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Genitori vittime di figli violenti: casi in aumento ma poche risposte

Ai genitori vittima di figli violenti viene offerta la possibilità di essere inseriti in un luogo sicuro, uno spazio che permetta per qualche settimana di spezzare il sovraccarico emotivo © shutterstock.com

Il Gruppo Abele di Torino ha dato vita a un progetto che prende in carico le famiglie sconvolte da questi comportamenti, offrendo assistenza psicologica e luoghi sicuri. L’obiettivo è risanare i rapporti ma non sempre è possibile

Tratto da Altreconomia 254 — Dicembre 2022

Giacomo, nome di fantasia, ha 60 anni e si è presentato a inizio marzo alle porte del Gruppo Abele, fondazione di Torino che supporta le persone che vivono situazioni di violenza. L’uomo racconta i problemi relazionali con il figlio adottivo, Marco, trent’anni, con cui fin dall’adolescenza cominciano a manifestarsi i primi dissidi. Già a 12 anni il ragazzo inizia a mostrare la sua fragilità con piccoli furti casalinghi che proseguono con il passare del tempo e aumentano di frequenza. 

Nell’ultimo anno il padre vive con lo zaino in spalla in casa per avere sempre con sé il denaro, i documenti e i propri oggetti di valore. Non può separarsene per il rischio che spariscano. Marco non si occupa della casa in cui vive, così come della sua persona. Giacomo trova nella sua stanza anche delle bottiglie di plastica racchiusa in carta stagnola, sintomi di un probabile uso di sostanze stupefacenti come il crack. Non c’è relazione tra i due e alle domande del padre, che restano spesso senza risposta, nell’ultimo periodo si aggiungono anche aggressioni fisiche quotidiane. Giacomo, esasperato, si rivolge allora al Gruppo Abele e viene accolto all’interno del progetto “Le Querce di Mamre”, nato nel marzo 2022 e ideato dal servizio che all’interno della fondazione si occupa di sostenere persone con varie fragilità.

“All’interno del nostro sportello di accoglienza sempre più spesso vedevamo come, a fronte di problemi di dipendenza o disfunzioni comportamentali nei giovani che si rivolgono a noi, c’erano agiti di violenza nei confronti dei genitori -spiega lo psicoterapeuta Marco Foglino, operatore del progetto-. A volte con l’obiettivo di estorcere il denaro per comprarsi gli stupefacenti, altre volte invece fine a sé stessa. Abbiamo così deciso di ideare un progetto specifico per prendere in carico queste situazioni”.

“Le Querce di Mamre”, finanziato attraverso un bando di Intesa Sanpaolo, comincia così a muovere i primi passi. In nove mesi di attività il servizio ha incontrato nove minori e 15 tra padri e madri. “Fissiamo un primo colloquio, se possibile già con entrambi i genitori -racconta Foglino-. Con loro poi cerchiamo di capire quale modalità possa aiutare anche il figlio a maturare la volontà di incontrarci. Preferiamo avere una visione completa della situazione proprio perché il nostro intervento si concentra sulle dinamiche relazionali interne alla famiglia”. È prevista dal progetto, come visto nel caso di Giacomo, la possibilità per i genitori di essere inseriti in un luogo sicuro e tranquillo. “Uno spazio che permetta per qualche settimana di prendere le distanze dalla situazione e spezzare il sovraccarico emotivo per affrontare con più lucidità la situazione”, specifica Foglino. Un’occasione che la psicoterapeuta Virginia Suigo, autrice del libro “Figli violenti. Parental abuse in adolescenza: valutazione e interventi” (FrancoAngeli, 2022), definisce “fondamentale”: introdurre un elemento di distacco fisico aiuta “a lavorare meglio su che cosa non sta funzionando nella relazione tra figlio e genitore”. 

A volte, però, il distacco non basta. E nei casi più estremi si arriva anche alla denuncia. “È chiaro che si prova a intervenire con gli strumenti della mediazione ma se la situazione è già particolarmente logora a volte è necessario -riprende Foglino-. Anche su questo è necessario un accompagnamento: ovviamente per i genitori non è mai un passaggio facile”. In questi casi la “presa in carico” coinvolge anche lo “Sportello Off” del Gruppo Abele che si occupa di consulenza giuridica e supporto psicologico per le vittime di reato. È successo anche a Giacomo che, a inizio novembre, ha sporto denuncia nei confronti del figlio ed è stato accolto in un luogo sicuro. 

