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Il caso Cospito, tra la revoca del regime di 41 bis e la pena costituzionale

© Tim Hüfner - Unsplash

Dal 19 ottobre 2022 l’anarchico Alfredo Cospito ha iniziato uno sciopero della fame contro il regime speciale ex art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario e contro l’ergastolo ostativo. Abbiamo intervistato Valentina Calderone, direttrice dell’associazione A Buon Diritto, per comprendere meglio i fatti e la cronaca

Dal 19 ottobre 2022 l’anarchico Alfredo Cospito ha iniziato uno sciopero della fame contro il regime speciale ex art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario. Com’è noto il 41 bis è una forma di detenzione particolarmente dura, introdotta per reati commessi da membri della criminalità organizzata quando “sia stata accertata la permanenza dei collegamenti con le associazioni di appartenenza”. Cospito è in carcere dal 2012, condannato a 30 anni per aver gambizzato quell’anno Roberto Adinolfi, l’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare, e per aver piazzato due ordigni esplosivi fuori da una caserma di Cuneo nel 2006. Il 41 bis era stato firmato il 4 maggio 2022 dall’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Torino e della Direzione nazionale antimafia, dopo che Cospito aveva fatto pervenire dal carcere “documenti di esortazione alla prosecuzione della lotta armata di matrice anarco-insurrezionalista”.
Grazie a Valentina Calderone, direttrice dell’associazione A Buon Diritto, che ha risposto a queste domande, approfondiamo alcune questioni a partire dalla cronaca di questi giorni. A Buon Diritto è una Onlus che dal 2001 si occupa dei diritti fondamentali della persona, portando assistenza a coloro che sono privati della libertà, a chi cerca di integrarsi nel nostro Paese, a chi è vittima di discriminazioni o di episodi di razzismo, a chi ha subito abusi o torture.

Dopo oltre 100 giorni di sciopero della fame, il caso Cospito è finito su tutti i giornali con l’aumento dello scontro con i gruppi anarchici e le proteste nelle città e nella società civile. Il governo di destra guidato da Giorgia Meloni ha risposto con una conferenza stampa congiunta tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio, quello degli Interni Matteo Piantedosi e degli Esteri Antonio Tajani, confermando una linea di fermezza sul 41 bis e di non trattativa, che molti osservatori hanno giudicato miopi e pericolosi. Qual è la logica secondo te di questo irrigidimento dello Stato?
VC Lo Stato non dovrebbe avere nemici, o meglio la vendetta dovrebbe stare al di fuori dell’amministrazione della giustizia. Un discorso maturo, dal punto di vista delle istituzioni, dovrebbe escludere la violenza come strumento per combattere la violenza. In Italia la tendenza al populismo penale ha alimentato campagne elettorali, ha creato consenso, favorendo un’incapacità di avere una visione di lungo termine, e anche pedagogica, di quello che dovrebbe essere la Giustizia. Questo sentimento non deve entrare nelle decisioni sanzionatorie dello Stato. Sono state inserite nuove fattispecie di reato, il codice penale è stato rimpinguato anziché ridotto e la certezza della pena viene fatta corrispondere a un inasprimento delle sanzioni. Tutto questo, a mio parere non è giustificabile. Si vuole mantenere questa confusione, piuttosto che progredire. Il 41 bis per Cospito è sproporzionato rispetto a quello che ha commesso: un reato riconfigurato come strage “contro la pubblica incolumità […] volta ad attentare la sicurezza dello Stato”, in contrasto con il principio di proporzionalità nel diritto penale. Un paradosso inoltre, a vedere l’aumento delle proteste e del conflitto sociale di questi giorni, è sottintendere che Cospito sia dietro la regia di queste azioni, ammettendo il fallimento del 41 bis. Per una sintesi del caso di Cospito rimando al documento che ha realizzato l’associazione Antigone.

