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Finanza insostenibile: i fondi ESG per il clima rispettano l’Accordo di Parigi?

© Jj Ying via Unsplash

Il mercato degli investimenti finanziari attenti all’ambiente e al clima ha raggiunto, nel 2020, il valore di 1.700 miliardi di dollari. Su oltre 700 fondi ESG analizzati dalla piattaforma InfluenceMap, oltre la metà non è allineato agli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi. Negli Usa aperta un’indagine su Deutsche Bank

C’è un acronimo che, negli ultimi anni, i risparmiatori e gli investitori attenti all’ambiente hanno letto sempre più spesso: ESG. Tre lettere che stanno per Environmental, social and corporate governance; e che indicano i tre fattori centrali (l’impatto su ambiente e territorio, le iniziative di impatto sociale, l’amministrazione dell’azienda) utilizzati per misurare l’impatto sociale e la sostenibilità di queste aziende. Negli ultimi anni, gli ESG e i prodotti finanziari che vengono presentati agli investitori come attenti agli effetti dei cambiamenti climatici hanno registrato un enorme crescita raggiungendo, secondo la società di ricerche finanziarie Morningstar, un valore complessivo di 1.700 miliardi di dollari nel 2020. “I fondi legati al clima sono di gran lunga i più popolari all’interno dei prodotti ESG e rappresentano il 27% di tutti i fondi ESG lanciati in Europa nel 2020”, si legge nella ricerca “Climate funds: are they Paris aligned?” realizzata dalla piattaforma InfluenceMap.

A prima vista, una buona notizia. InfluenceMap ha però messo sotto la lente di ingrandimento 723 fondi azionari, per un valore complessivo di oltre 330 miliardi di dollari di patrimonio netto, commercializzati utilizzando parole chiave legate ai criteri ESG e al clima. Già in questa fase preliminare della ricerca sono emerse le prime difficoltà: l’ampio spettro di termini usati per descrivere le strategie “climatiche” nei fondi azionari e la conseguente difficoltà a confrontarli tra loro. “Data la relativa mancanza di norme e regolamenti che attualmente disciplinano la commercializzazione dei fondi ESG e climatici -scrivono i curatori dello studio- questa ricerca ha definito oltre 30 termini di ricerca per raggruppare i fondi in due categorie principali: ‘ESG ampio’ e ‘ESG a tema climatico’”. Per ciascuna categoria sono stati utilizzati due criteri di valutazione: l’allineamento del portafoglio all’Accordo di Parigi e il “peso” degli investimenti fossili all’interno dei fondi ESG.

L’esito di questa ricerca non è incoraggiante. Dei 723 fondi presi in esame, 593 vengono definiti come “generici” fondi ESG: a ben 421 (il 71% del totale) InfluenceMap ha assegnato un punteggio negativo rispetto all’allineamento del loro portafoglio all’Accordo di Parigi. Il secondo gruppo preso in esame riguarda 130 fondi ESG specificatamente focalizzati sul clima (con un asset complessivo di 67 miliardi di dollari). I risultati della ricerca mettono in luce una grande variabilità di risultati rispetto all’allineamento con Parigi: non mancano valutazioni molto alte ma, anche in questo caso, “la maggioranza dei fondi non sono allineati: 72 su 130, circa il 55% hanno ricevuto un voto negativo rispetto all’allineamento con gli Accordi di Parigi -si legge nel report-. Inoltre, i fondi climatici continuano a investire in aziende che operano in settori collegati alla produzione di combustibili fossili, per un valore di circa 153 milioni di dollari”.

In altre parole: in numerosi fondi ESG sono presenti sia le azioni di imprese che operano direttamente nel settore delle energie fossili (tra cui TotalEnergies, già Total, Chevron ed ExxonMobill) ma anche aziende che operano indirettamente nel settore, ad esempio nella costruzione e nella gestione delle pipeline. Tra queste, InfluenceMap segnala Kinder Morgan (società specializzata nell’acquisto e controllo di oleodotti, gasdotti e terminali con sede in Texas), Enbridge (azienda canadese specializzata nel trasporto e nella distribuzione di petrolio grezzo), Neste (compagnia finlandese di raffinazione, trasporto e vendita di petrolio e biodiesel), Halliburton (multinazionale specializzata in lavori pubblici e nello sfruttamento dei giacimenti petroliferi).

“Rispetto all’allineamento agli obiettivi di Parigi, una larga parte dei fondi analizzati mostra punteggi simili a quelli del mercato generale, cioè non allineati -conclude il rapporto-. Questa situazione è in gran parte il risultato della prevalenza di strategie passive, che cercano di inseguire gli indici di mercato applicando criteri di esclusione e/o ponderazione”. Ci sono ad esempio fondi formalmente “privi di riserve di combustibili fossili”, che disinvestono dalla catena di valore dei combustibili fossili ma che continuano a detenere partecipazioni problematiche nel settore automobilistico e dell’energia. “Strategie come queste si traducono quindi in fondi i cui portafogli non differiscono significativamente dal mercato nel suo complesso quando si tratta di allineamento climatico”, si legge nel report.

Tra i fondi ESG dedicati specificatamente al clima, fanno eccezione quelli che InfluenceMap indica come “clean energy” (energia pulita), largamente impegnati in aziende del settore energetico, che hanno ricevuto punteggi positivi rispetto all’allineamento con gli obiettivi fissati dagli Accordi di Parigi. Il report cita l’esempio di due dei fondi “iShares Global Clean Energy” di BlackRock, uno tra i più grandi fondi climatici analizzati, con oltre 12 miliardi di dollari di patrimonio netto totale: “Mostrano un allineamento positivo con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi nelle loro partecipazioni nessuna proprietà in aziende con riserve di combustibili fossili”, si legge nel report.

L’ultimo segmento della ricerca mette a confronto tra loro cinque società di gestione tra cui BlackRock (di cui sono stati analizzati otto fondi legati ai temi del clima, per un totale di oltre 26 miliardi di dollari), BNP Paribas (nove fondi analizzati, valore di 4,6 miliardi di dollari), USB Group (3,9 miliardi di dollari), State Street Corporation (3,2 miliardi di dollari) e Invesco (2,4 miliardi di dollari). Solo i fondi di BNP Paribas e Invesco sarebbero allineati agli Accordi di Parigi, con una media rispettivamente dell’8% e del 23%. “BlackRock è di gran lunga il principale fornitore di fondi di investimento focalizzati sul clima.I suoi fondi sono mediamente disallineati (rispetto a Parigi, ndr) ma, come per il settore nel suo complesso, variano a seconda della strategia di investimento del singolo fondo”, si legge nel report. I fondi di BlackRock dedicati a quella che viene definita “clean energy”, ad esempio, oltre a quelli “low carbon” sarebbero allineati con gli obiettivi degli accordi di Parigi.

Alla luce dei risultati emersi da questa indagine, il report evidenzia “la necessità di una più stretta sorveglianza del settore. Le strategie per rispondere a questa necessità, viene attualmente implementata nei mercati europei e primi passi di regolamentazione sono stati fatti nel Regno Unito”. Un richiamo che assume una maggiore urgenza alla luce della decisione della Securities and exchange commission (Sec) degli Stati Uniti di aprire un’indagine sulle metriche ESG adottate da Dws Group, la divisione di asset management di Deutsche Bank. Secondo quanto riporta il Wall Street Journal -che per primo ha diffuso la notizia- la società avrebbe “dipinto un quadro più roseo della realtà agli investitori”. L’accusa nei confronti della società di investimento è quella di aver sovrastimato le metriche della sua strategia di investimento per la gestione degli ESG.

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