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“Fermate la guerra in Yemen”: Rete No War in piazza dal 21 ottobre
Da domani a fine mese le “Giornate internazionali di azione sullo Yemen”. Sono oltre 2,4 milioni gli sfollati interni nel Paese bombardato da 19 mesi dalla coalizione a guida saudita. Che utilizza anche “bombe” fabbricate in Italia
Dopo diciannove mesi di bombardamenti, il 10 per cento della popolazione yemenita, cioè oltre 2,4 milioni di persone, viva la condizione di “sfollato interno”.
Ha perso la propria abitazione, la propria sicurezza: ogni speranza verso il futuro dipende dalle scelte di un gruppo di Stati a guida saudita, quelli che portano avanti contro questa unica repubblica della Penisola araba “una guerra di aggressione dai risultati apocalittici”, che ha portato il movimento contro la guerra ad indire -dal 21 ottobre a fine mese- le “Giornate internazionali di azione sullo Yemen”. Sono oltre seimila le vittime dei bombardamenti aerei, con aerei e armi occidentali, centinaia di migliaia di bambini malnutriti a causa del blocco navale, e la grande maggioranza della popolazione è ormai incapace di far fronte alle proprie necessità, le infrastrutture di base distrutte come il patrimonio storico.
La mobilitazione nasce in seguito ad incontri sullo Yemen che si sono tenuti a Londra (nel mese di agosto) e a Ginevra (a settembre): per l’Italia ha partecipato la Rete No War. Tra le richiesta, c’è anche quella di mettere fine all’export di armi ai Saud, come forma importante di dissociazione e pressione.
Anche l’Italia -come hanno documentato Rete Disarmo ed OPAL- è tra i Paesi responsabili di vendere bombe all’Arabia Saudita, quelle prodotte da RWM spa nella fabbrica di Domusnovas, in Sardegna (ci siamo stati a luglio: qui il nostro reportage).
Così, mentre alcune risoluzioni parlamentari che chiedono di bloccare giacciono, le relazioni commerciali proseguono: l’Istat ha censito nel luglio 2016 la vendita di “armi e munizioni” per 19 milioni di euro all’Arabia Saudita, secondo dati diffusi da Giorgio Beretta di OPAL. E il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che va in visita ufficiale in Arabia Saudita, evita di commentare il documento del governo tedesco che smentisce la tesi dell’esecutivo italiano secondo cui l’export di RWM spa non avrebbe bisogno di autorizzazione da parte del Parlamento, e a rispondere alle legittime domande poste dai movimenti disarmisti. “Per il Governo tedesco -ci ha spiegato il parlamentare Jan Van Aken, che in materia ha interrogato il ministero competente in Germania- è l’Italia ad essere responsabile del processo di licenza all’esportazione delle bombe RWM verso l’Arabia Saudita. Nessuna licenza di ri-esportazione è stata fornita all’Italia da parte di Berlino per quanto riguarda componenti o ‘know-how’ inizialmente sviluppate in Germania. Per cui il Bundesministerium fur Wirtschaft und Energie ritiene che le bombe inviate verso il regno saudita non siano state prodotte sotto licenza tedesca” (qui il documento, pubblicato in esclusiva da Altreconomia a fine giugno).
Ecco perché anche nel nostro Paese sono in programma azioni della Rete No War, per rafforzare la protesta globale e chiedere uno stop al conflitto. Due -per il momento- le iniziative in programma a Roma, in piazza San Giovanni domani 21 ottobre (in occasione dello sciopero generale) e poi il 22 nel corso del corteo “No alla controriforma e al governo Renzi”.
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