Diritti / Varie
Epatite C, tra diritti e risorse
Dal 2015 sono disponibili terapie innovative, molto costose. Per questo per ora possono fruirne appena 50mila malati su circa 350mila. Con una scheda sull’AIFA, l’Agenzia italiana del farmaco, il cui presidente è stato sospeso per presunti conflitti di interesse.
L’Epatite C cronica colpisce il fegato, e può provocare danni irreversibili. Talvolta è asintomatica, ma può essere letale: in Italia, infatti, causa la morte di 10mila persone ogni anno.
Le più recenti terapie innovative contro l’epatite C sono state rese disponibili in Italia nei primi mesi del 2015. Sono ritenute efficaci (si parla di eradicazione completa del virus nel 90-95% dei casi) ma estremamente costose: il costo a carico del Servizio sanitario nazionale per ogni singolo paziente trattato va dai 27mila euro della terapia combinata Viekirax-Exviera di Abbvie ai 37mila euro per tre flaconi di Sovaldi (basato sul principio attivo sofosbuvir prodotto dalla Gilead Sciences), raggiungendo i 40.700 euro di Harvoni, l’associazione fra due farmaci della stessa azienda. Sono previsti sconti basati sulla quantità di farmaci complessivamente acquistati sul territorio nazionale, ma gli accordi sul prezzo finale tra l’Aifa e le case farmaceutiche, a volte, restano secretati.
Gli interessanti tassi di guarigione pubblicizzati sono frutto di studi promossi dalle aziende produttrici, anche grazie a sperimentazioni su persone relativamente in salute: “La maggior parte dei pazienti su cui questi farmaci sono stati studiati non erano cirrotici – spiega infatti Anna Maria Marata, farmacologa dell’area del farmaco della Regione Emilia-Romagna- e le alte percentuali di eradicazione del virus, di oltre il 90-95%, si riferiscono in realtà a pazienti meno gravi”.
L’Agenzia nazionale del farmaco (Aifa, vedi box) garantisce il trattamento solo a 50mila pazienti -appartenenti ai sei gruppi di malati più gravi- sui circa 350mila complessivi accertati. Le terapie costano troppo.
Tuttavia le 50mila confezioni di trattamento garantite dal ministero della Salute, attraverso il fondo nazionale per i farmaci innovativi da 1 miliardo di euro istituito dalla legge di bilancio 2014, saranno distribuite a malati il cui tasso di guarigione non è ancora definito in modo certo: “È presumibile che la percentuale di eradicazione del virus dei pazienti cirrotici sarà inferiore, probabilmente attorno all’80-85%”, ragiona Marata. Ma per lo stadio avanzato in cui versa la persona in cirrosi, il tempo è poco: se non trattata subito, infatti, è candidata al trapianto. Per questo motivo vengono sottoposti al trattamento i pazienti più gravi, e non gli altri. Quelli cioè che, stando agli studi, guarirebbero con i nuovi farmaci nel 95% dei casi, e che invece oggi vengono trattati con medicinali disponibili da anni (interferone e ribavirina, entrambi gravati da effetti collaterali), altrimenti devono attendere: “I criteri attualmente definiti per la concessione dei nuovi farmaci a carico del sistema sanitario nazionale sono validi per un anno e mezzo, massimo due -prosegue Marata- e poi verranno ridiscussi, così come i prezzi”. Per la farmacologa inoltre “non è possibile trattare subito un numero elevatissimo di persone”, perché “oltre al problema economico c’è un problema gestionale, dato che ogni paziente da trattare deve essere valutato in modo approfondito durante l’assunzione della terapia da parte di centri specialistici”.
L’idea di attendere la scadenza dei contratti vigenti tra Aifa e le aziende farmaceutiche, prima di poter garantire ai propri cittadini trattamenti innovativi, non è piaciuta al presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. Il quale ha promosso l’estate scorsa due gare pubbliche per la fornitura di terapie innovative, chiedendo alle aziende del farmaco di abbassare i prezzi in cambio di un maggior volume di farmaci acquistati.
La prima asta è andata deserta e la seconda ha registrato offerte a prezzi identici a quelli negoziati da Aifa. “Gli italiani hanno iniziato ad andare in Egitto o in India ad acquistare i farmaci per curarsi -dice Rossi, intervistato da Altreconomia-: credo che la materia debba essere discussa in sede parlamentare”.
E propone che il Ssn “possa fare un prestito in base al quale acquistare il farmaco per tutti coloro che ne hanno bisogno in cinque anni, ma pagandolo in dieci”. Sulla vicenda della gara andata deserta ha presentato un esposto al Tar, alla Procura e all’Autorità nazionale per la concorrenza e il mercato.
