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Ambiente / Approfondimento

I grandi fiumi e la plastica usa e getta trasportata nei mari

Una parte sostanziale dei detriti di plastica presenti in mare proviene dall’entroterra e i fiumi ne costituiscono le principali vie di trasporto. A destare le maggiori preoccupazioni lo Yangtze, in Cina, e i quattro fiumi giavanesi Brantas, Solo, Serayu e Progo. Ma non solo. Gli studi in campo e l’azione delle Nazioni Unite. L’analisi di Stefania Calleri di ARPAT

L’estate 2019 è all’insegna della lotta alle plastiche usa e getta che inquinano i mari, ma come finisce tutta questa plastica in mare? Secondo Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), circa l’80% della plastica che si trova nei mari è il risultato di una scarsa o insufficiente gestione dei rifiuti a terra, dovuta in particolare ad una limitata capacità di riusare e/o riciclare i materiali plastici. Naturalmente il problema non riguarda un solo Paese o un continente, ma l’intero Pianeta. L’UNEP individua tra le principali cause le discariche illegali di rifiuti domestici e industriali e quelle legali mal gestite, lo scarso trattamento delle acque reflue e gli sversamenti di acque reflue, le cattive abitudini da parte delle persone che utilizzano le spiagge a fini ricreativi o per pesca sportiva, l’attività industriale -in particolare le industrie con processi che coinvolgono materiali plastici-, i trasporti, le attività legate alla pesca, i contenitori per i rifiuti non adeguatamente coperti e le strutture per il contenimento dei rifiuti non chiuse ermeticamente, i rifiuti abbandonati al suolo che gli agenti atmosferici (pioggia o neve o vento) trasportano nei corsi d’acqua.

Le Nazioni Unite puntano molto sulla prevenzione e sulla corretta gestione dei rifiuti per risolvere, o almeno limitare fortemente il problema, che ormai è ampiamente conosciuto e motivo di crescente preoccupazione ecologica a causa della persistenza chimica delle materie plastiche e della loro frammentazione meccanica, che le riduce in microplastiche in grado di essere ingerite da piccoli organismi come lo zooplancton, entrando nella catena alimentare.

Uno studio inglese pubblicato nel giugno del 2017 ha stimato che i rifiuti plastici, che giungono in mare attraverso i fiumi, siano tra gli 1,15 e i 2,41 milioni di tonnellate. Le stime sono il risultato di una combinazione di informazioni geospaziali, di densità della popolazione, di gestione dei rifiuti, topografiche, idrografiche e relative alla posizione delle dighe.
Il modello evidenzia che la presenza di plastiche nei fiumi dipende dal drenaggio dei detriti dalle sponde del fiume e dalle insenature che conducono ai principali corsi d’acqua e risulta variabile in base alla stagione, sicuramente maggiore nel periodo che va da maggio a ottobre. I ricercatori stimano che ben due terzi (67%) dell’intero inquinamento marino è dovuto a 20 corsi d’acqua, che si trovano quasi tutti in Asia; questi coprono il 2,2% della superficie continentale e rappresentano il 21% della popolazione mondiale. Inoltre, i 122 fiumi più inquinanti (4% della superficie totale di massa terrestre e 36% della popolazione mondiale) hanno contribuito per oltre il 90% degli apporti plastici con 103 fiumi situati in Asia, otto in Africa, otto in America centrale e meridionale e uno in Europa.

Moltissimi i rifiuti plastici, che provengono dai fiumi asiatici, principalmente a causa del rapido sviluppo economico manifestatosi in Asia negli ultimi anni, spesso non accompagnato da una gestione efficiente dei rifiuti prodotti, soprattutto nelle aree meno urbanizzate. Per quanto riguarda la stagionalità, la ricerca ha evidenziato che le variazioni relative degli input mensili del subcontinente asiatico non appaiono così pronunciate come per gli altri continenti. Ciò è dovuto a un sostanziale equilibrio tra gli input che provengono dall’Asia orientale e dal subcontinente indiano durante l’estate dell’emisfero settentrionale e i contributi dal Sud-est asiatico durante l’estate dell’emisfero meridionale.

