Diritti
Genova G8 vergogna di Stato e la Corte dei Conti chiede un milione a 5 poliziotti
La vicenda di Marco Mattana, arrestato per strada con false accuse, pestato sul posto e colpito anche dopo il fermo sotto lo sguardo di una telecamera. Chiamato in causa anche il ministero dell’Interno che non si è costituito parte civile nel processo. Parlamento e ministri hanno sempre girato lo sguardo altrove, tocca ancora alla magistratura (stavolta quella contabile) azionare l’allarme
Abbiamo passato anni a denunciare la gravità di quanto avvenuto a Genova durante il G8 per la credibilità delle istituzioni e per la qualità della nostra democrazia. Siamo stati ascoltati ben poco e tutto è proceduto com’era ovvio attendersi, cioè nella direzione di una progressiva degenerazione.
Una degenerazione che si riscontra in vari modi e a più livelli. Negli ambiti polizieschi, nei ripetuti, impressionanti episodi di persone morte mentre si trovavano in stato di custodia (l’elenco è lunghissimo, i casi più noti sono quelli di Giuseppe Uva, Ferderico Aldrovandi, Stefano Cucchi fino alla recente vicenda fiorentina di Riccardo Magherini); nell’indifferenza che ha circondato la riprova che nella caserma di Bolzaneto a Genova nel luglio 2001 si è praticataper tre giorni la tortura su decine di persone alla presenza di centinaia di agenti e funzionari delle varie forze dell’ordine; nei molti casi di uso sproporzionato della forza durante manifestazioni politiche, studentesche e sindacali (la ragazza calpestata, i cittadini dell’Aquila caricati senza motivo per citare i primi che vengono in mente); nel mondo sindacale, anche qui tanto per citare un caso, negli applausi al congresso del Sap, per i quattro agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi.
In ambito politico abbiamo avuto, fra le altre cose, l’incredibile protezione ottenuta da dirigenti di altissimo livello imputati e poi condannati nel processo Diaz; il rifiuto di esaminare proposte di buon senso come l’introduzione del codice di riconoscimento sugli agenti in servizio di ordine pubblico; la manomissione del testo di legge sulla tortura, impoverito e distorto fino a renderlo irriconoscibile.
In tutto questo spiccano le sentenze del tribunale di Genova (e le conferme in Cassazione) per i processi Diaz e Bolzaneto, nonché per alcuni altri episodi impropriamente definiti minori. Fra queste la vicenda del giovane Marco Mattana, all’epoca minorenne, arrestato arbitrariamente con accuse false, pestato a sangue e umiliato a più riprese. Una vicenda sulla quale si esprime ora la Corte dei Conti.
Sono parole che confortano nel giudizio che davamo sulla perdita di credibilità delle forze dell’ordine e che però rendono più acuto il disagio verso l’arrendevole (diciamo pure vile) comportamento delle forze politiche parlamentari in materia di democratizzazione delle forze di polizia.
Il testo che segue (una notizia diffusa oggi dalle agenzie di stampa) merita d’essere letto con attenzione, visto che chiama in causa anche la condotta del ministero degli Interni, che non si costituì a suo tempo parte civile, rifiutandosi cioè di stare a fianco dei cittadini umiliati e della dignità dello stato calpestata (stessa cosa avvenuta, per dire, nel processo Diaz). Non ci sono ormai più commenti possibili.
Il procuratore della Corte dei Conti di Genova ha chiesto un risarcimento di oltre 1 milione di euro a cinque poliziotti implicati nei fatti del G8 di Genova, nel luglio del 2001 per le percosse subite da Marco Mattana, all’epoca dei fatti ancora minorenne.
Il procuratore Ermete Bogetti ha citato in giudizio, per danno d’immagine, l’allora vicequestore aggiunto della Digos di Genova e oggi primo dirigente Alessandro Perugini, i sottufficiali Antonio Del Giacco, Enzo Raschellà, Luca Mantovani e il sovrintendente capo Sebastiano Pinzone, tutti già condannati con sentenza in giudicato anche al risarcimento delle parti civili per falsità ideologica. Per le altre accuse è intervenuta la prescrizione.
Il procuratore contabile si riferisce al pestaggio subito da Mattana e il fermo di altri quattro ragazzi, fermo, come si legge nell’atto di citazione, “avvenuto con particolare durezza e violenza” nonostante “nessuno dei fermati ponga in atto comportamenti di violenza nei confronti dei poliziotti”.
Proprio durante il fermo viene picchiato Marco Mattana. Secondo l’accusa, Perugini e Pinzone “non solo non erano intervenuti per fermare l’aggressione” da parte dei poliziotti “potendolo fare in virtù del loro grado, ma avevano posto in essere, in concorso con i colleghi, condotte attive e successive e lo avevano colpito con calci fino a causargli lesioni personali con prognosi di 20 giorni”.
Perugini e Pinzone hanno provveduto al risarcimento di Marco Mattana, che ha così rimesso la querela nei loro confronti.
Risarcimento, che per la procura contabile, equivale a una ammissione di responsabilità. “Dunque resta del tutto priva di giustificazione – si legge ancora nell’atto di citazione – la vile aggressione alla quale è stato sottoposto il minorenne, ampiamente documentata in tutte le sue fasi da fotografie e filmati. Inoltre, le sentenze penali passate in giudicato offrono una ricostruzione attendibile ed incontrovertibile dell’accaduto, oltre che per i reati in cui vi e’ stata condanna anche per quelli per i quali è stata dichiarata l’ estinzione per prescrizione”.
Per la procura contabile “se il ministero dell’ Interno, come sarebbe stato doveroso, si fosse costituito parte civile per il gravissimo danno all’ immagine patito dal Corpo della Polizia di Stato e dallo stesso Stato, i quali si sono mostrati agli occhi della Città di Genova, degli italiani e del mondo intero violenti e prevaricatori in spregio delle leggi, della Costituzione e degli stessi principi dello stato di diritto, la presente azione di responsabilità non sarebbe stata necessaria”.