In questi giorni ci sono molte polemiche perché in Parlamento un deputato di Fratelli d’Italia, Giovanni Donzelli, ha accusato i parlamentari del Pd che avevano fatto visita a Cospito il 12 gennaio di essere dalla parte della mafia, rivelando informazioni riservate del Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, sul fatto che Cospito nell’ora d’aria sia stato incoraggiato dai boss mafiosi. Che idea ti sei fatta soprattutto sulle rivelazioni?
VC Degli oltre settecento casi di 41 bis in Italia, Cospito è l’unico che non appartiene a un’organizzazione criminale come mafia, camorra o ‘ndrangheta. Nell’ora d’aria del 41 bis ci sono momenti di socialità in gruppi di quattro persone, tutte al 41 bis ma non della stessa organizzazione criminale, per due ore al giorno. Le persone ai vertici delle organizzazioni, come è stato Totò Riina, possono incontrare solo un altro detenuto che, nel gergo del carcere, venivano chiamati le “dame di compagnia”, ora diventati “compagni di socialità”. È possibile che Cospito abbia condiviso l’ora d’aria con esponenti della camorra, della ‘ndrangheta e della Sacra corona unita, ma queste sono appunto informazioni che non abbiamo. Va ricordato, come ha fatto il ministro della Giustizia, che è un diritto e un dovere dei parlamentari visitare le carceri e constatare le condizioni di vita e di salute dei detenuti.

Secondo la tua esperienza c’è un abuso del 41 bis nel nostro Paese?
VC È difficile dirlo rispetto a ogni singolo caso, però quando ho lavorato nello staff della Commissione diritti umani al Senato e ho partecipato al monitoraggio dei reparti di 41 bis, ci siamo trovati  di fronte a situazioni molto complesse e diverse tra loro. I dati ci dicono che sono 749 le persone che stanno scontando il regime di carcere duro (aggiornati al 2021), ma il numero può essere cambiato in questo ultimo anno: mi è capitato di visitare persone che stavano scontando gli ultimi sei mesi di pena al 41 bis. C’è da chiedersi, per esempio, quale sia la valutazione nel mantenimento di questo regime fino al termine della pena. Esiste un’abitudine a riproporre il regime, e questo lo abbiamo evidenziato nella nostra relazione. Nell’immaginario comune si pensa che ci siano solo i grandi capi al 41 bis, ma per la maggior parte si tratta di persone con ruoli non necessariamente di spicco all’interno delle organizzazioni.

C’è poi il tema dell’ergastolo ostativo…
VC La Corte europea dei diritti dell’uomo ha sanzionato l’Italia per l’ergastolo ostativo. Da anni vediamo il rimpallo tra Corte costituzionale, Cassazione e legislatore sulla sua abolizione. L’ergastolo è ostativo quando il condannato non può accedere ai benefici penitenziari, a meno che non collabori con la giustizia. Il concetto di collaborazione e pentimento va rivisto: alcuni non collaborano per non mettere a rischio la famiglia che sta fuori, altri, invece, semplicemente perché non sono a conoscenza di informazioni utili. Nelle visite negli istituti con la Commissione diritti umani del Senato abbiamo incontrato appartenenti all’Anonima sarda sequestri al 41 bis, organizzazione che non esiste da più da trent’anni: come possono dare elementi utili sulla loro organizzazione? 

Cospito è stato trasferito dal carcere di Bancali, a Sassari, a quello di Opera, in provincia di Milano, per motivi di salute. Si aspetta il verdetto della Cassazione, ma potrebbe essere troppo tardi.
VC L’anticipazione del verdetto della Corte di Cassazione al 7 marzo potrebbe non essere sufficiente. La medica di Cospito, Angelica Milia, ha dichiarato che potrebbe essere soggetto a infezioni e problemi cardiaci, rischiando la morte da un momento all’altro. Non esiste una previsione scientifica su quanto il suo fisico possa reggere in queste condizioni. Sappiamo che Cospito ha compilato le disposizioni anticipate di trattamento, stabilendo quali sono i trattamenti sanitari che non intende accettare nel caso in cui perda coscienza. 

Il dibattito sul carcere, una parola che non è presente nella Costituzione, si sta allargando: in molte scuole, per esempio, i ragazzi e le ragazze ne discutono proprio a partire dallo sciopero della fame di Cospito.
VC La speranza è che i ragionamenti sul sistema penale e sulle sanzioni diventino più complessi, che si parli di alternative al carcere, sovraffollamento, di salute mentale negli istituti, solo per citare alcune delle questioni fondamentali. Deve essere chiaro che quella che pensiamo essere la “normalità” del nostro sistema detentivo, contraddice l’articolo 27 della Costituzione: “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Nonostante quello sul carcere sia sempre stato un dibattito specialistico, la speranza è che attraverso la vicenda di Alfredo Cospito si possa allargare la platea interessata al tema e ridare a questa discussione pubblica l’attenzione che merita. 

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