: una visita all’aeroporto militare di Cameri
Nella tarda mattinata di venerdì 10 dicembre, una delegazione di esponenti di diversi enti ed associazioni impegnati da tempo sul delicato versante della pace, hanno fatto visita all’aeroporto militare di Cameri (No) per confrontarsi con esponenti dell’Aeronautica Militare sulla questione…
Nella tarda mattinata di venerdì 10 dicembre, una delegazione di esponenti di diversi enti ed associazioni impegnati da tempo sul delicato versante della pace, hanno fatto visita all’aeroporto militare di Cameri (No) per confrontarsi con esponenti dell’Aeronautica Militare sulla questione degli aerei da caccia F35 che saranno prossimamente assemblati e collaudati proprio nell’aeroporto novarese. L’invito a visitare il sito, dove verranno assemblati gli aerei da guerra F35, era venuto dal Generale Debertolis, al termine di un convegno tenutosi a Roma il 24 novembre scorso, in cui erano state formulate pesanti critiche al progetto degli F35. Della delegazione facevano parte Mons. Mario Bandera responsabile della Commissione Giustizia e Pace della Diocesi di Novara, don Renato Sacco membro del Consiglio nazionale di Pax Christi, padre Domenico Cremona del direttivo della Commissione Giustizia e Pace dell’Ordine Domenicano e Francesco Vignarca della Rete Italiana per il Disarmo. La delegazione è stata ricevuta dal generale dell’Aviazione Stefano Salamida direttore del programma JSF (Joint Strike Figther), dal Colonnello Giuseppe Lupoli responsabile della direzione generale del programma armamenti del Ministero della Difesa e dal colonnello Alessandro Tubini comandante dell’aeroporto di Cameri.
L’incontro ha avuto il merito di mettere direttamente a confronto due realtà che partono da visioni antitetiche circa il problema degli F35, nell’illustrare il progetto gli ospiti dell’Aeronautica Militare hanno ripercorso tutta la storia che ha portato l’Italia ad aderire a questo programma. Dalla scelta dell’aeroporto di Cameri, quale sito strategico per l’aeronautica italiana, alle prospettive future per un polo d’eccellenza per la qualità tecnologica d’avanguardia che si svilupperà in una zona cerniera tra Piemonte e Lombardia, sino alle ricadute sul territorio. L’incontro durato oltre due ore ha dato modo ai rappresentanti dei vari organismi che s’impegnano per la pace di interagire e porre diverse domande alla quali gli esponenti dell’aeronautica militare hanno risposto con chiarezza e disponibilità, sfatando in tal senso alcuni luoghi comuni. Ricordiamo che per le istituzioni politiche e industriali locali il progetto è sempre stato presentato come una realtà capace di creare diecimila posti di lavoro, ma i dati reali dimostrano come trattandosi di un programma ad altissimo livello vi concorreranno oltre una cinquantina di ditte situate in diverse regioni italiane, per cui la cifra sbandierata ai quattro venti come la soluzione del problema occupazionale del novarese va molto ridimensionata. Secondo i responsabili militari del programma si arriverà a circa 600 operai che saranno assunti a termine ed impiegati per la costruzione dei plessi necessari per l’assemblaggio e, a regime massimo, a non più di duemila tecnici – diversi dei quali trasferiti dalle linee attualmente operative sull’Eurofighter – in grado di far funzionare le linee operative necessarie per la costruzione degli aerei. Inoltre la costruzione delle ali (parte fondamentale e remunerativa ottenuta dall’Italia solo dopo numerose pressioni) avverrà presso gli stabilimenti Alenia di Nola e Foggia. Ricordiamo inoltre che si tratta del progetto più costoso per dotazioni d’armamenti mai visto in Italia: circa 15 miliardi di euro.
Nel merito del confronto è stato fatto notare come il progetto avviato nel 1998 dall’allora ministro Beniamino Andreatta, ha potuto contare sulle benedizioni “bi-partisan” di tutti i governi che si sono succeduti. Va detto anche che l’affabilità dei modi unita ad un linguaggio franco e leale ha permesso di avviare e condurre un dialogo importante e costruttivo in cui le varie posizioni sono state passate in rassegna non tanto per convincere gli interlocutori dell’altra parte della bontà delle proprie idee, quanto piuttosto per parlarsi apertamente, senza viscide mediazioni politiche capaci di strumentalizzare le diverse posizioni e radicalizzarle in un vicolo cieco senza nessuna via d’uscita. L’occasione è stata utile per chiarire al meglio alcuni aspetti tecnici e di dati concreti, fondamentali per potersi costruire un parere approfondito e serio e non meramente ideologico.
L’essersi incontrati, l’aver parlato con chiarezza, aver avviato un confronto a tutto campo tra militari ed esponenti del mondo cattolico particolarmente impegnati sul versante della pace, può aprire prospettive nuove di dialogo e confronto, per arrivare, come ricordava recentemente Mons. Corti vescovo di Novara in un suo recente intervento, a “cambiare rotta” sul programma degli F35. Questa visita che per singolare coincidenza ha avuto luogo nel giorno della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: è stata una buona occasione e uno stimolo importante per continuare a tenere vivo il “sogno biblico di Isaia: forgeranno le spade in aratri… non si eserciteranno più nell’arte della guerra”. Agli uomini di buona volontà la responsabilità di renderlo credibile e realizzarlo nella Storia.
Mons. Mario Bandera, Responsabile della Commissione Giustizia e Pace di Novara
Padre Domenico Cremona, della Commissione Giustizia e Pace dell’Ordine Domenicano
Don Renato Sacco, Consigliere Nazionale di Pax Christi
Francesco Vignarca, della Rete Italiana per il Disarmo.