Sul trattamento di tutti i malati nell’ottica di un investimento sostenibile per il futuro del Ssn si concentra lo studio “Disponibilità a pagare e innovazione: il caso dei farmaci anti-HCV nel Sistema Sanitario Italiano”, coordinato da Francesco Saverio Mennini, professore di Economia sanitaria, all’Università Tor Vergata di Roma. Si tratta di una ricerca indipendente (anche se fa parte di un percorso di ricerca avviato con altri studi che sono stati supportati per la pubblicazione da varie aziende) che si è posta l’obiettivo di quantificare “il vantaggio in termini di riduzione dei costi, tanto diretti che indiretti, che i nuovi farmaci portano al sistema, oltre all’efficacia terapeutica, già evidenziata da precedenti e validati studi clinici”.
Il modello ha calcolato che il trattamento dei pazienti oggi individuati dall’Aifa per la cura (fibrosi F3 F4, si va da F0 a F4) -ovvero quelli più gravi-, “porterà ad una progressiva ed importante riduzione dei costi nel corso degli anni. In particolare viene evidenziato come già nel 2018 si potrebbe registrare una riduzione dei costi per paziente medio trattato pari a circa 11mila euro”. E gli esiti sono interessanti: “Supponendo, in una ipotesi conservativa, che il costo dei farmaci si attesti tra i 10-15mila euro, nel 2020 il sistema andrebbe in pareggio”.
Il tasso di guarigione preso in considerazione dallo studio è “un tasso medio ponderato tratto dai risultati degli studi clinici, del 93-98 per cento”. E, nell’ipotesi che i casi più gravi abbiano una percentuale di risposta più bassa? “Anche con un tasso di guarigione leggermente al di sotto del 90 per cento la riduzione dei costi cambia di pochi euro”.
Tra le categorie che hanno diritto a ottenere subito i nuovi farmaci a spese del Ssn, Aifa ha incluso solo alcuni tra i gruppi di pazienti che le linee guida dell’Associazione europea per lo studio del fegato (Easl – European Association for the Study of the Liver) suggeriscono di curare in via prioritaria. Tra queste, le persone con Hiv e un livello di epatite C indicato con il grado di fibrosi F2: “Sono state escluse le persone con Hiv e fibrosi F2 -afferma Massimo Puoti, direttore del reparto Malattie infettive dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano- anche se la loro probabilità a progredire verso la cirrosi non è diversa da quella dei pazienti con lo stesso grado di fibrosi che hanno subito il trapianto di organo, e cui il farmaco viene oggi rimborsato in Italia”. Se la possibilità di progredire verso la cirrosi è la stessa, risulta tuttavia diverso il numero di pazienti da trattare nei due gruppi: Puoti quantifica in 8mila i co-infetti Hiv-epatite C, mentre secondo le stime del Centro nazionale trapianti, le persone con epatite C che hanno subito un trapianto sono 4mila. Un diverso numero, che incide sulla spesa, nel momento in cui si decide chi può essere trattato. Tuttavia, secondo i calcoli dell’infettivologo, sono 376 le morti che potrebbero essere evitate nei prossimi cinque anni se le persone con co-infezione venissero curate subito.
“Un’ altra categoria esclusa sono i pazienti con emofilia che in molti casi hanno contratto l’epatite C attraverso trasfusioni autorizzate dallo Stato molti anni fa -aggiunge Puoti- e la loro cura sarebbe importante, anche per un motivo etico”. —
Gli interessi in Agenzia
L’autorizzazione per il commercio di nuovi farmaci e i negoziati sul prezzo sono i compiti dell’Aifa (Agenzia italiana del farmaco), nata nel 2003 e vigilata dal ministero della Salute. Sin dal 2012 si è dotata di un “regolamento per la disciplina dei conflitti di interesse” che prevede l’obbligo per tutti i collaboratori di dichiarare ogni anno eventuali legami con le aziende farmaceutiche. La prossima assunzione di 241 persone da parte di Aifa costerà 16,5 milioni di euro l’anno, totalmente a carico delle ditte: lo ha stabilito il recente decreto enti locali (L.125/2015), che prevede che l’Agenzia passi da 389 a 630 dipendenti tra 2016 e 2019. I 99,3 milioni di euro del “valore della produzione” dell’agenzia (bilancio 2014) derivano per il 53% dalle aziende farmaceutiche (era 51% nel 2013) e per il 47% da finanziamenti pubblici. Dei 53,2 milioni di euro provenienti dall’industria, 33,9 milioni arrivano dalla norma che obbliga le aziende al versamento del 5% di quanto speso per l’attività promozionale nell’anno precedente. Una “tassa” con funzioni sociali perché la metà di essa è destinata al “Fondo nazionale farmaci orfani e malattie rare”. I restanti 19,3 milioni sono costituiti dalle tariffe per le autorizzazioni al commercio e da altri servizi dell’agenzia. Proprio gli introiti derivanti da questi servizi aumenteranno per coprire le future assunzioni. Oggi, possiamo stimare che l’impatto dei finanziamenti delle aziende nel bilancio dell’agenzia “salterà” dal 53% del 2014 all’80,8% nel 2019.
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