Ambiente / Approfondimento
Gli allevamenti bovini stanno distruggendo il Cerrado brasiliano
A differenza di quanto avviene in Amazzonia, la deforestazione della savana tropicale sta accelerando e nel 2023 ha registrato un aumento del 43% rispetto all’anno precedente. La Ong Global witness lancia l’allarme e chiede maggiore tutela per questo ecosistema. Prezioso anche nella lotta alla crisi climatica
Le notizie sulla distruzione dell’Amazzonia trovano spazio sui media di tutto il mondo, non senza fatica. Ma ancor meno si sa delle minacce che incombono sulla savana tropicale del Cerrado brasiliano, un ecosistema altrettanto prezioso che si estende su circa un quinto (22%) del territorio del Paese e che ospita una delle più importanti aree di biodiversità al mondo, tra cui oltre seimila specie di alberi.
Ma se da un lato il tasso di deforestazione annuale dell’Amazzonia è in calo (si è dimezzato lo scorso anno) nel Cerrado ha raggiunto livelli record nel 2023, con un aumento del 43% rispetto al 2022. Dati separati relativi al periodo luglio 2021-agosto 2022 avevano già mostrato che la deforestazione fosse aumentata del 25% rispetto ai 12 mesi precedenti, per un totale di 10.700 chilometri quadrati.
A lanciare l’allarme è il rapporto “The Cerrado crisis: Brazil’s deforestation frontline” pubblicato a fine febbraio dalla Ong Global witness che ha utilizzato dati pubblici per analizzare la situazione nel Mato Grosso che, con i suoi 32,8 milioni di vacche (nove per ogni abitante) è il primo Stato del Brasile per numero di allevamenti. Con un export vertiginoso di carne bovina che ha raggiunto un valore di 2,75 miliardi di dollari nel 2022.
L’analisi si è concentrata sulle filiere di approvvigionamento dei tre principali produttori di carne bovina brasiliani: JBS, Marfrig e Minerva. Soggetti che “svolgono un ruolo centrale in questa devastazione ambientale -come si legge nel rapporto-. Un’area di foresta più grande di Chicago è stata abbattuta per fare spazio ai ranch che riforniscono le aziende di carne bovina”. E nella quasi totalità dei casi, questi interventi sono stati intrapresi senza i permessi previsti dalla legge.
L’esito dell’indagine è impressionante: nel Cerrado del Mato Grosso la deforestazione legata alle attività di queste tre aziende è stata quasi cinque volte maggiore rispetto a quella del bacino amazzonico. Una vacca su tre (il 36%) acquistata dalle aziende oggetto dell’inchiesta è stata allevata su terreni della savana tropicale brasiliana trasformati poi illegalmente in pascoli. Se si analizza il numero di ranch coinvolti, il 42% ha occupato e distrutto la foresta senza avere un’autorizzazione per farlo, mentre in Amazzonia questa percentuale è di poco inferiore al 10%.
Quello del Cerrado è un ecosistema prezioso non solo per il patrimonio di biodiversità che conserva ma anche alla luce della grande capacità di catturare anidride carbonica attraverso le profonde ed estese radici che le piante utilizzano per sopravvivere alla siccità stagionale e agli incendi. I dati riferiti al 2017 mostrano come questa “foresta capovolta” sia in grado di immagazzinare 13,7 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, una quantità superiore a quella rilasciata dalla Cina in tutto il 2020.
Tuttavia è probabile che la deforestazione su larga scala degli ultimi anni abbia inciso significativamente su questo stoccaggio. “Se questo bioma continuerà a essere distrutto, l’obiettivo climatico delle Nazioni Unite di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi sarà irraggiungibile”, avverte Global witness.
