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Richiedenti asilo: la fake news della “lobby degli avvocati d’ufficio”

© ANSA / ALESSANDRO BIANCHI

Il ministro dell’Interno Salvini punta il dito contro quei difensori che a suo dire si arricchirebbero sulla pelle dei richiedenti asilo. Il titolare del Viminale, però, confonde i piani e ignora elementi fondamentali del diritto alla difesa. Garantiti a tutti i cittadini dalla Costituzione

Dalle pagine del Corriere della Sera e durante l’intervento di mercoledì mattina al Senato sul caso Aquarius, il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha puntato il dito contro la “lobby degli avvocati d’ufficio” che intasa i tribunali e si arricchisce sulla pelle dei richiedenti asilo. “Il 99% dei respinti fa ricorso in automatico, perché lo Stato garantisce un avvocato d’ufficio che paghiamo tutti noi”, ha affermato Salvini.

Il ministro degli Interni, però, confonde i piani. Come spiega Paolo Oddi, avvocato del foro di Milano, “La presenza del difensore d’ufficio è prevista dalla legge per garantire a tutti il diritto alla difesa nell’ambito di un processo penale. In ambito civilistico, questa è prevista solo in alcuni casi, ad esempio durante i provvedimenti di fronte al giudice di pace per convalidare le espulsioni dei cittadini stranieri e più in generale per quelle materie in cui c’è in gioco la libertà personale degli individui”. Altra cosa, aggiunge Oddi, è il diritto alla difesa per i non abbienti, previsto attraverso il patrocinio a carico dello Stato di cui possono beneficiare cittadini italiani, stranieri e apolidi con un reddito annuo imponibile non superiore a 11.493,82 euro. Uno strumento cui possono accedere anche i richiedenti asilo che hanno avuto un rigetto da parte della commissione territoriale.

Un concetto ribadito anche dal Consiglio Nazionale Forense che, in una nota diffusa questa mattina spiega: “L’istituto della difesa d’ufficio non c’entra nulla con la materia della migrazione e delle richieste d’asilo. La difesa d’ufficio, strumento di democrazia avanzata, è garantita da tutte le carte dei diritti fondamentali nazionali e internazionali”. Quello alla difesa, inoltre, è un diritto sancito espressamente dall’articolo 24 della Costituzione che garantisce anche, nei casi di estrema indigenza, l’istituto del gratuito patrocinio. Che, come sottolinea il Consiglio nazionale forense “non viene riconosciuto automaticamente, me risponde a rigorosi criteri”. Solo in alcuni casi particolari (ad esempio per le vittime di violenze sessuali o minori vittima di violenze,….) l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è semplificata. “Nei procedimenti civili e in particolare per la protezione internazionale la domanda presentata dall’avvocato, corredata da una serie di documenti che attestino lo stato di indigenza dei ricorrenti, viene valutata dall’ordine di competenza. Che ha la facoltà di rigettarla”, prosegue Oddi.

Spetta infine al giudice –nel momento in cui decide se accogliere il ricorso o respingerlo- decidere se liquidare o meno le spese del difensore: “Se il giudice ritiene che il ricorso sia infondato, se riscontra dolo o colpa grave il magistrato può revocare l’ammissione al gratuito patrocinio”, puntualizza l’avvocato Guido Savio del foro di Torino e socio di Asgi (Associazione giuridica studi sull’immigrazione).

Le cifre erogate per il pagamento dei legali che si occupano dei ricorsi dei richiedenti asilo sono molto più basse di quanto le affermazioni del ministro Salvini vorrebbero far intendere: tra i 500 e gli 800 euro. “Dire che gli avvocati fanno i soldi con il gratuito patrocinio è uno scempio: le parcelle, in questi casi, vengono tarate sui minimi tariffari e poi dimezzate -aggiunge Savio-. Ed è bene precisare che questo strumento, garantito dalla Costituzione, viene usato per tutelare le fasce più deboli della popolazione in moltissimi altri casi che riguardano sia i cittadini italiani sia i cittadini stranieri. Pensiamo ad esempio ai decreti fallimentari, ai temi del diritto di famiglia come separazioni, divorzi, affidamenti di minori”.

Infine, resta il nodo relativo alle tempistiche dei pagamenti: unitamente alla sentenza, il giudice dovrebbe emettere anche il decreto di liquidazione che comprende anche il rimborso forfettario, l’Iva e il contributo alla cassa presidenziale degli avvocati. “Se inizio una causa oggi e tra sei mesi arrivo a sentenza, verosimilmente verrò pagato dopo un anno. I tempi dei pagamenti dipendono dalle tempistiche con cui il ministero della Giustizia trasferisce i fondi ai tribunali -sintetizza Savio-. Ho ancora dei crediti risalenti al 2015 e al 2016”.

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