“Si prova a intervenire con gli strumenti della mediazione ma se la situazione è già particolarmente logora a volte è necessaria la denuncia” – Marco Foglino

Foglino e i suoi colleghi incontrano sempre più spesso storie come questa. Pur con pochi casi seguiti e considerando la singolarità di ogni storia è possibile però individuare un elemento “certo”. “Incontriamo anche famiglie di ‘insospettabili’. Genitori con retroterra culturale e sociale medio-alto, con figli che non per forza vivono una condizione di dipendenza da sostanza”, sottolinea lo psicoterapeuta. Una tendenza riscontrata anche da Virginia Suigo. “In Italia mancano statistiche ufficiali ma da quello che osserva chi è sul campo sono pochi i casi in cui sono presenti una forma di dipendenza o fragilità psichiatriche -spiega ad Altreconomia-. Il fenomeno riguarda in maggioranza famiglie in cui nessuno vive questo tipo di problematiche: in adolescenza, spesso, il genitore cerca di imporre la propria presenza ma la situazione sfugge di mano e la violenza sia fisica sia verbale e psicologica prende il sopravvento”. 

I genitori raccontano, spesso, di non sentirsi più padroni di casa propria. Dall’altro lato i ragazzi riferiscono di non riuscire più a sopportare le aspettative di chi li ha cresciuti. L’età è variabile: si va dai 18 ai 35 anni. E come detto i casi riguardano anche i nuclei “sulla carta” meno fragili. Lo psicoterapeuta australiano Eddie Gallagher, autore del saggio “Who’s in charge?” pubblicato nel 2018, ricostruisce come i genitori che svolgono una professione legata alla cura della persona siano più a rischio: medici, psicologi e assistenti sociali hanno quindi più probabilità di trovarsi in situazioni simili. 

Quindici genitori e nove minorenni sono stati presi in carico dal progetto “Le Querce di Mamre” promosso dal Gruppo Abele di Torino. L’intervento degli psicoterapeutici si concentra sulle dinamiche relazionali interne alla famiglia 

Uno studio pioneristico perché in realtà, come detto, i dati mancano. “Il fatto che venga ribaltato il paradigma comune in cui solitamente sono i genitori che agiscono violenza sui figli rende questo fenomeno ancora più sommerso proprio perché non sono diffusi servizi di ascolto dedicati”, sottolinea Suigo che è anche socia dell’istituto Minotauro di Milano, che riunisce psicologi e psicoterapeuti che da trent’anni collaborano in attività di ricerca-formazione e consultazione-psicoterapia. 

Le motivazioni per cui si genera questa violenza dei figli nei confronti dei genitori possono essere diverse. Ma il “cambiamento di modello familiare” secondo Suigo è uno dei temi centrali: “Una volta i genitori non facevano dipendere la loro autostima dall’andare d’accordo con i figli. Oggi il mancato ascolto viene vissuto come una sconfitta per la persona, non solo per la ‘figura’ padre e madre. E non si riesce ad avere uno sguardo di prospettiva: poter dire che oggi va così ma presto cambierà”. Spesso, come nel caso di Giacomo, queste situazioni riguardano i figli adottivi: “Una classica frase ripetuta è ‘con tutto quello che abbiamo fatto per te, tu ci deludi’”, conclude Suigo. 

Dall’altra parte, adolescenti e giovani vivono una condizione di solitudine. “Si assiste a un generale aumento del narcisismo che non aiuta ad accettare i ‘no’ e sicuramente c’è una grande frustrazione che aumenta l’impulsività e il rischio che vi siano agiti violenti -spiega Foglino-. Ma indubbiamente e lo ritroviamo in tanti casi, si ascolta la mancanza di una società capace di far fronte alle angosce dei giovani che si illudono di trovare nelle sostanze o nella costruzione di un proprio ‘micro-mondo’ le risposte alle loro fragilità. Servono più risposte anche dai servizi pubblici. Occorre prendersi cura e dare una risposta concreta sia ai genitori sia ai figli”. 

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