Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Interni / Attualità

Gli affari di Steve Bannon visti dalla sua “scuola sovranista” in Ciociaria

Benjamin Harnwell, socio del Dignitatis Humanae Institute, alla Certosa di Trisulti - © Adriano Marzi

Il 20 agosto è stato arrestato a New York il leader dell’alt-right statunitense con l’accusa di essersi appropriato dei fondi della campagna “We build the Wall”. Possibile che abbia dirottato parte di quelle risorse alla contestata associazione Dignitatis Humanae Institute che da febbraio 2018 ha ottenuto in concessione dal ministero dei Beni culturali la Certosa di Trisulti? Il suo socio, Benjamin Harnwell, nega

“Venite a vedere questa foto, è meravigliosa”. Benjamin Harnwell sprizza entusiasmo mentre ci mostra il volto sorridente del suo socio Steve Bannon, appena uscito di galera dietro il pagamento di una cauzione di cinque milioni di dollari. I due sono l’anima del Dignitatis Humanae Institute (Dhi), l’associazione “per la difesa delle fondamenta giudaico-cristiane della Civiltà Occidentale”, che da febbraio 2018 ha ottenuto in concessione dal ministero dei beni e delle attività culturali (Mibact) la Certosa di Trisulti (Frosinone), un monastero millenario tra i querceti dei monti Ernici, in Ciociaria. Bannon è stato arrestato il 20 agosto con l’accusa di essersi appropriato di circa un milione di dollari dei fondi raccolti attraverso la campagna “We build the Wall” per la costruzione privata del muro al confine tra Stati Uniti e Messico. “L’idea che Steve possa essersi messo in tasca anche un solo centesimo è impensabile”, sostiene Harnwell.

Possibile invece che abbia dirottato quei soldi verso qualche associazione cui è legato, come a esempio Dhi? Bannon si è vantato di aver contribuito in modo sostanzioso al recente pagamento di 100mila euro che la vostra associazione ha fatto alla tesoreria dello Stato per l’annualità 2019 di concessione della Certosa.
BH Siamo un associazione religiosa e non siamo tenuti a fornire l’elenco dei nostri benefattori. Ma vi posso assicurare che non abbiamo ricevuto niente da We build the Wall.

Neppure da altre fondazioni che fanno capo a Bannon, come a esempio Citizens of the American Republic?
BH Preferisco non rispondere. Spetta a Steve fare chiarezza su questo punto.

Come nasce il suo rapporto con Bannon?
BH Ho conosciuto Steve sette anni fa tramite un americano, Austin Ruse, presidente del Center for Family and Human Rights, un’organizzazione fondata nel 1997 per la difesa della famiglia e del diritto alla vita presso l’Onu e le altre istituzioni internazionali. Steve era a Roma e voleva incontrare il cardinale Raymond Burke (nemico giurato di Papa Francesco, ndr), così Austin gli disse ‘qui c’è solo una persona che può aiutarti.

Perché proprio lei?
BH Avevo ottime conoscenze in Vaticano. Quando nel 2008 sono arrivato a Roma da Bruxelles – lì facevo parte della squadra di Nirj Deva, il conservatore inglese che insieme ad altri 20 eurodeputati, tra cui gli italiani Roberto Fiore (Alternativa Sociale), Mario Mauro e Maddalena Calia (entrambi Forza Italia), aveva appena creato la Dhi – avevo già rapporti all’interno della Seconda sezione della Segreteria di Stato, l’organo equivalente a un ministero degli Esteri per la Santa Sede. A introdurmi in quell’ambiente è stato monsignor Ettore Balestrero (nunzio apostolico prima in Colombia e poi in Congo, cui a giugno 2019 la Finanza di Genova ha sequestrato 2milioni di euro dai conti correnti con l’accusa di contrabbando e riciclaggio internazionale, ndr).

Perché Bannon voleva incontrare Burke?
BH Nel 2014, Steve aveva appena aperto l’ufficio italiano di corrispondenza di Breitbart (il sito web dell’estrema destra americana, di cui Bannon è stato presidente fino al 2018, e alla cui direzione aveva messo l’ex-sacerdote Thomas Williams, tra i più noti della congregazione dei Legionari di Cristo, dimessosi nel 2012 dopo aver confessato di avere un figlio, ndr). Volevamo coinvolgere chi all’interno del Vaticano si opponeva alla svolta di Papa Francesco. I cardinali Burke e Martino si mostrarono subito interessati e divennero presidenti onorari di Dhi. Cominciammo a cercare una sede adeguata all’associazione. Dopo un primo tentativo con il monastero di San Vincenzo e Sant’Anastasia, un convento disabitato vicino alla Fontana di Trevi di Roma, individuammo la Certosa di Trisulti. Venni introdotto a don Eugenio Romagnuolo (divenuto in seguito abate di Casamari e morto lo scorso aprile dopo aver contratto il nuovo coronavirus, ndr) che ci diede un aiuto fondamentale per ottenere la concessione della Certosa.

Il Mibact però vi ha revocato la concessione lo scorso anno in quanto, al contrario di quanto avete dichiarato al momento della candidatura, non risultate in possesso dei requisiti previsti dal bando per l’assegnazione.
BH Al principio abbiamo provato a ottenere l’affidamento diretto della Certosa. A tal fine, in una lettera a firma del cardinal Martino, abbiamo addirittura chiesto l’intercessione del Santo Padre presso il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. Il Papa non ci ha mai risposto, ma attraverso vie ufficiose ci è arrivato un secco no. Così, nove mesi prima della pubblicazione del bando, sono andato negli uffici del Mibact a incontrare alcuni funzionari. Mi hanno assicurato che la nostra associazione aveva tutti i requisiti che il bando avrebbe previsto in seguito. Così mi sono recato dal notaio e in prefettura per registrare Dhi in Italia come associazione religiosa (in Inghilterra, Dhi era già registrata come limited company, ndr). È assurdo che ora gli stessi soggetti abbiano dato ordine di revoca della concessione e sgombero di Dhi dalla Certosa. Finora il Tar ha accolto il nostro ricorso, umiliando il Mibact.

Tra le contestazioni che vi vengono mosse c’è anche la morosità rispetto al canone di concessione 2018 e i mancati interventi di manutenzione della Certosa.
BH Non abbiamo pagato il 2018 in quanto il verbale di consegna dell’immobile è di gennaio 2019. Fino ad allora vivevo nella Certosa come ospite dell’abate Romagnuolo. Quanto agli investimenti nella struttura, è vero che ancora non abbiamo speso un centesimo nel restauro dell’abbazia, ma attendiamo l’esito dei processi in cui siamo coinvolti, tra cui il prossimo responso del Consiglio di Stato. Se non dovessi dedicarmi a tutte queste cause legali, avrei più tempo per provvedere alla manutenzione della Certosa.

Da aprile 2018, Dhi incassa però i biglietti di ingresso alla Certosa. A quanto ammonta finora il vostro ricavo totale?
BH Nel 2019 avremmo venduto intorno ai 25mila ingressi, per un totale di circa 100mila euro. Nel 2018 la cifra è più bassa, in quanto abbiamo cominciato ad aprile. Quest’anno poi, a causa del lockdown, i visitatori sono potuti tornare soltanto negli ultimi mesi.

© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati