Diritti
Gaza, la propaganda, il giornalismo che (quasi) non c’è
Le notizie che arrivano da Gaza stanno sconvolgendo, in tutto il mondo, la coscienza e l’amor proprio delle persone civili, che si vergognano per quanto sta accadendo: una spietata e irragionevole quanto sanguinosa aggressione a persone chiuse in un immenso…
Le notizie che arrivano da Gaza stanno sconvolgendo, in tutto il mondo, la coscienza e l’amor proprio delle persone civili, che si vergognano per quanto sta accadendo: una spietata e irragionevole quanto sanguinosa aggressione a persone chiuse in un immenso campo di concentramento.
Ma qui da noi, in occidente, si raccontano quei fatti facendo amplissimo ricorso alla propaganda militare israeliana, notoriamente efficacissima. Quindi ricorrono termini come "legittima difesa", "risposta al terrorismo", "guerra" e così via. Oggi lo ha riconosciuto anche il nostro ex ministro degli esteri, Massimo D’Alema, il quale ha detto testualmente: "Trovo nell’opinione pubblica italiana un’insensibilità che arriva fino alla propaganda antiislamica", aggiungendo: "in Italia, con qualche eccezione, i giornali trasmettono dei bollettini militari israeliani".
Paolo Barnard è uno dei pochi giornalisti credibili e indipendenti rimasti in Italia: forse per questo compare poco (lo hanno buttato fuori da Report), ma a lui si deve un libro importantissimo, che contiene una delle poche realistiche analisi della situazione in palestina e Israele. Paolo ha cominciato a diffondere un testo, che parla del "tradimento degli intellettuali". Il link è qui sotto.
Aggiungo che in questa fase, nel pensare all’esercito israeliano, alla striscia di Gaza, ad Hamas, al popolo israeliano, ai palestinesi, insomma alla complessa situazione in quell’infelice pezzetto di mondo, occorre tenere a mente l’insegnamento di don Milani, il quale diceva più o meno che lui non riconosce la bandiera di questo o quello stato, ma che la sua linea di demarcazione passa fra oppressi ed oppressori, e che il suo posto è accanto agli oppressi.
La propaganda di questi giorni ha un unico fine: distrarci e indurci a non riconoscere chi sono gli aggressori e chi gli aggrediti.
C’è anche un’altra utile lettura, sul comportamento dei media israeliani. Quelli internazionali ne sono un riflesso.