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Il confinamento dei rifugiati in Turchia e la cecità dell’Europa

© European Union 2016 - European Parliament"

Nel Paese vivono milioni di persone a cui è sottratta ogni prospettiva di futuro a cui non resta che sfidare la sorte. Mettendosi in mare. La rubrica di Gianfranco Schiavone

Tratto da Altreconomia 258 — Aprile 2023

Secondo i dati diffusi a fine febbraio dall’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo (Euaa) nel 2022 nell’Ue sono state presentate quasi un milione di domande di protezione internazionale (per la precisione 966mila) con un aumento del 50% rispetto al 2021. Si tratta del numero più elevato dal 2016. Un aumento che però non deve allarmare e anche la curva di crescita risulta contenuta se si considera il numero delle domande presentate nel 2019 (715mila), anno che precede la pandemia da Covid-19 che, nel biennio 2020-2021, ha fortemente limitato la mobilità globale.

Non deve essere quindi il numero assoluto di domande presentate a preoccupare, bensì le nazionalità prevalenti dei richiedenti: siriani (132mila), afghani (129mila) e turchi (55mila). Da un decennio, Siria e Afghanistan sono i Paesi da cui proviene il maggior numero di rifugiati al mondo. Quelli siriani sono circa 5,6 milioni (di cui 3,8 milioni nella sola Turchia) e gli afghani 2,6 milioni, di cui 1,4 milioni in Pakistan, 800mila in Iran e circa 300mila in Turchia. Cifre al ribasso, poiché molte persone non sono registrate.

La Turchia, divenuto negli ultimi anni il primo Paese al mondo per numero di rifugiati presenti sul suo territorio (quasi quattro milioni), per cercare di diminuire gli arrivi ha costruito un muro lungo 560 chilometri lungo il confine iraniano cercando, al pari di Teheran, di respingere i richiedenti asilo con ogni mezzo. Compresa la violenza, come emerge dal rapporto di Amnesty International “They don’t treat us like humans. Unlawful return of afghans from Turkey and Iran”, dell’agosto 2022.

Chi, nonostante i molti ostacoli, riesce a entrare in Turchia non accede però una protezione effettiva: il Paese applica infatti la Convenzione di Ginevra con una limitazione geografica, che prevede il pieno riconoscimento ai soli rifugiati provenienti da un “Paese di origine europea”. Mentre per coloro che provengono da Stati non europei è previsto un limitato “status condizionale di rifugiato”. I siriani invece ottengono una forma di protezione temporanea, ma con una restrizione territoriale che li confina in un’area assegnata. In ogni caso, anche al di là della mancanza di una protezione giuridica effettiva, l’accoglienza dei rifugiati provenienti da Siria e Afghanistan è condizionata dal loro stesso numero, così abnorme da impedire la realizzazione di reali programmi di integrazione socio-economica.

Le persone partite dalle coste turche nel 2022 nel tentativo di raggiungere l’Italia via mare sono state oltre 18mila. Erano state 9.600 nel 2021.

La Turchia si è dunque trasformata in un enorme Paese di confinamento per milioni di persone a cui è sottratta ogni prospettiva di futuro. Enormi sono le responsabilità dell’Unione europea dal momento che è stata Bruxelles, a partire dal cosiddetto accordo siglato nel 2016, a chiedere ad Ankara di fermare i profughi in cambio di sei miliardi di euro e di molte concessioni al governo autocratico di Recep Tayyip Erdoğan (che a sua volta ha iniziato a “produrre” i propri rifugiati). L’inganno iniziale dato dall’annuncio che sarebbero stati realizzati ampi programmi di reinsediamento verso l’Europa si è presto dissolto: non ci sono stati. Solo 36.763 siriani sono stati trasferiti nell’Ue tra il 2014 e il 2022, di cui 396 in Italia, secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno turco. Il forte aumento degli arrivi via terra lungo la rotta balcanica (+136% nel 2022 rispetto al 2021) e la crescita delle partenze via mare verso le coste italiane (18mila quelle registrate nel 2022, con il loro carico di naufragi) sono le conseguenze dirette della cecità di aver scelto come unica soluzione il confinamento dei rifugiati in Paesi terzi pensando che il conto non sarebbe mai arrivato.

Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni. Già componente del direttivo dell’Asgi, è presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste

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