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Economia / Attualità

La fusione FCA-Peugeot vista da Kragujevac, in Serbia, dove la Fiat sta scomparendo

Siamo tornati nella città a 140 chilometri a Sud di Belgrado: Fiat Chrysler produce qui il modello “500L” in uno stabilimento dichiarato “zona franca” dal governo fin dal 2008. Dopo dieci anni di incentivi economici e promesse, è tempo di bilanci. L’obiettivo annunciato di 300mila vetture sfornate all’anno è un miraggio: a fine 2019, forse, se ne produrranno 40mila, dopo 130 giorni di cassa integrazione

Il palazzo della Zastava, nel centro di Kragujevac - © Duccio Facchini

Vista dalla fabbrica FCA di Kragujevac, in Serbia, l’annunciata fusione tra Fiat Chrysler Automobiles e Peugeot (PSA Groupe) fa tutto un altro effetto. A 140 chilometri a Sud di Belgrado, infatti, il gruppo FCA sta quasi evaporando e con lui le promesse fatte nel 2008: 300mila esemplari del modello “500L” prodotti ogni anno a partire dal 2012 e almeno 30mila nuovi posti di lavoro, considerato anche l’indotto.
Dopo oltre 10 anni di incentivi da parte del governo serbo -tra i quali la consegna dell’area produttiva di 370mila metri quadrati senza oneri da parte dell’esecutivo guidato all’epoca da Boris Tadic, dell’indicazione di “zona franca” e di contributi economici per ogni operaio assunto- è tempo di bilanci per l’attività della “FCA Serbia d.o.o. Kragujevac”, società in mano per il 67% circa all’italiana FCA Italy Spa e per il resto al governo serbo.

Chi li ricostruisce è Zoran Markovic, segretario generale del sindacato Samostalni (in italiano, “Indipendente”) e vice-segretario dei metalmeccanici serbi (candidato a diventare segretario nazionale). Lo incontriamo a fine ottobre in una sala del Samostalni di Kragujevac, dentro la palazzina ormai in rovina che un tempo fu il cuore della contrattazione della Zastava, la fabbrica di automobili e armamenti bombardata dalla NATO nella primavera di vent’anni fa.

Zoran Markovic, segretario generale del sindacato Samostalni e Rajka Veljovic

Rispetto ai comunicati aziendali sulla fusione, alla corsa del titolo FCA in Borsa (il prezzo è passato da circa 11,7 euro di martedì 29 ottobre a circa 14,3 euro di lunedì 4 novembre), all’annuncio di un dividendo “speciale” agli azionisti FCA da 5,5 miliardi di euro da distribuire “prima del perfezionamento dell’operazione”, Markovic non nasconde qualche perplessità.

“Non conosciamo i dettagli della fusione -racconta ad Altreconomia-, e per noi è ancora una cosa nuova. Abbiamo ricevuto solo una lettera dell’amministratore delegato Mike Manley nella quale è ‘anticipata’ l’operazione. Un rappresentante di FCA Serbia si recherà a Torino e ci porterà notizie”. Il futuro è incerto, il presente è invece chiaro.
“A causa della debole richiesta del mercato internazionale, a partire del 2016 l’azienda ha tagliato uno dei tre turni. I giorni non lavorativi nel 2019 sono stati oltre 130 e i dipendenti, 2.400 in totale, si sono ritrovati in una sorta di prolungata ‘cassa integrazione’, dove il salario percepito è il 65% di quello dei 12 mesi precedenti, compreso, a seconda del mansionario, tra 270 e 320 euro al mese”.
Con uno stipendio del genere, almeno 200 operai si sarebbero licenziati e altri ancora avrebbero svolto rischiose mansioni “in nero” per poter arrotondare: “Il 31 ottobre abbiamo sepolto un collega del reparto montaggio che aveva due figli piccoli, è morto durante la riparazione di ascensori in città”.

L’organico del Gruppo FCA nel 2018. Fonte: Bilancio di sostenibilità 2018 FCA

In Serbia, spiega Markovic, il periodo di “cassa” (istituto non paragonabile all’equivalente italiano) avrebbe una durata massima di 45 giorni. “Il datore di lavoro può però chiedere al governo altre giornate aggiuntive. Cosa che FCA ha fatto, ottenendone dall’esecutivo (suo socio come detto della FCA Serbia d.o.o. Kragujevac, ndr) altre 87, per un totale di 132 giorni non lavorativi”. Se ne contarono 85 complessivamente nel 2015.

La produzione è al palo. Solo nel 2015 le 500L uscite da Kragujevac furono 91.769 (dati FCA), già ben lontane dall’obiettivo 300mila. Nel 2018 sono crollate a 56.303. A fine 2019, sostiene Markovic, non si supererà quota 40mila. “Con questi numeri è abbastanza chiaro che cosa potrebbe succedere nel 2020. Ed è un problema non solo di FCA ma per tutto l’indotto”. I conti della succursale serba seguono la contrazione dei veicoli prodotti: il fatturato è passato da 1.281,8 milioni di euro nel 2014 a 747 milioni nel 2018 (-41,7%). Stessa dinamica per gli utili, da 20,2 milioni di euro del 2014 a 12,8 milioni nello scorso anno (-36,6%).

Se e come la capogruppo FCA -che ha la testa in Olanda (Fiat Chrysler Automobiles NV), Paese a fiscalità agevolata- voglia reagire all’evaporazione non è chiaro. Markovic insiste sulla promessa di nuovi modelli in Serbia. Eppure, stando al bilancio 2018 di FCA, a Kragujevac dovrebbe essere già arrivato dal giugno scorso il nuovo modello “MY19” della Jeep Renegade. Markovic smentisce: “Non mi risulta affatto”. Come non gli risulta che il governo centrale abbia messo in discussione le condizioni dell’accordo decennale con FCA ormai in scadenza. Nel bilancio 2018 della FCA Italy Spa è dedicato un passaggio: “È stato valorizzato nel 2016 il fair value della Put Option esercitabile dal governo della Repubblica di Serbia a dicembre 2019, per la vendita della quota (33%) in suo possesso della FCA Serbia d.o.o. pari a 67,614 milioni di euro. L’adeguamento 2018, pari a 4,124 milioni di euro, è contabilizzato a conto economico tra gli oneri finanziari con contropartita debiti finanziari”. Markovic continua: “Il governo non ha intenzione di tornare indietro”.

L’ingresso di un palazzo della città di Kragujevac

A far da interprete è Rajka Veljovic, vero e proprio “ponte” tra il sindacato e le associazioni di volontariato che promuovono progetti umanitari nel Paese. “Mir Sada” di Lecco, ad esempio, porta aiuti a famiglie in condizioni di necessità da oltre 20 anni. Una è quella di Daniela, che lavora al presidio sanitario della Zastava in città e vive con i suoi tre figli. In occasione della visita di “Mir Sada”, a fine ottobre, Milovan, Milan e Maria hanno ridipinto lo strettissimo locale in cui vivono tutti insieme, con la stufa economica per scaldarsi e i letti a castello per salvare spazio. Sul soffitto della saletta hanno disegnato un sole dai lunghi raggi. “Vorremmo che splendesse sempre su di noi”, dice Milovan guardandosi le punte dei piedi. Abitano a 500 metri dallo stabilimento FCA.

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