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Crisi climatica / Attualità

I media italiani continuano a ignorare la crisi climatica anche durante la Cop27

La siccità ed eventi drammatici come il crollo della Marmolada hanno determinato un aumento dell’attenzione da parte di quotidiani, Tg e trasmissioni di approfondimento. Ma il problema strutturale del panorama informativo italiano resta l’influenza che le aziende fossili, con le loro pubblicità, hanno sui media. L’analisi di Greenpeace

Nonostante un’estate flagellata dagli eventi estremi, sui quotidiani e in televisione la crisi climatica continua a trovare poco spazio e viene raccontata dai media italiani come se non avesse responsabili, a riprova dell’enorme influenza esercitata dall’industria dei combustibili fossili sul mondo dell’informazione. È quanto emerge dal nuovo studio che Greenpeace Italia ha affidato all’Osservatorio di Pavia (istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione) pubblicato in occasione della Cop27 sul clima di Sharm el-Sheikh che si chiude il 18 novembre.

Lo studio ha preso in esame cinque quotidiani nazionali (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), i telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 oltre a un campione di programmi di approfondimento nel periodo compreso tra maggio e agosto 2022. Andando così ad aggiornare i risultati del monitoraggio sulla copertura mediatica della crisi climatica che le due organizzazioni hanno avviato lo scorso gennaio (di cui avevamo scritto qui e qui).

Per quanto riguarda i quotidiani cartacei, si registra un aumento significativo della copertura della crisi climatica: nel secondo quadrimestre dell’anno, infatti, le cinque testate analizzate hanno pubblicato una media di tre articoli al giorno in cui si parla esplicitamente di questo tema (con una forbice che oscilla dai 2,5 di Repubblica ai 3,5 di Avvenire) con un picco nel mese di luglio, dovuto soprattutto alle preoccupazioni per la siccità e per le ondate di calore che hanno colpito l’Italia.

Ma i giornali continuano a dedicare ampio spazio alle pubblicità dell’industria dei combustibili fossili e delle aziende dell’automotive, aeree e crocieristiche, tra i maggiori responsabili del riscaldamento del Pianeta: sul Sole 24 Ore si contano quasi cinque pubblicità di queste aziende inquinanti a settimana, mentre la media sulle altre testate è di oltre tre a settimana. L’influenza del mondo economico sulla stampa emerge anche esaminando il modo in cui i principali quotidiani italiani raccontano la crisi climatica: negli articoli dedicati a questo tema, infatti, le aziende si confermano il soggetto che ha più voce in assoluto (16,3%), superando gli esperti (15,3%), i politici (12,8%) e le associazioni ambientaliste (12,2%).

I combustibili fossili indicati come causa della crisi climatica negli articoli che trattano esplicitamente la questione © Greenpeace

Per quanto riguarda invece la televisione, le immagini drammatiche della siccità e della tragedia della Marmolada hanno favorito una maggiore copertura da parte dei telegiornali di prima serata, dove si è parlato di crisi climatica in circa il 2,5% delle notizie trasmesse. Il TG1 è il telegiornale che ha dedicato più attenzione al problema mentre il peggiore è stato il TG di La7 di Enrico Mentana, che ha trattato il tema appena una volta a settimana. Più confortante l’operato dei programmi televisivi di approfondimento, in cui si è dato spazio a questo tema in 104 delle 385 puntate monitorate nei quattro mesi dell’indagine, pari al 27% del totale. Un deciso aumento rispetto al primo quadrimestre dell’anno, quando il tema era stato affrontato in appena il 6% della puntate. Anche in questo caso la trasmissione più virtuosa appartiene alla rete ammiraglia della Rai (Unomattina) mentre in fondo alla classifica si piazzano le due trasmissioni di La7 monitorate: L’Aria che tira e Otto e mezzo/In onda.

Percentuale di attenzione dedicata dai principali TG nazionali alla crisi climatica © Greenpeace

“La maggiore attenzione mediatica osservata nel secondo quadrimestre dell’anno è un segnale positivo, ma purtroppo si deve in gran parte agli impatti ormai visibili che la crisi climatica ha sul fragile territorio italiano, in un crescendo di danni e vittime che risulta ancora più insopportabile al cospetto dell’inazione della politica”, commenta Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia, che evidenzia ance un problema strutturale dei media italiani legato all’influenza che le aziende del gas e del petrolio esercitano sulla stampa del nostro Paese “pericolosamente dipendente da inserzioni pubblicitarie infarcite di greenwashing che inquinano l’informazione e impediscono all’opinione pubblica di conoscere la verità sull’emergenza climatica. Lo dimostra anche il fatto che le fonti fossili e le aziende del gas e del petrolio sono citate raramente tra le cause del riscaldamento globale, pur essendone i principali responsabili: nel racconto dei media, la crisi climatica resta in gran parte un delitto senza colpevoli”.

In base ai risultati dello studio, Greenpeace ha aggiornato la classifica dei principali quotidiani italiani, valutati mediante cinque parametri: lo spazio dedicato alla crisi climatica; il fatto di citare o meno i combustibili fossili tra le sue cause; quanta voce danno alle aziende inquinanti; quanto spazio viene concesso alle loro pubblicità; la trasparenza delle redazioni rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti. Quest’ultimo parametro è stato valutato con un questionario che Greenpeace ha inviato ai direttori delle cinque testate, a cui ha risposto parzialmente solo Avvenire che raggiunge la sufficienza (con 3,2 punti su 5). Scarsi invece i punteggi de La Stampa (2,6) e Repubblica (2,4) mentre Corriere della Sera e Sole 24 Ore si piazzano in fondo alla classifica.

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