Porre fine alla deforestazione illegale della savana tropicale rappresenta dunque una priorità per le autorità brasiliane: a differenza di quanto avviene in Amazzionia, infatti, la protezione fornita dagli accordi -sottoscritti da molti produttori di carne- è molto minore. Una discrepanza che ha gravi conseguenze non solo per la tutela del Cerrado, ma anche per quella del Pianeta nel suo complesso: uno studio del 2018, infatti, ha dimostrato che due importanti accordi di filiera, che avevano ridotto drasticamente la deforestazione nella foresta amazzonica hanno provocato un incremento degli abbattimenti illegali nelle foreste autoctone della savana.
“JBS, Marfrig e Minerva sono firmatari di uno di questi accordi, i ‘Termini di aggiustamento di condotta’ giuridicamente vincolanti per la carne bovina, che vietano le vendite da proprietà con deforestazione illegale. Il primo di questo tipo è stato creato dai procuratori statali del Pará nel 2009, poi esteso al resto dell’Amazzonia”, si legge nel rapporto. Marfrig e JBS hanno anche firmato accordi legali con i procuratori statali del Mato Grosso rispettivamente nel 2010 e nel 2013 che, secondo le valutazioni degli autori del rapporto stanno raggiungendo una certa protezione dell’Amazzonia.
Per quanto riguarda il Cerrado, invece, le tre aziende oggetto dell’inchiesta hanno solo assunto impegni volontari e non vincolanti che non sono sufficienti a garantirne la tutela. “Le nostre indagini e quelle di altri hanno ripetutamente dimostrato che il monitoraggio non è sufficiente. La deforestazione deve finire. Il pubblico ministero del Mato Grosso e le sue controparti in altri Stati devono seguire l’esempio del Pará e richiedere ai giganti del bestiame impegni legali, sostenuti da multe in caso di inadempienza, per fermare la deforestazione, sia in Amazzonia sia nel Cerrado”.
Nell’ottica di garantire una maggiore protezione a questo prezioso ecosistema Global witness richiama anche alle responsabilità dei Paesi che acquistano e importano carne bovina dal Brasile, la cui domanda sta giocando un ruolo significativo: negli ultimi cinque anni, infatti, il Regno Unito ha importato in media 1.756 tonnellate all’anno di prodotti a base di carne bovina dallo Stato del Mato Grosso. Mentre almeno 14 macelli di proprietà di JBS, Marfrig e Minerva hanno l’autorizzazione a esportare nei Paesi dell’Unione europea nel 2018 e nel 2019.
“Questo commercio globale di carne bovina legata alla deforestazione è in parte sostenuto dalla finanza occidentale -aggiunge il rapporto- le principali istituzioni finanziarie americane, britanniche e dell’Ue contribuiscono a questi diffusi abusi ambientali attraverso il loro sostegno finanziario. Colossi come Barclays, BNP Paribas, HSBC, ING Group, Merrill (ex Merrill Lynch) e Santander, hanno sottoscritto miliardi di dollari in obbligazioni che aiutano le grandi aziende di carne bovina a prendere in prestito denaro e a crescere”. A questo si aggiunge il sostegno fornito da pesi massimi della finanza mondiale (Vanguard group, BlackRock, Capital Research Global Investors) attraverso il possesso di azioni.
Global witness lancia poi un appello all’Unione europea affinché il Regolamento sui prodotti a zero deforestazione (Eudr) tuteli anche il Cerrado. Con l’entrata in vigore di questo regolamento, fissata al 30 dicembre 2024, le aziende e gli operatori commerciali dovranno dimostrare che i loro prodotti sono “esenti da deforestazione” (prodotti cioè su terreni che non sono stati oggetto di deforestazione dopo il 31 dicembre 2020) e legali (conformi a tutte le leggi applicabili in vigore nel Paese di produzione). Definizioni che rischiano di non essere sufficientemente vincolanti.
Un’ulteriore criticità è legata al fatto che l’Eudr utilizza le definizioni elaborate dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao): “Ciò significa che vaste aree del Cerrado sono attualmente escluse dalla definizione di ‘foresta’ e di ‘assenza di deforestazione'”, conclude l’organizzazione che in occasione delle prossime revisioni del regolamento europeo farà pressioni per includervi la piena tutela del territorio della savana tropicale brasiliana.
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