Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Altre Economie / Intervista

I 25 anni di Aitr all’insegna del turismo responsabile e per un futuro sempre più sostenibile

A metà maggio l’Associazione italiana turismo responsabile ha compiuto 25 anni. In questo periodo di tempo il concetto di turismo sostenibile è entrato al centro del dibattito e delle offerte del mercato. Ma la strada verso un turismo veramente “responsabile” è ancora lunga. L’intervista al presidente Maurizio Davolio

Il turismo responsabile è da sempre una colonna dell’economia solidale: oggi i dati dell’Organizzazione mondiale del turismo (Unwto) stimano il valore dell’industria mondiale del turismo sostenibile in 181,1 miliardi di dollari. Eppure la strada verso un modo di viaggiare davvero responsabile sembra ancora lunga. Abbiamo chiesto a Maurizio Davolio, presidente di Aitr, l’Associazione italiana turismo responsabile -che il 15 maggio ha compiuto 25 anni- di ripercorrere il cammino dell’organizzazione e quale sia lo stato dell’arte.

“Non possiamo negare che le cose siano cambiate moltissimo in questi 25 anni. Aitr è nata con uno sparuto gruppo di 11 realtà e oggi non solo i soci sono diventati 83 -tra tour operator, Ong, strutture ricettive, case editrici- ma la lista d’attesa è molto lunga perché oggi essere sostenibili sta diventando trendy. Alle origini non esisteva neanche il termine ‘turismo responsabile’. Allora abbiamo molto discusso sulle sfumature semantiche e prima di decidere il nome ci siamo divisi su aggettivi come sostenibile, equo, consapevole, solidale -racconta Davolio-. Oggi ‘turismo responsabile’ è un termine acquisito, che ha dimora anche nei documenti ufficiali dell’Unione europea e altri enti. Il tema della sostenibilità si è via via affermato almeno nel linguaggio comune, oltre che nel consesso di sociologi e studiosi, così come nella politica e tra gli operatori dell’industria turistica. Oggi non solo la ‘gente di viaggio’ sa che cos’è ‘il turismo responsabile, ma la sensibilità è cresciuta anche nell’opinione pubblica e nel ‘mercato’ dei viaggiatori, soprattutto fra i giovani che non sempre fanno veri e propri viaggi responsabili ma apprezzano le buone prassi ove siano applicate”.

Che cosa rappresentano questi risultati per Aitr?
MD
Questi progressi ci gratificano ma d’altro canto ci creano qualche preoccupazione perché oggi non dobbiamo solo diffondere questi princìpi ma anche difenderli, dalle molte forme di opportunismo, dall’uso del termine sostenibilità per puro marketing e dal greenwashing. Per questo dobbiamo essere più che mai cauti nelle collaborazioni. Oggi buona parte dell’industria turistica sta aderendo alle linee dei Sustainable Development Goals, per dimostrare che adottano buone pratiche. Aitr deve verificare con molta attenzione che queste azioni siano condotte in modo serio. A questo proposito, di recente ci siamo resi conto che Aitr non aveva ancora creato un vero e proprio sistema di indicatori condiviso per i tour operator. Il nostro prossimo passo sarà proprio discutere uno schema per fornire un paradigma di riferimento alle organizzazioni socie e non solo.

Quali sono gli altri passaggi fondamentali nella storia di Aitr?
MD In primis l’elaborazione e l’adozione della definizione di turismo responsabile, a Cervia, il 9 ottobre 2005. Importante la nascita della nostra Scuola di formazione in turismo responsabile, intitolata a Pina Sardella, che l’ha ideata e promossa. Poi le numerose collaborazioni, come quelle con il Festival del turismo responsabile IT.A.CÀ e il progetto Migrantour, ideato e gestito da nostri soci. Le adesioni alla rete Amodo e, a livello internazionale, all’associazione Isto. La partecipazione, da sempre, a Fa’ la cosa giusta! e molte altre. Abbiamo da sempre cercato di “contaminare” altri mondi e di comunicare in modo trasversale. Ad esempio con la redazione e la diffusione dei Vademecum per viaggiatori dei diversi Paesi, diffuso attraverso Europ Assistance e i suoi clienti. Giappone, Islanda, Thailandia, Egitto, Tanzania, Perù e Argentina, tutti Vademecum differenti perché in ogni Paese ci sono problematiche di tipo diverso, tenuto conto della cultura, delle credenze e degli stili di vita, con indicazioni che vanno dai rapporti interpersonali all’abbigliamento. Con Europe Assistance abbiamo sperimentato anche un incontro assembleare con i dipendenti. È impossibile citare qui tutti i progetti in corso ma mi piace dire che sono in preparazione alcuni podcast dedicati agli obiettivi dell’Agenda 2030 che riguardano il turismo. Ed è di questi giorni un’audizione di Aitr alla Camera e al Senato.

Proviamo a gettare uno sguardo al futuro. Quale tipo di “viaggio” si sta preparando?
MD Non c’è inflazione o guerra che tenga. Il turismo ha ripreso con vigore in tutte le sue forme, quelle più vicine a noi -a piedi, in bici, nei borghi, outdoor- e quelle che ci piacciono meno: i problemi che esistevano prima della pandemia ci sono ancora e anzi si sono esacerbati. Ad esempio quello dell’overtourism, che è riesploso, non solo nelle città d’arte ma anche al mare, in montagna e perfino nei borghi, sofferenti perché assaliti da orde che la loro struttura medievale o rinascimentale non può reggere. L’altra enorme sfida è quella del cambiamento climatico che getta la sua ombra su tutte le destinazioni di viaggio; per questo seguiamo con interesse i progetti che lavorano su mitigazione e adattamento. Ma la cosa esiziale è che c’è più che mai bisogno del turismo responsabile. L’attenzione al tema della sostenibilità ambientale è, infatti, cresciuta ma resta assai inferiore la considerazione della sostenibilità sociale, culturale ed economica. Certo, è più facile mettere un riduttore di flusso al rubinetto che lavorare sulla parità di genere o promuovere il ricorso al fornitori locali. Aitr si deve concentrare proprio su queste forme di sostenibilità meno praticate, come quella culturale: evitando di stravolgere la vita delle comunità o di creare momenti di “autenticità forzata” a uso e consumo dei turisti. Per Aitr non è sufficiente il mero rispetto delle comunità locali, ma è necessario promuovere la “sovranità” delle comunità locali. Per ultimo mi piace sottolineare due osservazioni di Alfredo Somoza, presidente del nostro socio Icei. Scrive Alfredo: “Aitr non è nata sulla protesta, ma sulla proposta. È stata questa la forza del nostro movimento, avere lavorato dalla nascita per costruire, sulla carta e nella pratica, un turismo ‘altro'”. E oggi, a 25 anni di distanza, c’è bisogno di continuare a fare vivere Aitr, per influenzare un dibattito che, anche, grazie a noi finalmente è di attualità.

https://altreconomia.it/dona/

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.