Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti / Opinioni

Il cancro, metastasi della globalizzazione

I progressi nelle terapie non lambiscono i Paesi del Sud del mondo, dove i tumori sono considerati una malattia dimenticata. La rubrica di Nicoletta Dentico

Tratto da Altreconomia 247 — Aprile 2022
© National cancer institute, unsplash

Il 4 febbraio, Giornata mondiale della lotta al cancro, l’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) ha organizzato una densa riflessione sulle tendenze globali e nazionali dei tumori, in costante aumento. I riflettori devono restare accesi sul tema, i dati sono agghiaccianti: il cancro uccide ogni anno dieci milioni di persone (Oms), e le stime future non promettono nulla di buono. Con ragionevolezza, si può dire che le patologie tumorali sono un indicatore della globalizzazione.

Non basta più, neppure per la comunità scientifica, accontentarsi dei progressi conseguiti dalla medicina nella lotta al cancro. Le terapie innovative hanno di certo cambiato la storia dei pazienti: sono fondamentali e nessuno le mette in discussione. Ma il focus esclusivo sulle soluzioni biomediche rischia di far perdere di vista le cause a monte di questa pandemia, ormai diffusa anche nei Paesi del Sud del mondo. L’efficacia delle terapie antitumorali poggia su un sistema di salute autenticamente pubblico e universalistico, ispirato alla presa in carico della persona in quanto titolare del diritto alle cure.

Le terapie, non banali per un sistema sanitario sotto il profilo finanziario, sono un lusso nei Paesi con sistemi a vocazione privatistica, imperniati su logiche assicurative di mercato, per cui l’accesso alla cura dipende dalla capacità di guadagno del paziente, dalla sua età e dalla gravità del tumore, fattori che determinano criteri di copertura ovvero sistematiche forme di esclusione. La capacità finanziaria inficia nel tempo la stessa efficacia della terapia. E il mancato accesso per le fasce meno abbienti, prive di copertura sanitaria ai servizi oncologici nella gran parte dei Paesi del mondo, trasforma per paradosso la cura in un fattore scatenante di disuguaglianza, sicché la stessa politica sanitaria di uno Stato può determinare l’incremento dei tumori, la loro mancata gestione, il crescente impatto in termini di mortalità.

Non parliamo poi dei Paesi a basso reddito, dove il cancro svetterà nei prossimi venti anni (+69,7% in Asia, +92,9 in Africa, +77,3% in America Latina), con una autentica transizione epidemiologica. Se nelle nazioni ad alto reddito gli strumenti diagnostici più sensibili e le migliori terapie hanno drasticamente ridotto la mortalità, nel Sud globale il cancro è considerato una malattia dimenticata. Non esistono dispositivi di diagnosi né sistemi sanitari pubblici degni di questo nome, non esistono i farmaci per le terapie, se non per le élite locali nei centri privati delle capitali. Il resto è una terra desolata.

49,7% è l’incremento stimato dei tumori a livello globale nei prossimi vent’anni: dai 19,3 milioni di persone del 2020 passeranno a 28,9 nel 2040 (fonti Oms/Iarc).

L’apartheid sanitario non riguarda solo i vaccini contro Covid-19; è piuttosto un’insanabile faglia di disuguaglianze che solca il mondo con traiettorie imprevedibili. La comunità sanitaria ha denunciato come la pandemia abbia incrementato obesità e alcolismo, due condizioni che possono portare al cancro. Secondo l’Oms, sette tipologie di tumori sono correlate al consumo di alcolici (a laringe, faringe ed esofago, a colon e fegato, al seno e alla cavità orale).

Quanto all’obesità, la fotografia del National cancer institute americano sulle correlazioni alle forme tumorali non lascia tranquilli. Cibo e alcolici sono settori dell’economia poco regolamentati, anzi del tutto privi di regolamentazione in gran parte del mondo. Ma altri settori dell’economia, legati all’acquisizione e trasformazione di risorse primarie, meritano una menzione speciale. Che dire delle pratiche cancerogene del flaring nel Delta del Niger, che rilasciano fumi tossici e avvelenano l’aria, le acque, i raccolti, generando malattie e morti che non contano e che non vengono neppure contate nelle statistiche mondiali? Ma se fosse la deregulation, la sola regola della globalizzazione, la vera metastasi? 

Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici Senza Frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.