Diritti / Approfondimento
Gli abusi sui migranti alla frontiera croata e le responsabilità della Commissione europea
Il difensore civico dell’Unione europea ha avviato un’indagine sulla mancata supervisione da parte della Commissione sugli oltre 108 milioni di euro destinati al governo di Zagabria per il controllo delle frontiere. I respingimenti e le violenze proseguono, per Amnesty International questa decisione “accende una luce in fondo al tunnel”
Un’inchiesta per accertare le possibili responsabilità delle istituzioni europee nelle violenze subite dai migranti e rifugiati che tentano di attraversare la frontiera croata. È quanto annunciato martedì 10 novembre dall’Ufficio del difensore civico europeo che ha aperto un’indagine, a seguito delle denunce di Amnesty International e altre organizzazioni, sul ruolo della Commissione europea nel monitoraggio dell’utilizzo dei finanziamenti destinati al governo croato per il controllo delle frontiere.
L’Unione europea ha riconosciuto alla Croazia, nell’ambito dei programmi nazionali del Fondo asilo, migrazione e integrazione e del Fondo sicurezza interna (2014-2020), circa 108 milioni di euro a cui si sono aggiunti, nel corso degli anni, ulteriori fondi di emergenza per un ammontare totale di 23,2 milioni di euro. Nello specifico nel dicembre 2018 le istituzioni europee assegnavano un importo di 6,8 milioni di euro al governo croato con l’obiettivo, tra gli altri, di “istituire un meccanismo di monitoraggio per garantire che tutte le misure applicate alle frontiere esterne dell’Ue siano proporzionate e nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e delle leggi dell’Ue in materia di asilo”. Ancora oggi però non è chiaro se questo monitoraggio esista o sia funzionante. Un “nervo scoperto” per la Commissione europea, come denunciato dal The Guardian nel mese di giugno 2020. Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico, un funzionario della Commissione aveva avvertito, privatamente, che se si fosse scoperto il mancato utilizzo dei fondi “sarebbe stato sicuramente visto come uno scandalo”.
Nel frattempo le violenze e i respingimenti sul confine croato ai danni dei migranti non sono mai cessate. Come si legge nel dossier curato dalla rete “RiVolti ai Balcani”, secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) tra gennaio e settembre 2019, circa 4.868 persone sono state respinte dalla Croazia in Bosnia o Serbia ma i numeri potrebbero essere molto più alti. Da gennaio ad ottobre 2019 i volontari del Border Monitoring Violence hanno raccolto 770 testimonianze di persone respinte da ufficiali della polizia croata con l’uso di armi a scopo intimidatorio ma anche offensivo. Nel mese di maggio 2020 sempre il The Guardian aveva denunciato i soprusi della polizia croata accusata di aver dipinto con lo spray colorato le teste dei richiedenti asilo. Pochi mesi dopo, a fine ottobre, la pubblicazione delle testimonianze raccolte dal Consiglio danese per i rifugiati (RDC) che documentavano pestaggi selvaggi e persino abusi sessuali aveva attirato l’attenzione, per la prima volta, dei funzionari europei. Il capo della Commissione europea per gli affari interni, Ylva Johanson, aveva chiesto alle autorità croate di rispondere delle accuse mosse. Ora anche la Commissione europea viene messa sotto indagine. “È un giorno fondamentale -spiega Paolo Pignocchi di Amnesty International- sia per la difesa dei diritti umani dei migranti che lungo la rotta balcanica subiscono furti, soprusi, violenze ma anche per la dignità dell’Europa. La frontiera croata è un confine dell’Unione europea e le istituzioni europee non possono disinteressarsene, delegando il controllo al singolo Stato e poi ignorando la continua violazione dei diritti fondamentali delle persone che tentano di attraversare il confine”.
Il difensore civico ha posto una serie di domande all’organo esecutivo europeo che dovrà rispondere entro il 31 gennaio 2021. Le domande mirano ad accertare l’esistenza del meccanismo di controllo e più in generale “come la Commissione assicura che le operazioni di gestione delle frontiere che ricevono fondi Ue garantiscano il rispetto dei diritti fondamentali”. È importante non dimenticare che la Croazia non fa ancora parte dello spazio Schengen e il suo ingresso è sotto esame da parte delle istituzioni europee dal 2016. Le autorità di Zagabria, nel mese di giugno 2020, avevano messo sotto inchiesta tre poliziotti accusati di violenza, oggi arriva l’annuncio del difensore civico europeo. Una decisione politica? “Certamente vi sono concause da considerare rispetto alla notizia positiva di oggi”, conclude Pignocchi. “Per noi quello che conta è che si accende una luce in fondo al tunnel. L’inchiesta non risolverà i problemi dei migranti lungo la rotta balcanica ma ci inviata a proseguire: la battaglia per i diritti umani non è vinta, serve uno sforzo per far ancora più luce di fronte al silenzio e al buio che per troppo tempo ha ricoperto le violenze perpetrate su quei confini”.
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