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Finanza / Approfondimento

Giocare a Monopoli per capire le ingiuste regole dell’evasione fiscale

© Joshua Hoehne, Unsplash

La rete Tax justice network ha reinventato il celebre gioco in scatola. Una trovata brillante che lo trasforma in uno strumento didattico per comprendere il distorto funzionamento dei meccanismi fiscali a misura di ricchi (e criminali)

Tratto da Altreconomia 270 — Maggio 2024

Riscrivere le regole del Monopoli in modo che riflettano le politiche fiscali globali e le modalità con cui queste favoriscono aziende e persone facoltose a “nascondere” i propri beni ed evitare così il pagamento delle tasse. E al tempo stesso ripristinare le origini anticapitaliste del gioco originale. Queste le idee che hanno spinto Tax justice network (Tjn), la rete indipendente che da vent’anni si occupa di equità fiscale, a creare un apposito set di regole denominato “Tax dodgers rules” (che possiamo tradurre come “Le regole degli evasori fiscali”), utilizzabile con qualunque versione del Monopoli per dare vita a una partita molto speciale.

La scelta non è stata casuale. Non solo si tratta di uno dei giochi da tavolo più popolari al mondo, ma la sua prima versione fu brevettata nel 1903 da Elizabeth Magie con il nome di “The Landlord’s game”, per denunciare come le politiche fiscali dell’epoca permettessero l’arricchimento di pochi individui a scapito della collettività. “Magie era una femminista e una seguace delle politiche fiscali dell’economista statunitense Henry George -spiega ad Altreconomia Mark Bou Mansour, responsabile per la comunicazione di Tax justice network- e il suo gioco era stato costruito con l’intento di denunciare il pericolo dei monopoli. Sono convinto che la nostra versione si avvicini molto al significato originale e che a Magie sarebbe piaciuta”.

La versione attualmente in commercio, infatti, brevettata negli anni Trenta, prende spunto da “The Landlord’s game” senza però mantenerne lo spirito critico. Che viene recuperato nella variante proposta da Tjn in cui, oltre ad avere l’obiettivo di guadagnare il più possibile e mandare in bancarotta gli avversari, è anche possibile nascondere i propri averi al banco e agli altri giocatori.

Comprando un’apposita carta, infatti, è possibile acquisire un “livello di segretezza” che riproduce nel gioco il meccanismo delle società anonime di comodo in un paradiso fiscale, di un trust o il ruolo svolto da un soggetto “non operativo” che finge di possedere di un bene che in realtà non gli appartiene, permettendo così al vero proprietario di apparire meno ricco e di nascondere la proprietà agli eventuali creditori. “Penso che il nostro gioco sia uno strumento efficace per far comprendere alle persone che cos’è un abuso fiscale, come viene realizzato e quali conseguenze ha sulle comunità”, spiega Naomi Fowler creative strategist e podcaster per Tax justice network. Nella versione “Tax dodgers rules” del Monopoli i fondi occultati non possono essere usati in transazioni con altri giocatori (ad esempio per ripianare un debito) o con il banco, ma possono essere spesi per acquistare terreni, case o alberghi.

Nel 1903 l’imprenditrice e creatrice di giochi statunitense Elizabeth Magie ha brevettato “The Landlord’s game”, un gioco da tavolo che denunciava come, già allora, le politiche fiscali permettessero l’arricchimento di pochi soggetti a scapito della collettività. La versione del Monopoli attualmente in commercio è quella elaborata da Charles Darrow nel 1935

È inoltre possibile avere a disposizione multipli livelli di segretezza dietro i quali occultare le proprie risorse. Un meccanismo che riflette una situazione reale: secondo una ricerca del 2022 nel Regno Unito il 74% delle società faceva ricorso a uno di questi strumenti, ma il 5% ne utilizzava più di cinque e lo 0,5% più di dieci.

Il regolamento è poi arricchito da aneddoti e informazioni che permettono ai giocatori di contestualizzare la propria esperienza nel mondo reale. “Esiste una forma di mistificazione attorno alla politica fiscale che cerca di farla sembrare incomprensibile. Spesso si tratta di difficoltà create artificialmente per impedire alla società civile e al pubblico di analizzarla -riflette Bou Mansour-. Come Tax justice network vogliamo dissipare questa coltre di opacità e mostrare come sia possibile farlo anche con un semplice gioco da tavolo”.

© Tax justice network

Il “Tax dodgers rules” ha un’altra differenza rispetto al Monopoli tradizionale: quando passa dal “Via” ciascun giocatore deve versare in una cassa comune (Public pot) una tassa patrimoniale del 10%, che però si applica solo alle ricchezze che non sono state nascoste dalla carta “segretezza”. Il gioco che tutti conosciamo si conclude quando rimane un solo giocatore in campo e tutti gli altri sono falliti, ma in questa versione gli autori hanno inserito la possibilità di una sconfitta collettiva: le carte “Imprevisto” e “Probabilità” sono state sostituite da altre ad hoc che permettono ai giocatori di attingere dalla cassa comune. Quando questa si esaurisce, la partita si conclude senza alcun vincitore. “Abbiamo inserito questa variante per trasmettere il messaggio che nella partita dell’abuso fiscale non esistono veri vincitori: la collettività perde sempre -continua Fowler-. La maggior parte delle partite che ho giocato con la mia famiglia si è conclusa in questo modo”.

“Credo che il nostro gioco sia efficace per far comprendere alle persone che cos’è un abuso fiscale e quali conseguenze ha sulle comunità” – Naomi Fowler

Ma esiste una speranza di uscire da questo gioco. Nonostante l’opposizione degli Stati Uniti e dell’Unione europea, a novembre 2023 le Nazioni Unite hanno votato a maggioranza schiacciante per iniziare un processo che porterà a una convenzione quadro globale sulla fiscalità. “Fino a ora le politiche fiscali globali sono state decise in seno all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), un club di Paesi ricchi che comprende alcuni dei maggiori paradisi fiscali come Svizzera, Irlanda e Usa. In un processo a porte chiuse dove le lobby aziendali hanno una grande influenza -conclude Bou Mansour-. Ma ora l’Onu ha la possibilità di prendersi carico di questo tema permettendo non solo a tutti gli Stati di avere voce in capitolo ma anche una maggiore trasparenza e partecipazione da parte di pubblico e società civile”.

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