Le tonnellate di plastica che ogni anno raggiungono gli oceani – © Nature Communications, 2017

Per le altre parti del mondo, il modello ha mostrato due distinti picchi per i rifiuti plastici fluviali: uno che si verifica tra giugno e ottobre per i fiumi dell’Africa, del Nord e dell’America centrale e uno che si verifica da novembre a maggio per i fiumi europei, sudamericani e Australia-Pacifico. Secondo un altro studio, più recente, datato ottobre 2017 e realizzato da alcuni ricercatori tedeschi, sarebbero 10 i fiumi più importanti per il trasporto in mare di rifiuti plastici, responsabili del 90% circa della spazzatura di plastica presente nei mari. Lo studio in questione è basato sull’analisi di campioni di plastica e sull’elaborazione di dati acquisiti da ricerche precedenti, in particolare la ricerca si concentra sull’analisi di una raccolta globale di informazioni sui detriti di varie dimensioni presenti nella colonna d’acqua, sia frammenti microplastici (particelle <5 mm) sia macroplastici (particelle >5 mm), combinata con informazioni inerenti il sistema di gestione dei rifiuti nelle zone interessate. Entrambi gli studi, seppur con differenze, indicano il fiume Yangtze, in Cina, come il maggior “trasportatore” di rifiuti. L’Indonesia, invece, è risultata uno dei principali “contribuenti” del continente asiatico, con quattro fiumi giavanesi che destano particolare preoccupazione, si tratta dei fiumi Brantas, Solo, Serayu e Progo, che trasportano rispettivamente 38.900 (range 32.300-63.700), 32.500 (range 26.500-54.100), 17.100 (range 13.300-29.900) e 12.800 (range 9.800-22.900) tonnellate di plastica all’anno.

Per quanto riguarda invece i corsi d’acqua europei, non sono molti gli studi realizzati, ma quelli esistenti evidenziano che il Danubio, ogni anno, trasporta nel Mar Nero da 530 a 1.500 tonnellate di plastica, mentre attraverso il Reno finiscono, ogni anno, nel Mare del Nord da 20 a 21 tonnellate di plastiche. Per quanto riguarda, infine, l’Italia, i dati che si possono reperire riguardano principalmente il fiume Po, oggetto dell’iniziativa “Il Po d’AMare”, realizzata grazie alla sinergia di Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Corepla (il consorzio per il riciclo della plastica) e Castalia (consorzio di aziende per la tutela del mare), con il coordinamento dell’Autorità di Bacino distrettuale del fiume Po e con il patrocinio del Comune di Ferrara e dell’AIPO (Agenzia Interregionale per il fiume Po). La barriera “anti-marine litter” è stata realizzata nel tratto del fiume Po in località Pontelagoscuro, nel Comune di Ferrara, a 40 chilometri dalla foce, così da consentire una stima dei rifiuti presenti lungo quasi l’intero corso del fiume. Piccole barche “Sea hunter” hanno raccolto i rifiuti, in prevalenza plastica, materiali legnosi e canne, portandoli a riva. Da qui, i rifiuti sono stati trasportati presso l’impianto Transeco a Zevio (Verona), a circa 75 chilometri di distanza, dove sono stati sottoposti ad una prima selezione, suddividendoli in plastica da riciclare e frazione non riciclabile. I primi sono stati inviati al centro di selezione del consorzio Corepla, a Legnago (Verona), per le operazioni di riciclo.

I rapporti Unep per approfondire: “Marine litter: a global challenge”“Legal limits on single-use. Plastics and microplastics”

* ringraziamo per la disponibilità e la cortesia la dottoressa Stefania Calleri dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Toscana, curatrice del testo pubblicato il 20 agosto 2019 sul portale del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente

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