Diritti
Il calcio e la strada sbagliata
L’esplosione di violenza avvenuta domenica è l’ennesimo segno dei tempi durissimi che viviamo. La catena d’errori e di scelte sbagliate e colpevoli si allunga. Un poliziotto spara ad altezza d’uomo, senza sostanziale motivo, uccidendo un tifoso. La prima cosa da…
L’esplosione di violenza avvenuta domenica è l’ennesimo segno dei tempi durissimi che viviamo. La catena d’errori e di scelte sbagliate e colpevoli si allunga. Un poliziotto spara ad altezza d’uomo, senza sostanziale motivo, uccidendo un tifoso. La prima cosa da fare, per evitare reazioni inconsulte, sarebbe offrire una spiegazione immediata, stigmatizzare, invocare la calma e agire di conseguenza. Invece il questore dice ai giornalisti che l’agente ha sparato in aria e il portavoce nazionale della polziia Roberto Sgalla (lo stesso che si trovò a parlare, la notte della Diaz al G8 del 2001, di ferite pregresse, mentre sfilavano le barelle coi feriti appena massacrati dai suoi colleghi…) impedisce ai giornalisti di fare domande, pur a fronte di una versione grottesca (come a Genova anche questo). E’ un comportamento che sembra studiato per esacerbare gli animi. Ma com’è possibile essere così malaccorti?
La reazione degli ultrà è andata oltre ogni limite, con le minacce allo stadio di Bergamo e la guerriglia urbana a Roma, gli assalti ai commissariati e alle stazioni dei carabinieri. Sono azioni inacettabili e pericolose, che hanno anche messo a nudo le debolezze e le incapacità di chi è titolare della gestione dell’ordine pubblico. E la sensazione, anche stavolta, è che si vada allo sbaraglio contro gruppi di “tifosi” che da tempo vengono sospinti verso la violenza, senza che si faccia mai un tentatvio di affrontare la questione stadi con strumenti nuovi, diversi da quelli puramente repressivi, rivelatisi inefficaci e controproducenti.
Si continua a parlare di stadi chiusi, trasferte vietate, più poteri ai prefetti: tutti provvedimenti che vanno nella direzione della limitazione della libertà, con misure forse incostituzionali. Qualcuno crede davvero che in questo modo il tasso di violenza si ridurrà, che gli stadi diventeranno luoghi frequentabili senza apprensione? No, nessuno lo pensa. Ma lo stato, la politica, le istituzioni democratiche sono così deboli che giocano la carta della disperazione: porte chiuse al dialogo, alla prevenzione, all’idea di abbassare il livello del confronto. E’ una strada che non darà risultati, avremo altre domeniche così.